Era una qualunque giornata d'Ottobre. Quella mattina mi alzai con il piede storto, poiché, per chissà quale ragione, non riuscì a chiudere occhio. Presi i miei vestiti e le scarpe, un paio di jeans,una semplice felpa grigia e le stan smith bianche, andai verso il bagno, mi lavai e poi mi diressi al piano di sotto dove vi erano mio padre, mia madre e il mio piccolo fratellino Tom. Feci colazione e poi presi il mio zaino. Dato che stava piovendo a dirotto, chiesi a mio padre se potesse darmi uno strappo a scuola e lui acconsentì, avvertendomi che per il ritorno sarei dovuta ritornare a casa con l'autobus. Sbuffai, ma accettai ugualmente la sua condizione. Arrivata a scuola, ringraziai mio padre stampandogli un bacio sulla guancia, scesi dalla macchina e mi diressi verso Giulia, ovvero la mia compagna di banco, e Lucas, nonché mio migliore amico. Loro due non andavano per niente d'accordo, era chiaro che si detestassero, ma, nonostante ciò, evitavano di prendersi in giro reciprocamente solo in mia presenza. Li salutai e loro ricambiarono. Giulia, squadrandomi dalla testa fino ai piedi, mi chiese cosa avessi e io le risposi semplicemente che non avevo dormito. Al suono della campanella, presi Giulia e Lucas per il braccio e li trascinai all'interno della scuola. Lucas era in una sezione diversa dalla nostra, infatti si separò e mi salutò mentre si dirigeva verso la sua classe. La mattinata iniziava con una bellissima e entusiasmante lezione di matematica, la mia gioia, come no... A seguire vi era arte, italiano e infine due ore di educazione fisica. Le prime tre ore, fortunatamente, volarono e mentre percorrevo il corridoio, che mi portava alla palestra, Giulia mi raccontava la conversazione che aveva avuto con Andrew, suo migliore amico e al tempo stesso anche il ragazzo per cui ha una cotta. Entrate nello spogliatoio, ci cambiammo e poiché io sono peggio di un bradipo nel cambiarmi, rimasi da sola con Giulia. Improvvisamente sentimmo la porta del nostro spogliatoio aprirsi e poi richiudersi, mentre dei passi si facevano sempre più vicino a noi. In un batter d'occhio mi ritrovai con le spalle contro al muro e la faccia di James difronte alla mia. James era il bullo della scuola, tutti lo temevano, ad eccezione di me e di Lucas, inoltre, il caso vuole, che proprio quel giorno dovevamo dividere la palestra con lui e la sua classe. Da quando io e Il mio migliore amico lo affrontammo per difendere Giulia e Laura, una ragazzina di prima liceo, iniziò a prenderci di mira e d'allora cercò di vendicarsi con dei stupidi scherzetti... Due bulletti avevano trascinato,con forza, Giulia fuori dallo spogliatoio mentre le mie spalle erano ancora contro il muro e stufa di stare in in "gabbia"gli chiesi cosa volesse, lui, con voce rabbiosa e, al tempo stesso, divertita, mi disse che era arrivato il momento di darmi una lezione. Successivamente girò le spalle e se ne andò con i suoi "colleghi". Entrò Giulia chiedendomi cosa mi avesse fatto e io, per tranquillizzarla,le risposi che era un'altro dei suoi stupidi scherzi. Dopo tre secondi arrivò una nostra compagna a dirci che il professore ci stava aspettando. Durante le ore di ginnastica non feci altro che ripensare alle parole di James. Mi chiesi più volte cosa ci fosse di male nel difendere due ragazze, e in particolare nel difendere la mia compagna di banco a cui sono molto, molto legata. Forse era meglio far finta di niente? Forse non avrei dovuto immischiarmi? Sta di fatto che se non fossi intervenuta a quest'ora io e Lucas non subiremmo atti di bullismo ma ammetto anche che se non le avessi, o meglio avessimo, difese non me lo sarei mai perdonata. Uscita dalla scuola, tranquillizzai nuovamente Giulia e mi diressi subito alla fermata. Mi misi le cuffie nelle orecchie ma senza attivare la musica e aspettavo impazientemente il pullman, ma quest'ultimo sembrava non arrivasse mai. D'improvviso, sentì una mano afferrarmi il polso, era James con altri nove bulli, a me estranei, i quali avevano vari oggetti che tenevano stretti tra le mani. Mi trascinò nel retro della scuola e mi buttò a terra. Poi iniziarono i primi colpi, ne ricevetti altri, poi altri ancora e ancora, fino a quando iniziai a vedere tutto nero e svenni. Quando mi svegliai, mi ritrovai in una stanza tutta bianca, era chiaro che fossi in un ospedale. Mi girai a destra e vidi sopra il comodino tanti mazzi di fiori e molti altri pensierini. Erano così tanti che non riuscivo a contarli e poi, mi sorse spontaneo chiedere, fra me e me, da quanto tempo mi trovassi lì. Mentre ero impegnata nelle mie riflessioni, alla mia sinistra si aprì la porta, da cui entrò un signore con un camice bianco, sicuramente un dottore. Appena vide che ero sveglia, uscì nuovamente per andare ad avvisare i miei familiari. Infatti, pochi secondi dopo, insieme al dottore,vidi mio padre, mia madre e il piccolo Tom. Tutti loro si avvicinarono a me e con aria preoccupata mi chiesero come mi sentissi. Mi schiarì la voce e risposi alla loro domanda, dicendogli che avevo un leggero mal di testa. Poi domandai:" Da quanto tempo sono ricoverata?"...
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Save me from myself
RomanceSara Hamilton era sempre stata una bambina socievole, adorava divertirsi ed era amata da tutti coloro che la conoscevano. In un freddo giorno di Novembre, purtroppo, accadde qualcosa che la portò a cambiare radicalmente, ribaltando la sua vita. Dall...