Capitolo 1

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Pensavo seriamente alla morte, alla società, alle persone e a coloro che credevo fossero miei amici. Per loro sarei stata solamente un'altra morta, niente di più e niente di meno. Non che non me lo aspettassi, ma prima avevo ancora un briciolo di vita e di speranza. 

Una volta pensavo al male che avrei procurato alle persone che mi volevano bene se fossi morta. Invece in quel momento sapevo  che a nessuno si interesserebbe, solamente a quei pochi diavoli che mi aiutano a tirare avanti.

Il giorno precedente poi era successo un fatto da segnare nella mia storia. Mia madre, lei è quella che mi ha persa nel momento in cui mi urlò cose irripetibili.

"Non mi interessa più se ti tagli o muori, sono solo cazzi tuoi!"

Le avrei voluto urlare "Mamma non urlare ti prego, non dirmi che sono un disastro, non dirmi che non farò mai niente di buono, non dirmi che faccio schifo. Mamma, non lo fare. Lo so già.", ma ero troppo traumatizzata dal vaso che aveva spaccato sul pavimento lanciandolo con furia sul muro dietro a me. Quel fatto mi fece capire che a mia madre non interessava niente di me, se non mostrare agli altri che era un genitore "responsabile", per questo ieri mi sono tagliata pesantemente.

Mi alzai e mi avviai in bagno. Era pieno di sangue vicino alla vasca, il mio sangue. Presi la lametta incrostata di sangue e la misi nel cassetto insieme alle altre. Presi degli stracci e li passai per terra per poi buttare le lenzuola nel lavandino che decisi di pulire quel pomeriggio. Era diventata una routine per me.

Ma feci un enorme errore, o forse uno dei migliori. Sarà stata la stanchezza, o i pensieri che avevo in testa, fatto sta che, oassando davanti allo specchio, non mi ricordai di comprirmi. Rimangi ferma impalata davanti allo specchio: ero io quel mostro? Cosa ne stavo facendo della mia vita? Quello era ciò che volevo? Volevo cambiare, ma non ci riuscivo. Volevo qualcosa di positivo nella mia vita, volevo tornare ad essere quella ragazzina felice con le sue amiche e il suo ragazzo. Ovviamente mi avevano tolto anche loro. Volevo farmi una promessa, solo a me stessa. Basta tagli. Per un po' dovevo riprendere in mano la mia vita prima che degenerasse. 

Mi lavai i denti e corsi in doccia per levare lo sporco della sera precedente. Avevo solo una mezz'oretta per arrivare in tempo il primo giorno di scuola. 

Uscì dalla doccia e mi misi dei leggings neri, coperti almeno fino al ginocchio da un felpone invernale che usavo spesso, se non sempre. Soffrivo tanto il freddo, anche se vivevo nella periferia di Los Angeles e suonava strano da sentire più che dire. Non avevo soldi da buttare per vestiti, io e mia madre viviamo grazie a quello che guadagniamo da dei lavori part-time. Ogni tanto ci arrivano i soldi che mio padre ci aveva tenuto da parte per il futuro, ma non so ancora come facesse a sapere che lui non avrebbe fatto parte del nostro. 

Mi sistemai leggermente con le mani i capelli e mi truccai pesantemente per coprire le occhiaie profonde. Non ero mai stata una ragazza brutta, ho sempre curato il mio aspetto ma gli occhiali e i chili in eccesso mi avevano esclusa dalla vita sociale della maggior parte delle persone presenti nella scuola e mi crearono un'etichetta, un'etichetta che io avevo e non la potevo più levare; per quello cercavo di cambiare la mia immagine, non volevo essere vista tutti i giorni come la sfigata, come Suicide Girl... mi aveva stancata quel personaggio. 

In più ci si metteva quello psicopatico di mio zio, che ne ha approfittato della morte di mio padre per irrompere nella mia vita e togliermi la verginità, violentandomi. È pazzo quell'uomo. Era sposato e scoprì che non era violento solo con me, ma anche con sua moglie. Veniva puntualmente a casa mia quando non c'era nessuno, mi picchiava perché, a suo parere, ero talmente inutile che l'unica cosa che mi riusciva bene era fare la vittima.

Suicide Girl-JelenaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora