Prologo

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Suona la sveglia.
Mi alzo dal letto come fossi un bradipo, la mia voglia di iniziare la scuola è pari a zero, ma mancare il primo giorno mi sembra un pochino inadeguato perciò decido di muovermi e mettermi dei jeans neri strappati, i miei preferiti e un maglioncino rosa. Vado verso il bagno a piccoli passi per non svegliare mio padre, non ho voglia di sentire le solite urla mattutine e presentarmi davanti a tutti con dei lividi in faccia.
Mi pettino i capelli, li dovrei tagliare perché sono leggermente lunghi, mi arrivano alla schiena, mi lavo i denti, mi trucco leggermente con un po' di mascara e del lucidalabbra color pesca. Scendo le scale e le valigie sono già pronte davanti alla porta di ingresso, sembra proprio che mi vogliano cacciare di casa ma quel pensiero mi passa subito dalla testa quando vedo mia mamma in cucina, che mi volta le spalle perché è impegnata a cucinare i puncake. Si accorge della mia presenza e si volta dandomi un abbraccio caloroso che ricambio affettuosamente, sono leggermente più alta di lei quindi mi devo piegare per abbracciarla. Mi porge un piatto con due puncake e lo sciroppo d'acero sopra ma al solo odore mi salgono i conati di vomito, conoscendomi lei mi precede dicendo:«Chloe, tesoro, devi mangiare non puoi continuare così, almeno uno.» mi sta supplicando e decido di accontentarla a malavoglia. Ho finito di mangiare, mi metto le mie all-star nere e la giacca di pelle. Saluto un'ultima volta mia madre ed esco di casa invasa da un vento gelido che mi fa tremare di freddo, dovevo mettermi la giacca più pesante, merda. Mi dirigo alla fermata del bus e devo aspettare 5 minuti, nel frattempo mi metto le cuffiette e faccio partire la playlist dei Green Day, il mio gruppo preferito. Quando arriva l'autobus salgo con le valigie e inizialmente ho qualche difficoltà, non me le ricordavo così pesanti. Poche fermate dopo manca soltanto mezz'ora alla fine del viaggio che è durato fin troppo, sono le 18:30 del pomeriggio. Vicino a me si siede un ragazzo alto, moro, occhi a mandorla marrone scuro con un profumo di cocco molto intenso...che non mi dispiace a dirla tutta. Alla fermata della Collins University scendo e noto che anche il ragazzo che era seduto con me scende lì. Rimango ancora più stupita quando rivolgo lo sguardo all'edificio, dalle foto sembrava molto bella ma dal vivo è maestosa sembra un vero e proprio castello fiabesco con tutte queste finestre e muri stile gotico, non vedo l'ora di entrare nella mia stanza e sistemare tutte le mie cose. Quando entro e ricevo il numero della mia stanza mi precipito nei corridoi che sono tappezzati di quadri che mi fanno rabbrividire, sono davvero inquietanti...come fanno a mettere su una parete un dipinto di un bambino che viene squartato vivo davanti a tutto il popolo? Non capisco proprio il senso....Finalmente arrivo alla mia stanza, un odore di vaniglia mi invade le narici appena entro e dopo essermi seduta sul letto sbuca una ragazza dalla porta, che presumo sia il bagno, alta quasi come me, capelli castani corti, occhi marrone nocciola, e un fisico da invidiare. Con un sorriso a 32  denti mi rivolge un simpatico «Ciao, io mi chiamo Emily ma puoi chiamarmi Emy, benvenuta alla Collins, sono appena arrivata da Las Vegas e tu sei..?» dice porgendomi la mano «Piacere, io sono Chloe e vengo da Manhattan» rispondo stringendole la mano. «Ero spaventata all'idea di avere una compagna di stanza, tu sembri una ragazza a posto, pensa se da quella porta fosse entrata una ragazza tutta piercing e anelli, truccata con chili di prodotti diversi....non ci voglio neanche pensare» attacca dopo ridacchiando «Sì, in effetti io avevo timore di chi mi sarebbe capitato, però metto subito in chiaro una cosa, io non sono una ragazza timida, studiosa che si chiude in casa, anzi sono totalmente l'opposto perciò se mi vedrai di rado, non preoccuparti, è normale ma non ti darò fastidio» «Oh no tranquilla, neanche io sono quel tipo di persona, preferisco stare in compagnia e con gli amici» «Perfetto, ora se non ti dispiace vado a farmi una doccia, voglio rilassarmi e non pensare più a nulla» «Sisi certo, io vado a prendere qualcosa per cena intanto, tu cosa preferisci?» «No io niente, grazie lo stesso, ho mangiato già troppo a pranzo» mi invento per congedarla con una scusa «Ok allora a dopo roomie!» sorrido per quel nomignolo e la saluto con la mano.

Sono le 22:00, sono stesa sul letto col telefono, Emy sta già dormendo e sto scorrendo delle foto su Instagram, metto like a pagine a caso e dopo un po mi stufo, esco dal social, mando un messaggio a mia madre alla quale non avevo risposto prima perché mi ero dimenticata e le dico che è andato tutto a posto sia il viaggio che l'arrivo in stanza. Metto la sveglia alle 6.00 e mi stendo sul letto affondando la faccia sul cuscino, addormentandomi, ormai esausta della giornata che avevo passato.

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