Capitolo I: Not today.

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Until the end of my days

Capitolo I:

NOT TODAY

"It's gotta get easier, oh easier somehow, 'cause I'm falling, I'm falling. And easier, easier somehow 'cause I'm calling, I'm calling ... and it isn't over unless it's over, I don't wanna wait for that, it's gotta get easier, easier ... but not today, not today, not today."



L'ospedale non gli era mai sembrato un posto più brutto, mai al mondo Mickey Milkovich aveva pensato di ritrovarsi in quel posto inquietante e frenetico con i familiari della persona che amava.
Stava seduto su una sedia, in mezzo a Lip e Debbie Gallagher, che aspettavano Carl che era andato a prendere qualcosa da mettere sotto i denti ai distributori, guardavano Fiona fare avanti e in dietro per il corridoio, non la smetteva mai.
Kevin e Veronica erano appollaiati in due delle ultime sedie, sussurrandosi qualcosa che Mickey non riusciva ad udire.
E nel frattempo Fiona continuava a tracciare il suo percorso tormentato, senza mai fermarsi un secondo.
Lui era preoccupato e il modo di fare della donna non faceva altro che metterlo ancora di più in agitazione.
«Cazzo, Fiona puoi smetterla?» sbottò, battendosi un pugno sulla sua gamba «Mi stai facendo arrivare il nervosismo agli estremi!»
Inutile. Quella scenata non servì a niente, se non a guadagnarsi un'occhiataccia dalla maggiore dei Gallagher, che riprese il suo percorso d'agonia.
Fottuti Gallagher.
Ed ecco Carl che spuntava dal fondo del corridoio, aveva le braccia ricolme di cibo impacchettato e dolciumi vari, le classiche schifezze che si possono trovare solo ai distributori automatici.
«Ho preso tramezzini per tutti!» annunciò, scaricando il carico su una sedia e afferrando un sandwich al prosciutto.
Kevin e Veronica ne presero uno a testa, Lip ne prese tre, due dei quali li passò a Mickey e Debbie.
Non che avessero molta fame, in quella situazione, dovevano semplicemente fare qualcosa prima di impazzire perché nessun medico si era ancora fatto vedere.
«Prendi un tramezzino, Fiona.» le disse Debbie, porgendogliene uno che, nonostante tutto la donna rifiutò ... e in malo modo anche.
Attesa: una carogna.
Erano lì da più di due ore e non avevano alcuna notizia di Ian. Era ormai da un po' di tempo che Ian Gallagher non stava troppo bene, aveva una stanchezza perenne addosso e sentiva tutte le parti del corpo doloranti, con l'aggiunta di una tosse terribile rimastagli dall'influenza avuta qualche settimana prima. Era svenuto anche quel giorno, poco prima di pranzo, ed era capitato già due volte in quella settimana, ma il ragazzo si era ripreso quasi subito e non aveva la minima intenzione di farsi portare al Pronto Soccorso.
Quella volta, però, non sembrava riprendersi così in fretta, dunque avevano chiesto a Svetlana di badare a Liam ed erano corsi tutti con lui dietro l'ambulanza con il furgone di Kevin.
Cos'altro potevano fare?
Mickey voleva provare a distrarsi, a non pensare, ma studiare l'interno del suo sandwich non serviva a molto e quelle mura sterili e quel via vai di infermieri lo metteva sempre più in agitazione.
Videro un medico in camice bianco spuntare da lontano e dirigersi verso di loro, in quel buio angolo di corridoio in cui si erano rintanati.
Finalmente.

Non appena il dottore arrestò il suo cammino davanti a Fiona chiedendo se erano loro i parenti di Ian Clyton Gallagher, Mickey finì di studiare il suo tramezzino, che abbandonò mangiucchiato sulla sedia, e s'alzò con tale frenesia per parlare con quell'uomo.
«Come sta Ian?» s'affrettò a chiedere con voce roca e nervosa.
«Ora è stabile,» rispose il medico, gesticolando un poco mentre evitava chiaramente di guardare gli occhi di Mickey «ma come dicevo alla signorina Gallagher preferiamo ricoverarlo fino a che non ci accertiamo della sua condizione. Abbiamo eseguito davvero molti esami ed i risultati richiedono un po' di tempo.»
«State dicendo che ancora non sapete ciò che ha?» domandò Mickey, il suo tono era arrogante, arrabbiato ... e per giunta si guadagnò anche una gomitata da Fiona.
«Non sempre la diagnosi è semplice, signor ...»
«Milkovich. Mickey Milkovich.»
«Lei non è un parente?»
«Chi se ne fotte, io voglio sapere come sta Ian!»
Altra gomitata da Fiona.
«Le chiedo di moderare i termini, signor Milkovich, sta già ricevendo delle informazioni che io non potrei riferirle. Ora, con tutto il rispetto, vorrei parlare in privato con la signorina Gallagher così che-»
«Avanti, dottore,» s'intromise Fiona stavolta «Che differenza fa? Tanto gli racconterò lo stesso per filo e per segno ciò che lei mi dirà.»
«D'accordo, allora.» l'uomo sospirò, alzando gli occhi al cielo «Seguitemi.»
A quel punto Fiona lanciò uno sguardo di intesa a Lip, che a quanto pare afferrò al volo e annuì.
Quel che volevano dirsi lo sapevano solo loro.
Fiona e Mickey seguirono in religioso silenzio il medico in una piccola stanza, dopo che li fece accomodare su due sedie, lui sedette davanti a loro, aveva uno sguardo severo, intransigente.
«I valori delle analisi di base che abbiamo fatto ad Ian risultano tutti fuori dalla norma.» disse con semplicità e rammarico «Dovremmo procedere con una TAC al più presto possibile.»

Until the end of my days.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora