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Il cielo era buio, nonostante fosse pomeriggio presto; fuori pioveva a dirotto, e io mi trovavo in una stanza d'ospedale.
Aprii gli occhi, per la prima volta dopo tanto, tutto si rischiarò e il cemento bianco mi fece ritornare al passato, alle ultime cose che ricordavo.
Yun...il suo corpo...la fabbrica...
mi tornò in mente ogni cosa.
Il mio incubo era tornato.

Spostai lo sguardo per controllare la stanza. La mamma era seduta su una sedia tra il mio letto e quello della persona accanto a me; curioso, guardai chi fosse. Quei capelli biondi erano unici, lei era una delle rarissime persone orientali ad averli naturali, per via delle sue origini occidentali. Yun...era lì.

«M-mamma...» sussurai.

Non avevo nemmeno le più piccole forze per parlare...

«Jimin! Sei sveglio amore!» disse la mamma abbracciandomi.

«M-mamma...Yun...» un colpo di tosse mi interruppe «Yun...come sta?» continuai.

«Ora non ti preoccupare tesoro. Vado a chiamare il dottore, stai tranquillo.» disse uscendo.

Mi voltai a guardare Yun. Aveva gli occhi chiusi, e dalle bende si intravedeva il suo sangue rosso intenso, e la sua figura mi rendeva tremendamente triste e addolorato.

Dopo poco, nella stanza entrò un uomo dal camice bianco, che mi fece una breve visita e poi parlò con la mamma, ma non riuscii a capire cosa stesse dicendo.
Mi sorrise e poi uscì.
Eppure quel sorriso sembrava malinconico...

«Stai bene, hai solo un po' di febbre.» disse la mamma abbracciandomi.

Avevo talmente caldo...ero sudato, la vista era annebbiata e mi faceva male la testa. Non riuscivo nemmeno a capire cosa stesse succedendo intorno a me, se non i fatti più generali.
Però la voce della mamma mi suonava così limpida e dolce...

Improvvisamente sentii dei battiti; probabilmente qualcuno aveva bussato, visto che la mamma rispose di entrare.
Voltai lo sguardo verso la porta, e vidi una figura non ben definita.

«Allora Jimin! Come va?» disse.

Dalla voce appena distinguibile capii che era Taetae.

«Non tanto bene.» sussurrai.

«Ha un po' di febbre.» rispose la mamma.

«E Yun come sta?» chiese andando vicino al suo letto.

«I dottori non sono ancora certi della sua situazione attuale, ma per ora non le è successo nulla di grave.» rispose lei.

«Capisco; allora me ne vado, non voglio disturbare.» concluse.

In quel momento, da un lato avrei voluto che mi lasciasse riposare, ma dall'altro avrei voluto che stesse lì, a tenermi compagnia con il suo ottimismo.
Alla fine scelsi di averlo vicino, dato che nessuno avrebbe potuto farmi sentire bene quanto lui.

«Resta.» sussurrai.

Nonostante la vista fosse sfocata, in qualche modo avvertii un suo sorriso.

«Va bene.» affermò allegro.

Passò tutto il tempo a parlarmi dei fatti divertenti accaduti a scuola quel giorno, mi fece sentire meglio, e mi tirò davvero su il morale, tant'è che la febbre calò notevolmente.

Ma ad un certo punto, tra le nostre risate, si udì una debole vocina divertita. Incredulo, mi voltai verso il letto di mia sorella, e divenni certo che proveniva da lei. Da Yun. Si era finalmente svegliata.

Il mare di gioia che mi travolse in quel momento fu davvero sincero, seppur silenziosamente, ero felice. Ma questa sensazione non durò a lungo; quando la mamma e Tae si precipitarono ad abbracciarla, e io, pur volendolo con tutto me stesso, non riuscii, tutto finì.
Nonostante la febbre fosse passata, le poche forze mi impedivano di correre da lei, e il dolore che ciò mi provocò fu fortissimo.
Dopo quello che era successo, io non potevo nè consolarla nè toccarla, mentre lui si, lui poteva farle sentire ciò che provava.

Ero felice nel vedere che Yun riceveva così tanto amore dagli altri, ma non sarei mai riuscito a placare quel consueto bruciore allo stomaco che sentivo ogni volta nel vederli insieme.
Non riuscivo a fermare i miei sentimenti, per quanto provassi, la gelosia era davvero impossibile da controllare, e quel dolore al petto mi avrebbe tormentato per sempre. Eppure tutta quell'ossessione nei suoi confronti era davvero inspiegabile. Era un mistero, che non mi piaceva affatto, e avrei voluto risolverlo al più presto, se non fosse stato per quel male che mi costringeva a stare lì.

«Jimin...» disse sorridendomi dolcemente, alzando il braccio e avvicinandolo a me.

Ricambiai il sorriso amorevolmente, per poi abbandonare tutti quei pensieri inutili.

«Sorellina mia.» dissi toccando le sue morbide dita.

Poco dopo, il dottore la visitò, e concluse che dopo una settimana saremmo potuti uscire entrambi.

Il mio incubo se n'era forse andato? Non proprio...

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Innanzitutto mi scuso molto, perché questo capitolo è noioso, inutile, e più corto del solito, ma non riesco più a scrivere in questo periodo...
Comunque spero sia piaciuto a qualche buona anima lol♡

Brotherhood // Park Jimin.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora