MICHELA

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Appena finito di mangiare Sofia va a letto a ascoltare la musica. Io e Anna si rimane seduti da soli al tavolo. «Anna io ti devo parlare di una cosa.» Anna mi guarda preoccupata. «Mi devo agitare?» «Forse». «Che è successo?» «Si tratta di Tommy…» «Ancora... Fede devi riuscire a superarlo ci vorrà del tempo lo so ma…» «Si, Anna lo so… ma quello che ti devo dire è un’altra cosa.» Anna si fa seria. «Ti ascolto.» «La sera che morì, Tommy e io si litigò di brutto. Ma il problema è che non ho mai capito per cosa.» Anna storce la te testa «In che senso?» «Tommy mi incolpava di averlo preso per il culo per tutti questi anni, ma io non so di cosa stesse parlando.» «E perché lo vorresti sapere?» «Perché è due settimane che non chiudo occhio. Ogni volta che mi addormento ho sempre il suo sguardo che mi uccide. Non so come fare! Mia mamma ha detto che secondo lei sono dei pensieri repressi, dei dubbi irrisolti.» Anna mi prende per mano. «Non ti preoccupare. Ti aiuterò io. Hai provato a chiedere ai genitori di Tommy?» i genitori di Tommy? «Che cosa ne dovrebbero sapere loro?» «Non lo so… però potrebbe essere un inizio.» Proviamo. Usciamo di casa. Ci troviamo davanti alla casa di Tommy.  Suono al campanello. Sento una voce. «Chi è?» «sono Federico.» «Federico chi?» «Federico… l’amico di Tommaso.» «Tommaso chi?» Io e Anna ci si guarda. Poi Anna si avvicina al citofono «Questa non è la casa dei Giovannelli?» «Ah no. I Giovannelli non stanno più in questa casa da una settimana circa.» Emette la voce. «Ah.» Ci si guarda. Mi ero dimenticato che l'ultima volta che ho visto Michela stava preparando le proprie cose per traslocare. Ma non pensavo si fossero trasferiti in così poco tempo. «Non  saprebbe mica dirci dove abitano ora?» chiedo. «No mi dispiace ragazzi.» «Ok. Grazie!» Esclama Anna. Ci allontaniamo dal citofono. «Che si fa ora?» chiedo. «Non hai altri contatti?» Ci penso un attimo. Il telefono! Ho il numero di telefono della mamma di Tommaso! Mi contattò per darmi lo scatolone. Prendo il cellulare. Cerco il numero. Lo trovo. Squilla.
 Pronto… - esclama una voce.
 Si. Ciao Michela? - chiedo.
 Si. Sono io.
 Michela sono Federico.
 Ciao! Federico. Come stai? - mi chiede.
 Tutto a posto grazie… Senta avrei bisogno del suo aiuto per una cosa… potrei venire a trovarla… - Fa un attimo di silenzio. Io e Anna ci guardiamo.
 Certo. Sai dove abito? 
 Eh no. Mi saprebbe dire l’indirizzo?
 Certo. Abito in via della Repubblica 18.
 Perfetto.  Le dispiace se passiamo ora?
 No no. Non mi disturbate.
 Va bene… allora a più tardi.
Riaggancio.
Io e Anna si ritorna in macchina. Ci dirigiamo verso la nuova casa della famiglia di Tommy. Davanti a noi si mostra un palazzo molto vecchio. Suoniamo al campanello. Si affaccia dalla finestra la testa di Michela. «Ciao, ragazzi! Il citofono non funziona. Entrate pure! Sono al terzo piano!» noi la guardiamo. Spingo con forza il grande portone. Ci ritroviamo davanti a una rampa di scale in cemento molto disagiate. Le saliamo stando molto vicini al muro. Io  e Anna ci guardiamo preoccupati. Arrivati al terzo piano ci troviamo davanti una porta accostata. Io la spingo leggermente. «Michela? È permesso?» chiedo sottovoce entrando nella casa. Da una porta esce Michela.  «Venite, accomodatevi!» sembra felice di vederci. Ci mette a sedere in una stanza con il salotto e un angolo cottura. Ci guardiamo un po’ intorno. È pieno di muffa. C’è un comodino sul quale ci sono tante foto di Tommy e qualche piccolo oggetto suo intorno. Sembra un piccolo altare. «Volete qualcosa da mangiare?» chiede Michela portando un vassoio pieno di biscotti. Sembra piuttosto stanca. Come dargli torto. Appoggia il vassoio sul tavolo. «Non doveva… non volevamo rimanere per molto» esclamo io. «Non ti preoccupare Fede… non disturbate mica.» Si mette a sedere con noi. «Eh insomma… che cosa volevate sapere?» chiede sorridendo. Anna azzanna un biscotto.  «Michela, non vorrei essere indiscreto…» lei mi guarda con la faccia storta. «…ma Tom1maso le ha mai detto qualcosa che mi riguardasse?» vado dritto al punto. Lei porta indietro la testa con un espressione straniata. «In che senso?» «Ad esempio, le ha mai parlato di qualche torto che gli ho fatto… qualche amico con cui ha parlato… roba del genere…» gli spiego io. Lei ci pensa un attimo. «Mi dispiace fede… ma non ricordo nulla del genere…» Io e Anna ci guardiamo delusi. «…però forse posso aiutarti in qualche modo.» Si alza molto lentamente. Si avvicina al comodino con il piccolo altare. Apre un cassetto. Estrae un cellulare. «Questo è il cellulare di Tommy...» Me lo porge. È proprio quello di Tommaso. Ha il vetro rotto. «...Durante la caduta si è rotto il vetro…» Sospira «...Ma dovrebbe funzionare ancora.» Io provo ad accenderlo. Lo schermo si accende. Ha come sfondo una foto di me e lui che ci si tiene a braccetto. Come è bella. Eravamo al suo compleanno. Me lo ricordo come se fosse ieri. Stavamo imitando una coppietta di ragazzi che stavano a braccetto. Anna ci scattò questa foto. Ma adesso l'importante non era lo sfondo del telefono ma il telefono stesso che funzionava ancora.Guardo Anna. Sorride. «Forse riusciremo a capirci qualcosa.» Esclamo.  «Posso tenerlo Michela?» lei mi guarda. «giuro che glielo riporto appena ho finito.» Sorride.  «Tienilo pure. Tanto io non lo uso più.» Esclama. Mi alzo. L’abbraccio. «Grazie mille!» lei continua a sorridere. Il telefono di Tommy può essermi di grande aiuto. Posso vedere cosa ha saputo lui e soprattutto da chi. «Grazie Michela mi sarà di grandissimo aiuto.» Io e Anna ci alziamo. Michela mi guarda ancora seduta sulla sedia. «Fede te sei un ragazzo magnifico, farai tante cose nella vita, mi ricordo di te e Tommy quando eravate bambini» Sposta lo sguardo verso Anna seduta accanto a me  «...Un giorno venirono a casa dicendo di aver forato un pallone. Tommy per una settimana cercò di raccimolare soldi per comprargliene uno nuovo, facendo lavori a casa, pulendo il giardino dei vicini. Ma un giorno arrivò lui con un altro pallone e allora usarono quei soldi per andare al cinema tutti e due.»Anna fa una piccola risata. Michela fa un sospiro e poi riporge lo sguardo verso di me. «Come eravate belli insieme voi due. Spero un giorno di rivederti.» Io sorrido. Non sapevo che quei soldi fossero per comprarmi un pallone nuovo. In realtà, non mi ricordo nemmeno di avere forato un pallone con Tommy. «Grazie Michela. Le faremo di nuovo visita prestissimo.» Usciamo dalla casa. Fuori dal portone incontriamo Paolo, il papà di Tommy. «Ehi ciao Fede!» Esclama alzando la mano. «Ciao Paolo.» «Che ci fai qui?» «No... niente d'importante... dovevamo chiedere una cosa a Michela riguardo Tommy.» «Ho capito.» Guarda in basso. Povero uomo. Riusciva a mantere un morale alto nonostante tutto. «Spero vi sia stato d'aiuto.» «Più di quanto immagini. Ora però dobbiamo andare.» Esclamo di fretta io. «Va bene. Salutami i tuoi genitori.» Mi sorride. «Va bene, ciao.». Io e Anna usciamo dal palazzo. Avevamo parcheggiato la macchina proprio davanti al portone.  «Cosa hai intenzione di fare?» mi chiede Anna montando in macchina. Guardo il telefono. «Credo che controllerò gli ultimi messaggi… e vedrò cosa ha saputo prima dell’incidente.» Esclamo. «E se non troverai nulla che ti può essere utile?» guardo Anna negli occhi. «Sei preoccupata?». Lei abbassa gli occhi. «Cosa c’è?» domando. Lei fa un respiro. «Fede… ci ho pensato…» Continua ad tenere lo sguardo basso. «E credo che questa tua ricerca non ti porterà a niente di buono.» Esclama.  Che cosa? Cosa intende? «In che senso?» mi allarmo. «Nel senso che…» indica il portone della nuova casa dei genitori di Tommy. «...Hai visto Michela come stava? Vuole dimenticare... vuole scordarsi del suo stesso figlio… ma secondo me non si è accorta che viaggia nei ricordi… e questo la sta portando piano piano alla rovina.» «E cosa ci combina con me?» «se te vuoi continuare questa ricerca significa che dovrai attraversare una marea di ricordi che ti potranno fare male… e io non voglio che tu ti faccia dell'altro male» Ho capito il problema. Lei pensa che continuando a cercare la soluzione potrei scontrarsi con altri problemi, sentimenti, pensieri. «Non hai tutti i torti.» Esclamo. Lei mi guarda. «So che cercare di sapere il perché di quel litigio mi potrebbe causare altro dolore, ma so anche che se non lo faccio il mio ultimo ricordo di Tommy sarà un litigio. Non voglio più vedere foto dove sorridiamo e scherziamo mentre nella testa ho soltanto lui che mi urla e mi offende, per qualcosa che non so neanche di aver fatto!»
Sorride. «So che ci tenevi molto a lui,  Fede. E non voglio che il suo ultimo ricordo sia un litigio per te.  Ma per favore… stai attento a ciò che fai. Ho bisogno di sapere che qualsiasi cosa tu scopra in questo telefono, o da qualche altra parte, non cambierà ciò che sei. Perché io voglio come migliore amico te… e non il Federico triste e depresso. Io non voglio tu ti faccia del male. Per favore.» Anna ha quasi le lacrime agli occhi. Faccio un leggero sorriso. «Non ti preoccupare… starò attento.» Prendo il telefono. Lo metto in tasca. Accendo la macchina. «Direi che per oggi, abbiamo anche indagato troppo. Rimandiamo tutto a domani.» Faccio una piccola risatina. Anna mi guarda. In silenzio. Poi mi sorride. Gli metto la mano sulla coscia. «Ti voglio bene» Sussurro.
Facciamo un giro in città e poi la riporto a casa. Dopodiché mi dirigo verso casa mia. Appena arrivo trovo mia mamma sulla porta. «Dove sei stato? È un ora che provo a chiamarti!» mi chiede preoccupata. «Sono stato a fare un giro con Anna… perché?» controllo il telefono. Era impostato su silenzioso. Lei mi guarda. «Non hai saputo cosa è successo?» Continua preoccupata. «No mamma! Che è successo?» mi preoccupo. «Una tragedia!» Si mette a piangere. Qualcuno mi spiega che cazzo è successo? Perché devo essere sempre l’ultimo a sapere le cose? «Si tratta di Michela!» Spalanco gli occhi. «Michela?» sono andato via da casa sua nemmeno due ore fa. «Che è successo? Parla!» Esclamo. «Paolo, il babbo di Tommy, l’ha trovata morta in cucina!» «Ma è impossibile!» ho gli occhi che si stanno gonfiando. È successo tutto così in fretta? Eppure sembrava stesse bene. Sembrava. La stanchezza non era dovuta tutta dal dolore. Infatti Michela ha ingerito una quantità mortale di tranquillanti, è morta addormentandosi nel giro di tre ore. Almeno così mi ha raccontato mamma.
È così forte? Il dolore. Ora capisco meglio cosa intendeva Anna nel dirmi di fare attenzione. Cazzo. Il pensiero di ricordare ciò che fosse Tommaso per me mi potrebbe portare a questo? Al suicidio? Prendo il telefono dai pantaloni. Lo guardo.  Non sarò così debole. Mai. Lo metto sul comodino di camera mia. Non voglio più indagare.

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