21. Cenerentola esce dal suo bozzolo

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Ad un certo punto della notte – o, forse, della mattina – sento scomparire il secondo peso che opprime il materasso del mio letto. Una vocina, nei meandri della mia testa, mi sussurra di aprire gli occhi, ma la mia pigrizia e la mia poca voglia di accogliere il nuovo giorno mi portano ad ignorare quel sussurro.

Scivolo di nuovo via, in quella dimensione dei sogni dove ognuno può diventare l'eroe della sua storia o semplicemente vivere la vita che ha sempre desiderato.

Quando mi risveglio, dopo un'ora o forse persino molto più, mi ritorna alla mente la promessa che ho fatto ad Aeron. Il fatto che lui non sia qui, però, mi fa pensare che forse potrò evitare anche oggi di abbandonare il mio bozzolo di lenzuola.

Il mio sogno si infrange una frazione di secondo dopo, nel momento in cui la porta del bagno si spalanca con violenza per abbattersi sul muro laterale.

«Buongiorno Cenerentola!»

C'è una gioia fastidiosamente contagiosa nella voce di Aeron. Mi volto verso di lui, tentando di non dare di matto nel momento in cui mi rendo conto che ha pensato bene di farsi una doccia ed ora è praticamente seminudo.

«La Bella Addormentata.» Mormoro con la voce improvvisamente bassa, un po' per l'imbarazzo e un po' perché mi sono appena svegliata. «È la Bella Addormentata, non Cenerentola.»

«Come se facesse qualche differenza!»

Lo guardo camminare con nonchalance nella stanza e avvicinarsi all'armadio, cominciando di nuovo a frugare negli abiti e nella biancheria che vi sono all'interno. Ma allora è un vizio!

Con un unico balzo faccio volare via le lenzuola e mi alzo dal letto, separando Aeron dal guardaroba prima che abbia l'occasione di ricordarmi di nuovo che anche lui indossa le mutande... in genere, non in questo momento, ricordo a me stessa con una punta di nervosismo.

Lui si allontana con un sorrisetto beffardo, come se avesse previsto le mie mosse e avesse infilato la testa nell'armadio proprio per costringermi ad alzarmi. Adesso sono io quella che si immerge tra i panni, cominciando a scavare in quella moltitudine di maglie e pantaloni alla ricerca di niente in particolare.

«Quale onore vederti alzata, pensavo di doverti trascinare di peso nel bagno e di essere costretto a lavarti tutto da solo.»

La mia risposta a quest'affermazione è una maglia appallottolata che si abbatte dritta sulla faccia di Aeron. O, almeno, spero che sia finita sulla sua faccia; non mi sono girata per controllare che il mio tiro andasse a segno.

Lui sghignazza, ma a quanto pare non ha intenzione di riprendere a parlare per il momento. Io recupero una maglia azzurra e un paio di jeans, nascondendo la biancheria sotto questi ultimi. Chiudendo l'armadio con un colpo di anca, mi rifugio nel bagno, costringendomi a non lanciare un ultimo sguardo al ragazzo che se ne sta in piedi davanti al mio letto con solo un asciugamano addosso.

Non appena chiudo la porta alle mie spalle sento la tensione che non sapevo neanche di aver accumulato scivolare via.

Appoggio i panni piegati sulla vasca, concedendomi, per la prima volta dopo tutti quei giorni, di darmi un'occhiata allo specchio. Ed è in quel momento che mi rendo conto che di certo non ha giovato al mio aspetto restare raggomitolata per lungo tempo nel letto.

I miei capelli sembrano una brutta imitazione di una parrucca per un costume da Einstein: dei fili castani elettrizzati che hanno ormai preso vita propria, dirigendosi un po' dove pare a loro. Non posso neanche garantire che non ci sia un pulcino al loro interno.

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