L'estate

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Alle sette la sveglia suonò come ogni mattina. La solita routine doveva cominciare: doccia, colazione, lavoro. Diversa era stata la notte. La sveglia suonò che Mario era già sveglio, fissava il soffitto, aveva dormito a tratti, un sonno disturbato dalla gelosia.

"Ma perché?"

Senza smettere di fissare il soffitto, allungò la mano alla ricerca della sveglia, la afferrò e sempre con lo sguardo fisso la spense.

"Ma perché non riesco a smetterla di pensarti? Esci dalla mia mente!"

Claudio, sempre Claudio, solo Claudio. Come un'ossessione gli aveva invaso la mente, il corpo il cuore. Ma non era un'ossessione, non era una cotta, era qualcosa di diverso che era partita dal cuore e aveva invaso la mente.

Assorto nei suoi pensieri, Mario si girò di lato, rannicchiato come un bambino. Cercava protezione da qualcosa troppo grande, da cui proteggersi è impossibile oltre che ingiusto.

Claudio, ancora Claudio, poi Claudio e Francesco. È così che nasceva la gelosia, come trasformazione di sofferenza per una parola non detta, un abbraccio non dato, un bacio desiderato.

-Mario sei sveglio? –

Quella voce dall'altra parte della porta lo riportò al mondo, alla vita di tutti i giorni, alla vita di 3 giorni prima, senza Claudio.

- Sì Marco, mi sto alzando –

Il problema è che in certe circostanze alla vita di tutti i giorni non ci si torna mai, perché la mente va sempre lì, dove il cuore la conduce. Anche in quei piccoli, rari, momenti in cui pare che tutto sia normale, quell'immagine, quell'odore, quelle sensazioni, non sono andate via, ma sono rimaste lì, accantonate e pronte a riprendere il sopravvento più forti che mai.

Mario si alzò, andò in bagno, poi pensò di aver fame.

In cucina c'era già Marco, uno dei coinquilini. Era il Primo ad uscire la mattina.

-Che faccia! Ma hai dormito? – chiese.

- Poco –

- Andata da schifo ieri sera? –

- Peggio. Ha portato un amico –

La faccia di Marco era un misto tra disgusto e sorpresa.

- Dai, non è neanche di Roma... poi sembra uno stronzo... -

- Un bellissimo stronzo –

- Ma vedrai che lo dimenticherai, Roma è una città grande, già è difficile incontrare i romani, figurati i veronesi! –

Lo guardò per un po' come si guarda un cucciolo abbandonato, poi disse:

– adesso vado che sennò faccio tardi. –

Gli diede una pacca sulle spalle e uscì.

Erano le sette ma il caldo era già insopportabile. Marco, giunto al portone, alzò un braccio, a mo' di riparo dal sole. Pensava alle ferie finite, alla macchina parcheggiata al sole.

"Che vita di merda."

Cercò le chiavi della macchina in tasca, nella borsa, ovunque. Non c'erano. Pensò di averle dimenticate sopra e risalì. Erano posate sul tavolino all'ingresso le chiavi.

"Questo caldo mi farà impazzire."

Il caso, il Karma, la provvidenza, il destino, quello che vi pare, a volte grande, è forte, è potente.

Marco era risceso, aveva aperto il portone e lo vide: un ragazzo bellissimo, con degli occhi stupendi e un sorriso che parlava da solo.

- Ciao, scusami, cerco Mario. Sai mica dirmi dove devo bussare? È alto quasi quanto me, moro, con la barba –

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