3.Say When

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Le colline morbide della contea degli Hobbit, in Nuova Zelanda.*
Gli smeraldi tagliati con perizia, della tiara Moreira.*
I Buddha di giada nei templi in Thailandia.
Gli abeti Sitka in Alaska.
Le barriera corallina sotto la cresta dell'onda, alle Hawaii.

Avevo girato il mondo, le avevo viste tutte quelle tonalità, tutte!

E avrei potuto giurare in quell'esatto momento che nessuna di quelle tonalità di verde viste fino ad allora fosse come quella dei suoi occhi.

O no, forse quelle tonalità le racchiudeva tutte, in quello spazio profondo che sembrava aprirsi dietro quelle iridi chiare.

Lo sfarfallare delle ciglia lunghe creava delle ombre che screziavano leggermente quello sguardo luminoso, donando a quelle sfere dei riflessi dorati, e giù le ombre scure fino alle guance color Biancaneve.

"Ehi, ehm... ciao!"

Mi ero incantato, e mi richiamò da quella visione alla Raven* in cui immaginavo già i nostri bambini correre per casa, mentre lui li rincorreva.

Quasi sentii la puntina scivolare via dal vinile dei miei pensieri e interromperli, con quel tipico rumore stridulo.

"C-ciao"
Risposi, esitante.
Mi sentivo stupido, e avevo la lingua appiccicata al palato.

Le sue pupille sembrarono avere un attimo di esitazione quando incontrarono le mie a metà strada.

"Oh..!"
La sua bocca di dischiuse in una O perfetta e poi si distese nuovamente.
Credo che mi avesse riconosciuto anche lui.

"Certo che tu la coordinazione cervello-braccia-gambe l'hai proprio bypassata!"

Sì, decisamente.
Mi aveva riconosciuto!

Alzai un sopracciglio, e storsi il muso guardandolo con aria interrogativa.
Impertinente.

Probabilmente in quel momento la mia faccia doveva avere qualcosa in comune con mister Bean, perché scoppiò in una specie di risata fragorosa, proveniente dal fondo della gola.
Bassa, roca, sensuale.

Lanciò la testa all'indietro, facendo rimbalzare la crocchia sfatta che aveva in testa.

Sembrava quasi che gli occhi gli stessero per venire fuori dalle orbite da un momento all'altro, e in quel caso mi sarei buttato a quattro zampe a cercarli sotto i divani di cuoio rosso.

Non fui l'unico ad essere assorbito dal suono di quella cascata vocale, a quanto pare tutti si erano voltati nella nostra direzione, ed erano ammutoliti per qualche istante, incuriositi.

Anche lui sembrò accorgersi di essere momentaneamente al centro dell'attenzione, lo vidi poggiare gli occhi su qualcuno dei presenti, poi portarsi entrambe le mani alla bocca, e allargare visibilmente gli occhi.

Il suono cristallino che avevo udito si arrestò, soffocato contro quelle dita lunghe e affusolate, eppure il sorriso non era scomparso, gli occhi gli stavano praticamente lacrimando.

"A quanto pare sì, oppure sei solo tu che porti sfiga!"
Dissi beffardo, sperando che controbattesse.
Volevo solo sentire quel rumore farsi strada sulla sua bocca ancora una volta.

Allontanò piano le mani dalla faccia, quasi avesse paura di scoppiare di nuovo da un momento all'altro.

"Io non porto sfiga, ho appena salvato il tuo bel visetto, ti ricordo"

The Place Where I Belong || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora