FEDERICO

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Velocemente arriva sabato.


Sono sotto la casa di Anna con la macchina e la sto aspettando per andare a festeggiare il suo compleanno. Ho uno zaino pieno di roba da mangiare e da bere.


Vedo il portone di casa sua aprirsi. Eccola uscire con i suoi pantaloni strappati, la sua T-shirt rossa e il suo giacchetto di pelle nero. Entra in macchina. «ECCOLA!» Esclamo.


«Eccomi!». «Allora...» metto in moto . «Da mangiare ce lo abbiamo, le birre ce le ho, l'acqua per la ragazza incinta festeggiata c'è, la ragazza incinta festeggiata c'è, il suo migliore amico c'è.» La guardo, gli faccio un occhiolino. «direi che la festa può iniziare.» «Aspetta!» «Devo darti una cosa!» «Cosa?» Infila una mano nella tasca dei pantaloni. Estrae una caramella. «Eccoti.» Me la porge. Entusiasta la apro. «Anna...» Mi guarda. «...è vuota.» esclamo deluso. Mi fa una linguaccia mostrando la carammella nella sua bocca. «Sei sempre la solita.» Partiamo. «Manca solo una cosa...» esclamo. Anna mi guarda storto. «Cosa?» «Io non so dove devo andare!» Fa un sospiro. «sei un caso perso tu. Vai, ti guido io.»


Anna accende la radio. C'era della musica pop. Dopo un quarto d'ora di viaggio. «Macchina gialla!» esclama Anna e mi tira un cazzotto sulla spalla. «AHI! Ma che ho fatto?» Esclamo dolorante. «E' un nuovo gioco che ho appena inventato. Chi vede per prima una macchina gialla da un pugno a... Macchina gialla!» mi tira un altro pugno. «Ahi! Non vale! Mi stavi spiegando le regole!» esclamo arrabbiato. «Ormai te l'ho dato!» faccio una smorfia.


Anna alza il dito per indicarmi dove devo girare. Ci ritroviamo in una strada di campagna. «Macchina gialla!» esclama Anna tirandomi un pugno. «Ma qui non ci sono macchine!» Anna indica un trattore giallo. «Ma quello è un trattore!» «E' pur sempre un mezzo.» «Ma non è una macchina! Ti inventi le regole!» Lei mi guarda con uno sguardo storto. «E' un gioco che ho inventato io! E' ovvio che le regole le scelgo io!»


A un certo punto passa una bicicletta gialla. Tiro un pugno sulla spalla di Anna. «Macchina gialla!» «Ahio!» esclama lei. «Perchè lo hai fatto? Non c'è nulla!» Indico la bici, con aria soddisfatta. «Ma la bici non vale!» «Come sarebbe a dire che non vale?» Mi arrabbio. «E' un mezzo!» lei alza le spalle. «non è un mezzo a motore!» Mi guarda. Con una mano mi ferma il braccio. «Che fai?» «Adesso, siccome hai imbrogliato, per penitenza ti becchi dieci superpugni!» «Ma non è vero!» Mi tira dieci pugni e su ogni pugno accentua il numero ad alta voce. «uno...due... tre... quattro...» caricando la forza sul «...dieci!»


Finalmente arriviamo alla casa dei nonni di Anna. Era una piccola villa a due piani. Con un giardino e un piccolo recinto dove ci venivano allevate alcune galline. «Che bella casa!» esclamo posando le borse nell'ingresso. Era la prima volta che venivo in quel posto.


«Ti piace?» Chiede Anna. «E' una villetta che i miei nonni si tengono per stare da soli l'estate.» «Fossi in loro ci starei tutto l'anno!» «Bhe, anche loro, ma purtroppo questa casa non ha un riscaldamento e l'unico modo per riscaldarsi è accendere il camino. Mio nonno ormai non ce la fa più a trasportare la legna e quindi devono rinunciare a venire qui d'inverno. Ogni tanto vengono ma solo per dare da mangiare alle galline qui fuori e poi vanno via.»


Anna accende la tv. Era un vecchio tubo catodico con un mangiacassette incorporato.


«La tv non è all'avanguardia ma sempre meglio di niente!»


«Andrà benissimo.»


Passiamo la giornata a preparare la cena. Ascoltando musica e bevendo birra e acqua frizzante. Una volta finita la cena, vado un attimo in cucina. «Dove vai?» Esclama Anna. «A prendere una cosa e torno!» Estraggo una piccola candela dalla tasca. La accendo. Non avendo un dolce sul quale metterla improvviso prendendo una mela. Spengo tutte le luci e inizio a canticchiare «Tanti auguri». Anna si gira verso di me con aria entusiasta. «Ma non dovevi!» esclama ridendo. Mi metto a sedere accanto a lei. Appoggio la mela sul tavolo davanti a lei. Spenge la candela. «Non avevo un dolce ho dovuto improvvisare.» «Grazie Fede! Sei unico!» Mi da un bacio sulla guancia. «E non è finita qui!» esclamo.


«C'è dell'altro?» Chiede curiosa Anna. Estraggo dalla tasca una piccola busta. «Ecco a te!» Anna apre la busta. Estrae dal suo interno due biglietti. «Che cosa sono?» Chiede. «Sono due biglietti per andare al concerto di quella band che ti piace, ho scoperto che suonano domenica prossima ad un pub dietro casa mia. Potremo andarci insieme...»


Fa un sorriso a trentadue denti. «Fede sei il migliore!» E mi abbraccia. Passiamo la sera sul divano a guardare la televisione. Come siamo stati bene. Finalmente un attimo di riposo da tutti i nostri problemi. Ormai era passato più di un mese da quando Tommy ha fatto l'incidente e da quel momento tutta la mia vita ha iniziato a modificarsi, a mutarsi, si è adattata al dolore e ai problemi. Si è fortificata e piano piano si sta risollevando da terra dopo che il destino la presa a pugni per un mese intero. Finalmente ho trovato Martina, Sofia ha risolto il problema a scuola, Anna è sempre al mio fianco e niente potrà mai annullare questo momento.


Anna è coricata sul mio torace. Si è appropriata del mio braccio. Credo stia dormendo. Sono stanco morto. Provo a riposare. Chiudo gli occhi. Sento il rumore della TV di sottofondo. Non mi da fastidio. Sento anche il rumore di una teiera che sbuffa. «Anna hai lasciato te la teiera sul fuoco?» Dorme. Come posso svegliarla per una teiera? Mi riapproprio del mio braccio. La sistemo delicatamente sul divano. La teiera continua a fischiare. Vado in cucina. Tolgo la teiera dal fuoco. Sento l'odore di tè verde uscire dalla teiera. Prendo una tazza e ne verso un po. Sento il rumore di una frenata. Sento un botto. Ritorno in salotto. Anna è incastrata sotto una moto. Che cazzo?! Mi sta guardando. Urla. È disperata. Faccio per avvicinarmi ma una mano mi strattona da dietro. Mi giro. Vedo Tommy davanti a me. «Uomo di merda» esclama tirandomi un cazzotto in faccia. «Tommy aspetta...» e mi tira un altro pugno. Finisco al tappeto. Ho la faccia rivolta verso quella di Anna che tenta di chiamarmi. Guardo Tommy. Ha il volto oscurato. Non lo riconosco più. Cambia forma. Continua a tirarmi calci. Quell'essere non poteva essere Tommaso. Lo chiamo. Dalla mia bocca non esce nulla. Nessun rumore. Nessuna voce. Nulla. Mi giro verso Anna. Cerco di porgerle la mano ma le continue botte mi fanno stare a terra. Inerme incasso. Voglio aiutarla. Devo aiutarla. Con una mano afferro il piede dell'essere sopra di me. Lo faccio cadere. Con le ultime forze che mi rimangono gli monto sopra. Inizio a prenderlo a pugni ovunque. Il volto rimane scuro. Non riconosco chi sia il mio nemico. lo lascio stremato a terra. Mi alzo da terra. Sono sfinito. Mi avvicino a Anna. La moto la intrappola dai fianchi in giù. Sollevo il peso liberandola. La faccio mettere a sedere per terra. Mi abbraccia. «Chi era?» chiede sconvolta. Mi alzo. Guardo il volto del nostro nemico. Era ancora scuro.


Anna mi porge la mano. «Ora svegliati!» Cosa? «Svegliati! Mi fai male!» mi sento smuovere.


Anna mi sta cercando di svegliare. Ho una mano stretta al suo braccio. «Che cazzo?» mollo la presa.


«Ma che cazzo ti è preso?» Si alza Anna dal divano. Mi guardo intorno disorientato. «Era solo un sogno...» Esclamo con il fiatone. «E quello lo chiami sogno?» Esclama Anna. «Quello era un incubo!» Non capisco più niente. Ne ho avuti di incubi. Anzi, ho avuto solo incubi negli ultimi due mesi. Ma questo. Questo era differente. In ogni incubo venivo portato all'esasperazione, al delirio, al dolore. In questo mi sono difeso. Ho ucciso il demone. Ho ucciso il mostro.


Sono ancora sconvolto. Sento il sudore uscire da ogni poro della mia pelle. Guardo Anna. «L'ho sconfitto!» esclamo. Anna mi guarda confusa. «Chi?!» Si butta sul divano. «Tommy... ho sconfitto Tommy.» «Tommy? Tu l'hai sconfitto. Non avevamo detto che non avresti più indagato su di lui?» «No... non ho indagato su Tommy. Ti ho parlato di questi miei incubi ricordi?» Anna fa un si con la testa. «E ogni volta c'era lui che mi faceva del male. Questa volta era diverso...» «L' hai sconfitto?!» «Si, ma...» Ripenso a quella figura, non era chiaro il suo volto. Era scuro. Tenebroso. «Ma?» «Ma questa volta non era Tommy» Anna mi fissa molto confusa. «Quindi nel tuo sogno hai sconfitto Tommy ma non era Tommy... devo dire che fai dei sogni sensati!» «Si... cioè no... insomma... Anna sono stanco, è piena notte. Ora come ora voglio darmi una pulita per togliermi questo sudore appiccicoso di dosso e andare a letto.» «Quello che ogni donna si vuole sentir dire...» Sospira. «Il bagno è laggiù... vai pure a farti una doccia!» Mi alzo dal divano e vado in bagno.


Entro dentro la doccia. L'acqua era fredda ma dopo qualche minuto divenne quasi bollente. Chiudo gli occhi. Amo questa sensazione. L'acqua che mi scorre addosso. Mi entra nel naso, riesco a sentire il suo odore, la sua freschezza. È una sensazione di profonda beatitudine, di estasi. Fare quel bagno mi ha aiutato a rilassarmi e soprattutto a riorganizzare il mio cervello. Il mio pazzo, strambo, ormai andato, cervello. Ripenso al mio incubo. Doveva avere un significato. Doveva pur voler dire qualcosa. Sento di essere vicino alla soluzione. E poi capisco. Devo chiamare Giulio


TOMMYDove le storie prendono vita. Scoprilo ora