Capitolo 2

181 35 36
                                    

Il lungo tavolo di cinque metri in legno di balsa, da i piedi intagliati in cui si distinguevano le muse era stato trasportato, prima che sorgesse il sole, da i servi nel padiglione sinistro del vasto giardino dove si trovava il grande gazebo.
Era stato ricoperto da una tovaglia di mussula, color champagne, con ricami floreali in cotone, che adornavano il bordo di quella preziosa stoffa.
Il servizio di porcellana era stato disposto, anch'esso aveva ornamenti floreali, ma il primo piatto era stato dipinto a mano con le immagini di serafini e cherubini diversi per ogni singolo piatto.
Sopra d'essi si trovava arrotolato il tovagliolo in lino, dalla forma diversa per ogni ospite, c'era chi aveva un coniglio, chi un gatto, chi un pulcino e via dicendo. Ai lati di essi c'era la posateria in maiolica disposta come il bon ton richiedeva.
I bicchieri risplendevano alla luce del sole tanto che le dame potevano specchiarsi nel limpido vetro veneziano.
L'area era stata adornata con divanetti imbottiti di stoffa color rosa cipria, con stampe ramificate color oro, i piedi dei divanetti erano il legno di noce dalla forma ondulata e vagamente arricciata e ricoperti da uno strato di lacca povera.
L'impalcatura in ferro era ricoperta da piante rampicanti grasse di un verde brillante, dove qua e la spuntavano piccoli fiori di un col fucsia acceso.
Le dame che civettavano allegramente si gustavano il meraviglioso odore che rilasciava il tetto ricoperto di lavanda, i cui fiori che crescono in gruppetti dalla forma conica brillavano di un color turchese intenso.
Le gocce di rugiada risplendevano sui petali delle viole e delle rose facendo si che il terreno circostante sembrasse ricoperto da minuscoli cristalli.

Il marchese Chevalier attendeva a capo tavola, insieme a i suoi illustri ospiti, l'arrivo dei suoi sette figli, tra tutti solo Jean-Michael era presente.
L'imponente ragazzo alto più di un metro e ottanta aveva ereditato tutta la bellezza della madre e la stazza del padre.
Date le circostanze aveva ordinato alla serva di renderlo più bello ed elegante di ogni nobile presente,
Indossava un completo a tre pezzi composto dal redingote, una giacca attillata di velluto blu e chiusa sul davanti con una fila di bottoni color argento, sul dietro una lunga coda arrivava fino le ginocchia. Sotto di essa portava un panciotto bianco da cui pendeva la chatelaine, una catenina ornamentale in oro in cui era stato messo il boreque un ciondolo in porcellana bordato da una cornicetta.
Il giovane aveva un viso tondo dai tratti androgeni, gli occhi grandi e color cioccolato facevano contrasto con le ciocche ribelli, bionde come il grano, che fuoriuscivano dalla pesante parrucca incipriata.
Era in piedi, la postura dritta e un braccio dietro la schiena, mentre con l'altra si massaggiava il mento sbarbato. Stava intrattenendo una discussione con la sua promessa sposa la contessa Paulette Lefevre, non era la prima volta che si incontravano, anni prima infatti avevano ballato insieme alla corte di re Luigi, stranamente l'idea del matrimonio combinato non lasciava turbato nessuno dei due, oltre alla consapevolezza che era un dovere e come tale andava fatto, i due giovani erano entrambi di bell'aspetto e condividevano sia l'amore per la caccia che per le cavalcate in mezzo il bosco selvaggio.
Paulette era tutto ciò che un uomo aristocratico potesse volere; minuta di costituzione, ma formosa di seno e di fianchi, mentre la vite era di circonferenza piccola, il viso era ovale e ben tornito, le guance piene e rosee, le labbra fini e un nasino aristocratico.
Indossava un ingombrante abito spezzato dai colori vivaci. La scollatura quadrata era molto profonda e il corsetto era ricoperto di piccoli fiocchi azzurri, la gonna di tafetà bianca aderiva alla piccola vite si allargava fino al pavimento.

- Voi cosa pensate di questa situazione, mademoiselle?

- Re Luigi dovrebbe considerare anche ciò che vuole il popolo, certamente non hanno la nostra importanza ma sono pur sempre esseri umani.

Rispose Paulette guardando gli occhi del futuro sposo.

-Siete una donna davvero caritatevole madame, ma vi do pienamente ragione, siamo tutti figli dello stesso "Dio" in fondo.

Rinascere Dalla SconfittaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora