7. War and Peace

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La verità era che Patterson, purtroppo, mi dava sui nervi tanto quanto mi incuriosiva. Su questo, perlomeno, David aveva ragione.

Vivevo a Winthrop da un anno e mezzo, e da circa due mesi Matt si era avvicinato a Dave e Josh; perciò avevo avuto modo di osservarlo e di cercare di comprendere i suoi comportamenti ma, evidentemente, non ero riuscita a venirne a capo.

Patterson sembrava una persona schiva e riservata, anche un po' burbera a volte, ma avevo notato che  a parte con me non era quasi mai maleducato né cercavo lo scontro con altri nostri compagni di scuola. In questo era cambiato: ricordavo che un anno prima tendeva a rispondere seccamente a più persone, ma crescendo era diventato più docile. Non che fosse uno zuccherino, tutt'altro, ma si poteva dire che fosse un ragazzo tranquillo e beneducato. Era poco loquace con la  maggior parte delle persone, certo, e dava risposte piuttosto freddine soprattutto alle ochette che gli ronzavano attorno e a cui lui non era interessato; con quelle che gli interessavano, d'altro canto, aveva tutt'altro atteggiamento.

Nonostante non facesse parte della squadra di basket né di quella di football, infatti, godeva di una certa popolarità a scuola, popolarità che lui non faceva nulla per alimentare, a dire il vero. Sapevo, perché me l'avevano raccontato, che durante il suo primo anno aveva giocato nella squadra di basket, sport nel quale era anche piuttosto bravo, ma che aveva deciso di mollare senza una motivazione precisa. David e Josh erano entrati in squadra l'anno successivo, quindi nemmeno loro sapevano se fosse successo qualcosa di particolare. Dopo che aveva lasciato la squadra, comunque, la popolarità di Patterson era rimasta invariata e le ragazze avevano continuato a girargli attorno come api col miele, attratte dalla sua indubbia bellezza, dai suoi occhioni grigi, ma anche, purtroppo, dalle voci sul suo patrimonio familiare piuttosto ingente.

Non ero mai stata a casa sua, ma si diceva che fosse una villa enorme con tanto di piscina e dependance che un tempo serviva per la servitù. Sua madre, che avevo visto dopo la rissa con Ashton, andava sempre in giro vestita di tutto punto e firmata dalla testa ai piedi e suo padre pure dicevano, io non l'avevo mai incontrato. Ma Matt no.

E questa era un'altra delle cose per me incomprensibili: mi avevano raccontato che Matt aveva frequentato l'istituto privato fino all'età di quattordici anni e che poi, una volta giunto il momento di scegliere quale liceo frequentare, si fosse fatto trasferire alla scuola pubblica. A vederlo non si sarebbe detto che fosse così benestante: veniva a scuola con una vecchia macchina usata e portava quasi sempre delle scarpe mezze sfasciate, per il resto si vestiva normalmente.

Era un ragazzo intelligente, questa era l'unica cosa su cui non avevo dubbi. Mi sarebbe piaciuto poterlo insultare per la sua pochezza o per la sua stupidità, ma purtroppo non mi dava motivi per farlo. Si vedeva che non si ammazzava di studio, ma se la cavava piuttosto bene in tutte le materie e aveva una predisposizione particolare per quelle scientifiche, tanto che era diventato il cocco della professoressa Mitchell. Ed era sveglio, aveva sempre la risposta pronta, oltre che essere dotato di un sarcasmo tagliente che non tutti comprendevano e che, spesso, usava proprio contro di me.

Era un rebus che proprio non riuscivo a risolvere ed era anche questo, di lui, che mi dava tanto sui nervi. Oltre, ovviamente, ai punzecchiamenti cui mi sottoponeva quasi ogni giorno, che spesso mettevano a dura prova la mia pazienza già di per sé piuttosto labile. Ma se c'era una cosa che mi infastidiva di più delle sue battutine era quando, per ragioni conosciute solo dal Padreterno, decideva di ignorarmi del tutto e fare finta che io non esistessi per lassi di tempo che variavano da un paio di giorni a qualche settimana di fila. Dopo questi periodi di apatia nei miei confronti, di solito, un giorno entrava in classe e, dal nulla, mi salutava facendo un commento sarcastico sulle mie scarpe o sulle occhiaie che sfoggiavo quel giorno, io gli rispondevo a tono e ritornava tutto come al solito.

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