Normalmente ci sarebbero voluti trenta minuti di corsa per arrivare al luogo dell'appuntamento, Ether ce ne mise solo venti. Arrivò esattamente alle quattro. Lui era già lì, appoggiato ad un albero, una figura chiara tra le ombre del bosco.
"Ciao Ether. Vedo che sei puntuale, molto bene." la salutò Jonathan, con tono cordiale.
"E tu eri in anticipo." osservò lei.
Notò l'espressione infastidita del ragazzo, fu appena un istante, prima di tornare una maschera di falsa gentilezza.
"Ero qui intorno...sono arrivato appena prima di te comunque."
"Senti, visto che passeremo parecchio tempo insieme, apprezzerei che la piantassi di fingere. Mi accorgo che odi fare il gentile. Fai prima a dirmi quello che pensi e basta..." commentò in tono pratico.
Lui rimase stupito.
"Complimenti. Sei la prima ad accorgersene."
"E ti dà fastidio, vero?"
"Molto"
La falsa dolcezza era finalmente sparita, sia nel tono che nella postura e nell'espressione.
Se c'era una cosa che Ether odiava di lui, era quella falsità.
"Bene. Si inizia?"
Era fin troppo allegra, ma solo perché non sapeva ciò che l'aspettava. Jonathan aveva in mente un crudele piano di allenamento. Si sarebbe divertito...
Ma prima venivano gli affari.
"Prima le informazioni."
Lei esitò. Poi gli elencò in modo spiccio le decisioni del Conclave, senza menzionare, però, la sua amicizia con Simon. Anzi, senza dire neppure il nome del vampiro. Né tantomeno accennò a fatti personali tipo Edward.
"Immagino che ciò che hai deciso di non dirmi sia roba di cui non dovrei interessarmi, ma se potessi dir..."
"Hai ragione non dovrebbe interessarti. Iniziamo?"
Ether aveva interrotto il ragazzo, decisa. Lui ci era rimasto un po' male, a quanto pareva non sarebbe stato facile come previsto sapere tutto dalla ragazzina, visto che ammaliarla non era facile.
"Certo. Vedo che hai già corso, quindi inizieremo con gli addominali. Fanne di normali, laterali, bassi e dorsali. Cinquanta per tipo. Ti dò dieci minuti, ma solo perché è la prima volta."
Le parole pronunciate con sufficienza sembravano voler sottointendere non sei in grado di farli nel tempo corretto, quindi te ne darò di più. Questo la fece incazzare.
Lei era capace di fare tutto.
Iniziò, con un ritmo esagerato. Avrebbe finito in meno di otto minuti, doveva farcela. E lo fece. Una cosa praticamente impossibile per chiunque, eccetto che per lei, Jonathan e forse Jace.
"Sette minuti e mezzo. Bene. Ora mettiti in posizione per fare flessioni."
La voce era neutra, ma era rimasto sorpreso dalle capacità dell'allieva. Si avvicinò a lei, pronta per iniziare un altro ciclo di esercizi. Non era neppure tanto stanca. Decise di andarci subito pesante, voleva farla faticare. Tanto.
Si distese sopra di lei, il petto che aderiva alla sua schiena, la testa incastrata nell'incavo del suo collo. Ovviamente la ragazza non la prese bene, esclamò: "Che cazzo fai!? Levati dalla mia schiena, coglione!"
"Non dare in escandescenza, è solo un esercizio. Ora tu inizierai a fare flessioni, contandole ad alta voce. Ne devi fare cento."
Lei rimase interdetta.
"Perché devo farle con te sdraiato addosso?"
"Se preferisci mi siedo sulla tua schiena, pensavo che fosse meglio evitare di spezzarti qualche vertebra il primo giorno."
"Ma peserai novanta chili! Mi spieghi come faccio a sollevare entrambi cento volte!"
Ether era esasperata. Non poteva farcela. Lui però disse: "Guarda che ne peso solo ottanta. Credevo fossi una dura...mi sbagliavo. Se non riesci a fare nemmeno questo non resisterai mai ad un intero allenamento. Fai meglio ad andartene."
Questo ferì l'orgoglio della ragazza che disse: "Ci riesco. Lo farò."
Iniziò appena terminata la frase.
Già, la conversazione si era svolta in quella fraintendibile, scomoda ed imbarazzante posizione.
Il ragazzo però si era lasciato a peso morto solo ora.
Lei andò avanti senza grandi difficoltà fino a cinquanta, poi iniziò a sentirsi stanca sul serio.
Ad ottantuno non disse il numero, la voce iniziava a mancarle.
"Non ho sentito. A quanto siamo? Rifalla." le sussurrò Jonathan nell'orecchio, con cattiveria.
Lei strinse i denti, prese un respiro profondo e la rifece.
"...ottantuno...ottantadue...ottantatre"
Continuò risoluta, i muscoli che bruciavano, il fiato corto. Ogni volta che le si spezzava la voce e pronunciava male un numero, lui le faceva rifare il piegamento.
Arrivò a cento per miracolo. Appena lui le si tolse dalla schiena si buttò supina sull'erba. Ogni fibra del suo corpo urlava di dolore.
"Sei uno strozo." Ringhiò tra i sospiri, mentre cercava di riprendersi.
"E non hai ancora visto il peggio." La schernì sorridendo.
Quello sì che era un ragazzo sadico.
E lei aveva avuto un'idea stupida, quando gli aveva proposto allenamenti in cambio di informazioni. Quello che aveva proposto era stato, come direbbe lei, un patto suicida.
Appena regolarizzò il respiro, il ragazzo ordinò: "Alzati. Un minuto di riposo basta e avanza."
"Ma...sei proprio un bastardo!" rispose lei alzandosi.
"L'hai voluto tu. Non ti ricordi di avermi chiesto di non fingere gentilezza? È stato appena un quarto d'ora fa..."
"Sì come vuoi...ora che si fa?"
Si stava innervosendo, rendendosi conto che lui aveva ragione. Fu sollevata sentendo la risposta alla sua domanda: lotta corpo a corpo. Non lo sarebbe rimasta a lungo. Era brava e credeva di potergli assestare un paio di colpi che lo facessero pentire di averla trattata così.
Come è logico dedurre, non ci riuscì, ma si guadagnò il rispetto del suo insegnante. Per circa dieci minuti Ether riuscì a evitare ogni suo colpo, non si lasciò nemmeno sfiorare. Poi però ricevette un calcio nello stinco e un pugno in faccia che le fece sanguinare il naso. Non riuscì più a schivare tanto velocemente, ma riuscì a colpire il ragazzo allo stomaco. Subì un colpo forte al ginocchio che la fece cadere, ma quando Jonathan fu abbastanza vicino distese la gamba sana e, ruotando su se stessa, gli assestò un calcio sul retro del ginocchio. Fu abbastanza forte da farlo cadere.
Andò verso di lui per bloccarlo, ma fu troppo lenta. L'avversario si stava già alzando. La fermò in corsa e la buttò a terra, bloccandole il corpo col proprio e tenendole le braccia sopra la testa.
"Ti arrendi?"
Un sorriso di vittoria si allargò sul suo viso, ma scomparve subito a causa della risposta dei Ether.
"Mai"
Fu lei a sorridere stavolta, mentre entrambi tornavano in piedi grazie alla spinta di bacino che diede. Tirò un calcio al ragazzo, ancora sconcertato, dritto nelle palle. Lui le lasciò le braccia, per il dolore e la sorpresa.
La lotta andò avanti ancora una ventina di minuti, anche se Ether incassava molto e faticava a colpire Jonathan. Alla fine si trovarono di nuovo per terra, lui che la bloccava. Stavolta lei era troppo stanca per liberarsi.
"Ok. Può bastare, facciamo una pausa." disse il ragazzo, alzandosi e pulendosi i vestiti da erba e terra. Avrebbe aspettato che lei dicesse mi arrendo ma aveva capito che non sarebbe successo mai. Quella era l'unica frase che mai sarebbe uscita dalle labbra di Ether e lui per questo la ammirava.
La guidò fino ad un ruscello poco più verso l'interno del bosco. Si sciacquarono il viso e le mani e bevvero un po'. Poi si sedettero sulla riva, con i piedi scalzi nell'acqua. Dopo qualche minuto Jonathan interruppe quel momento di pace: "Forza, ora andiamo. Dobbiamo finire l'allenamento."
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Cuore avvelenato - Sebastian Morngestern
FanfictionEther Lightwood Graymark Herondale. Una shadowhunter con un passato complicato, la sua vita era come quella di chiunque altro, viveva con i Lightwood e con la sua parabatai Isabelle, combatteva, si addestrava... le vite di tutti loro, però, cambiar...