Verso la sera sono di nuovo a Milano e dopo qualche ora di viaggio raggiungo finalmente la stazione parecchio stanco ed esausto. Mi balena un senso di colpa enorme dentro e cerco di attenuarlo pensando che a lui non importa, non riesco nemmeno a pronunciare il suo nome, sono un caso perso.
Sal : Ste ! Stefano ? Stefano ! Sono qui, hey !
No, devo essere impazzito, lui dovrebbe essere via con gli amici. Giro la testa Ma non lo vedo, sicuramente sto impazzendo, faccio per uscire ma sento una mano che mi blocca il polso.
Sal : Certo che sei proprio sordo eh, sto urlando per tutta la stanzione e non mi hai nemmeno visto.
Si batte una mano sulla fronte scuotendo leggermente la testa e mi abbraccia. Sento il mio stomaco fare delle capriole e cerco di sembrare il più naturale possibile ricambiando L' abbraccio.
Ste : Ma non eri a Venezia con gli amici per le feste ?
Sal : Sono tornato prima, Simone, quello bassino con i capelli rossastri, ha avuto un' intossicazione e comunque non avremmo potuto fare molto così sono tornato e ho pensato di venirti a prendere. Ma tu invece ? Divertito a Firenze ?
Ste : Io.. si, ho rivisto la Marina
Sal : Davvero !? Caspita, è andata tanto male ?
Forse mi sono sbagliato, ma ho sentito una nota di felicità in quella frase, non la solita tristezza che un amico rivolgerebbe dopo una rivelazione suonata abbastanza cupa.
Ste : Ci siamo rimessi insieme, o almeno credo, cioè più che altro, insomma siamo finiti a letto insieme.
Sal : Oh, capisco, sono felice per te.
Aveva la voce piatta, completamente priva di emozioni, mutata parecchio da quella gioiosa e sollevata di prima.
Ste : Davvero ?! Perchè a me non sembri per niente felice, e sinceramente non ne capisco il motivo.
Sal : Oh beh, invece tu hai mostrato la gioia più grande nel dirlo, vero ?
Ste : Cosa ?! Io.. certo che sono felice, e non vedo questo cosa centri. Come diamine siamo finiti a litigare sulla mia vita sentimentale ?! Non sono affari tuoi a quel che rammendi.
Pronuncio quelle parole senza riprendere nemmeno fiato e solo dopo mi rendo conto di quello che ho detto, mi rendo conto soprattutto del tono con cui L' ho detto, cerco il suo sguardo per osservare la sua reazione, ma non mi guarda, sta in silenzio e fissa un punto davanti a lui rendendomi partecipe di uno dei dolori più grandi, L' indifferenza.