Capitolo 10.

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Scelte.

  Nella sala regnava un silenzio pesante ed opprimente, e la tensione che aleggiava nell'aria era quasi palpabile.
Il ristorante era chiuso da ormai un'oretta e mezza, e al suo interno vi erano rimaste pochissime persone.
Pucca era seduta sulle scalinate del locale, che portavano alla sala superiore, con le ginocchia strette al petto ed una giacca appoggiata sulle spalle esili.
Garu era al suo fianco, in religioso silenzio, mentre i suoi zii erano usciti per delle commissioni.
Nella testa della corvina continuava a vorticare un solo singolo nome: Hideo.
Un nome a cui la giovane non sapeva dare volto, e che fino a quel momento era stato qualcosa di astratto nella sua mente.
Cosa avrebbero fatto ora che quell'uomo era tornato? Come avrebbero dovuto reagire?
Ma soprattutto... loro avrebbero reagito?
Per Pucca l'idea di non far nulla, e di starsene con le mani in mano, le dava alla testa.
Lo trovava un pensiero inconcepibile.
Intollerabile.
- Dobbiamo fare qualcosa - sentenziò la giapponesina alla fine, voltandosi verso il proprio ragazzo.
Garu sgranò gli occhi, e sperò di aver udito male.
- Cosa? -
- Dobbiamo fare qualcosa. Non possiamo rimanere qui a far nulla - ripetè a voce più alta, togliendosi la giacca dalle spalle e piegandosela sulle ginocchia.
Il coreano l'osservava sconvolto, come se fosse completamente uscita di senno.
- Pucca, sei impazzita? - le domandò, alzandosi in piedi - Noi non faremo proprio niente - affermò, duro.
Pucca impiegò qualche secondo per assimilare a dovere le sue parole, e faticò parecchio per riuscire a comprenderle appieno.
Parlava sul serio?
Lo aveva detto sul serio?
La corvina stentava a crederlo. Non ci riusciva proprio.
- Come puoi dire una cosa del genere? - domandò lei, alzandosi in piedi e stringendo tra le mani il giubbino nero, che le era stato premurosamente dato da lui poco prima.
- Tu non hai la più pallida idea di quello che stai dicendo. Non conosci Hideo, e non sai di cosa sia capace. Io l'ho visto e l'ho vissuto sulla mia pelle, cazzo! - sbottò il ragazzo, alzando di tanto il tono della voce ed iniziando a gesticolare animatamente - Pucca noi non possiamo fare niente; se vogliamo tenere la testa attaccata al collo, quanto meno -
La ragazza si rifiutava di credere alle parole che stavano uscendo dalla sua bocca, tanto da ritrovarsi a scuotere inconsciamente la testa.
- Garu, io non posso nemmeno immaginare quello che hai vissuto, e non posseggo l'arroganza per poter affermare una cosa del genere... ma non puoi dirmi una cosa del genere! È allucinante l'idea di non poter fare qualcosa per risolvere questa situazione; non riesco ad accettarla, non ci riesco e non voglio - la ragazza fece un lungo respiro, prima di riprendere a parlare - Sei libero di fare quello che vuoi, ma io non starò qui a non far nulla -
Strinse la giacca nera un'ultima volta, poi gliela porse - Grazie per la giacca - e la lasciò tra le sue mani.
Garu però, vedendo la ragazza pronta ad andarsene, non la fermò fisicamente, ma riprese a parlare.
- La prima volta che Hideo è venuto a Sooga, noi tutti, io per primo, pensavamo si trattasse del solito brigante con manie di grandezza e la testa vuota. Di gente così ne avevo affrontata a migliaia, e pensavo ingenuamente che uno di più non mi avrebbe cambiato di tanto la vita. Mi sbagliavo, su tutto. Come una serpe, si è insinuata nel villaggio, e con il suo veleno ha intossicato la maggior parte di noi. La gente ha iniziato a stare male sempre con più frequenza, e il numero delle persone che sono morte di conseguenza... era a dir poco agghiacciante. Per tale ragione, Master Soo ha voluto raggruppare un gruppo di ninja all'altezza per andare a cacciare quell'essere da Sooga -
Il ragazzo dovette prendere una piccola pausa prima di riprendere a parlare, in cui incominciò a torturarsi entrambe le mani per il nervosismo e la rabbia repressa che gli stava attorcigliando le viscere.
- Hideo, però, sapeva già del nostro arrivo e non si fece cogliere impreparato... Fece massacrare tutti i miei compagni dai suoi scagnozzi, mentre a me preferì riservare un trattamento più speciale -
Silenziosamente, Pucca si avvicinò cautamente al corvino e gli passò una mano sul braccio, mentre gli occhi scuri le diventavano velatamente lucidi.
Garu in risposta prese la mano della ragazza, e la strinse delicatamente in una delle sue.
La giapponesina non poteva nemmeno lontanamente immaginare il dolore che stesse provando il suo ragazzo, ma il solo ascoltare le sue parole e vederne le reazioni le causava un doloroso male al cuore.
- Mi disse di sapere che ero il preferito di Master Soo, e che per tale ragione non mi avrebbe mai ucciso. Gli servivo vivo per riferire il suo messaggio a lui, ma non voleva che me ne andassi intatto - marcò pesantemente, e con rabbia, le ultime parole - Mi torturarono per non so nemmeno quante ore, e alla fine Hideo decise di lasciarmi un segno indelebile sulla carne -
Con la mano libera, il corvino si indicò la schiena - Con la lama incandescente della sua lama ha voluto lacerarmi la pelle, per formare una grottesca e sadica cicatrice a forma di "H". Voleva che mi ricordassi per sempre quel giorno -
Garu dovette lottare con tutto se stesso per non scoppiare a piangere davanti a Pucca, ma nonostante ciò qualche singhiozzo riuscì a sfuggirgli, colpendo dritto al cuore la ragazza.
- Ancora oggi non riesco a togliermi dalla testa il suono della sua orribile risata, e l'odore della carne bruciata -
No. Pucca non poteva davvero capire.
Non riusciva a capire, in tutta quella storia, cosa avesse portato un individuo mostruoso come quello in una cittadella come Sooga.
Che avesse dei conti in sospeso con Master Soo?
Se fosse stato così, perchè il Maestro non gliela aveva detto quando era andata a parlare con lui?
Era tutto così... strano; e confuso.
- Dio, Garu - gemette la corvina, stringendosi a lui.
Il ragazzo ricambiò la sua stretta, ed affondò il viso nel suo incavo del collo, cercandovi disperatamente un qualche conforto.
Garu non voleva che Pucca andasse a mettersi contro un individuo del genere.
Non voleva perdere anche lei per colpa di quell'essere.
Non sarebbe mai riuscito a sopportare un'ulteriore perdita; non un'altra.
Non Pucca.
Passarono alcuni minuti in quella posizione, senza dire nemmeno una parola.
La giapponesina, di tanto in tanto, gli passava una mano tra i capelli scuri, e la portava lentamente fino alla schiena, con un movimento delicato e con il fino di tranquillizzarlo.
- Qual era il messaggio di Hideo? - gli chiese dopo un po', con voce insicura.
Sotto le sue dita, la ragazza sentì perfettamente i muscoli del coreano irrigidirsi.
- Che Sooga era sua -

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