Capitolo 3

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Sono felice di aver ritrovato Diego, sono felice del fatto che la nostra amicizia non sia stata indebolita dal tempo e soprattutto dalla distanza. Diego è il mio porto sicuro, quel porto a cui so di poter tornare sempre, ogni volta che ne ho bisogno, perchè lui sarà sempre lì ad aspettarmi.
Entriamo in classe e io vado a rintanarmi al mio solito posto in fondo all'aula, quell'angolino in cui sono sicura di non essere notata e in cui posso sperare di riuscire a ficcarmi in testa qualcuna di quelle formule impossibili. Essendo nuova ed essendo ormai in quinta superiore, le mie speranze di instaurare un qualsiasi tipo di rapporto d'amicizia con qualcuna delle persone della classe è a dir poco improbabile, dato anche il mio carattere chiuso. Diego ovviamente ha provato ad inserirmi, ma non c'è niente da fare, non sono mai stata una persona socievole. E in più le ragazze non è che mi tollerino più di tanto, per i miei modi un po' goffi e schivi. Diego prende posto accanto a me e dice: -Ah, dimenticavo: oggi sto fuori con Giacomo e gli altri quindi non aspettarmi per prendere il pullman.-
-Oh, ok..- rispondo tornando a concentrarmi su matematica.
Sento Diego ridere, così mi volto verso di lui, irritata dal suo comportamento.
-Che c'è?-
-Oh, niente... Fai tanto ridere che cerchi di capirci qualcosa-
-Beh, grazie. Se permetti adesso vorrei tornare a cercare di capirci qualcosa in santa pace.-
-Oooh, ecco che la regina di ghiaccio che è in te emerge. Va beh, se ti serve una mano comunque basta chiedere.-
Stronzo.
Sa che sono troppo orgogliosa per chiedere qualsiasi tipo di aiuto. E nonostante abbia capito che avrei chiaramente bisogno di una mano, se ne infischia e aspetta che sia io a chiedergli di aiutarmi. Non lo sopporto quando fa così.
Nel frattempo lui si è alzato ed è andato verso il suo gruppetto di amici tra cui c'è anche Martina, che ci prova palesemente con lui. E lui la lascia fare. Ho già detto che non lo sopporto?
-Dieee!- strilla lei lanciandogli le braccia al collo stando sulle punte per riuscire a raggiungerlo. Diego la stringe a sè sorridendogli malizioso, poi molla la presa e senza degnarla più di uno sguardo si mette a parlare di calcio con i suoi amici. Martina è rimasta spiazzata da questo suo comportamento, infatti continua a girargli intorno cercando di attirare la sua attenzione. Alzo gli occhi al cielo: Diego non cambierà mai. Fa credere alle ragazze che abbiano delle speranze con lui, poi all'improvviso non le considera più facendo aumentare così il loro interesse. Ottima tattica. Sembra funzionare con tutte. Quasi tutte... Ma con me non si è mai comportato così, nonostante il suo carattere da stronzo ha sempre cercato di tenermi vicina a sè. E c'è riuscito. Mi sono talmente persa nei miei pensieri che mi sono completamente scordata di matematica, e del prof che è appena entrato.
-Buongiorno ragazzi. Tutti ai vostri posti, separate i banchi.-
Ottimo...

A parte la verifica di matematica, la giornata scorre senza ulteriori intoppi e quando la campanella suona metto lo zaino in spalla e corro verso la fermata del pullman, decisa a non perderlo almeno una volta. Cammino velocemente nella via dove si trova la mia scuola, la faccia nascosta nella mia morbida sciarpa nera, le mani in tasca e ovviamente le cuffie nelle orecchie. Vedo il pullman in lontananza e mi congratulo mentalmente con me stessa per la mia puntualità: forse oggi riuscirò ad essere a casa ad un orario decente!
-EHIIII!- sento dietro di me qualcuno urlare, ma convincendomi del fatto che quella voce sconosciuta non ce l'abbia con me, continuo per la mia strada, decisa a non perdere l'autobus. Ad un tratto mi sento afferrare per un braccio da qualcuno, al che mi scanso impaurita e mi trovo faccia a faccia con un ragazzo alto, con l'accenno di barba di qualche giorno, i capelli corti castani ricci, gli occhi blu notte.
"Che cavolo vuole questo psicopatico?!" Penso mentre noto che dev'essere anche più grande di me.
-Scusa, ti si è aperto lo zaino e hai seminato in giro un po' di cose..- dice lui trattenendo a stento una risata mentre io mi volto e noto dietro di me una scia di quaderni e libri che neanche Pollicino con le briciole di pane. Sento la faccia in fiamme mentre non so cosa dire e nemmeno cosa fare, ancora spaventata da quell'improvviso contatto con quello sconosciuto, che nel frattempo si è messo a raccogliere tutte le mie cose. Mi riscuoto e lo raggiungo, raccogliendo a mia volta da terra gli ultimi due quaderni, dopodiché prendo quelli che mi porge lui e rimetto tutto nello zaino, mentre il pullman mi passa davanti. Sconsolata mi volto verso lo sconosciuto per ringraziarlo.
-Ehm.. Grazie.-
-Figurati. Magari la prossima volta assicurati di aver chiuso bene lo zaino- risponde lui con una nota canzonatoria nella voce e facendomi l'occhiolino.
Sollevo le sopracciglia in quella che vuole essere un'occhiataccia, poi mi volto e proseguo verso la fermata.
-Comunque piacere, Andrea.- mi grida dietro lui. Ma io non ho intenzione di dargli corda.
-E tu? Come ti chiami? Pollicina?- chiede lui raggiungendomi e camminandomi vicino, le mani nelle tasche dei jeans.
Trattengo a stento una risata per quel paragone che era venuto in mente anche a me, e lui dice: -Ah ma allora non ringhi soltanto!-
-Già.- rispondo smorzando subito il sorriso, decisa a mantenere le distanze da questo ragazzo tanto invadente.
-Va beh, ho capito, ti lascio in pace... Ci si vede Pollicina! Se ti verrà voglia di ringraziarmi come si deve per la mia cavalleria, io studio nell'università qui di fronte.- mi urla dietro nuovamente mentre finalmente me lo lascio alle spalle.

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