7- Brian

5.7K 305 17
                                    

Per Stiles, svegliarsi, accoccolato sul petto nudo di Derek, nonchè suo killer, rapitore e torturatore, fu un grosso shock.
Il battito cardiaco dell'uomo aveva risvegliato il ragazzino da un sonno profondo, e , accortosi della stramba situazione in cui verteva, si era ritrovato ad arrossire pudicamente come una ragazzina di fronte al suo cantante rock preferito, su cui ha più volte fantasticato, magari con l'aiuto di un qualche ridicolo poster appeso al muro.
Si sollevò di scatto, non riuscendo a celare il rossore accesosi sulle guance e, come se non bastasse, la sua carnagione pallida contrastava in modo allarmante con il colore scarlatto delle gote.
Perchè tutto questo imbarazzo?!
-T-tu ... ehm ... Che ci fai qui?
Derek inarcò un sopracciglio, in maniera stramaledettamente sexy, tra l'altro.
- Sai, fino a prova contraria, è camera mia.
- Ahsi, certo, ma io, ecco, intendevo .. Cosa ci fai qui, accanto a me, nello stesso letto in cui, fino a poco fa, dormivo..?!
Derek sorrise malizioso.
- Questa notte non sembrava essere un problema per te ...
- Co- Cosa ?! Questa notte ?! Di ... Di che diavolo stai ... ?! - il ragazzino si fece paonazzo per la vergogna.
Oh cavolo, non dirmelo, non può essere ... Eppure, è ... è a petto nudo! Oh merda!
E Derek, a quella vista, rise, rise di cuore.
ODDIO.
Stiles aveva sempre pensato che quel moro fosse bello, sì, fottutamente bello, ma quando rideva, cavolo, era indescrivibile.
Quella risata mozzava il respiro: i denti erano perfetti, bianchi, candidi, allineati, il suono era musicale, piacevole, e gli occhi, gli occhi brillavano di una luce soffusa e tiepida.
Stiles avrebbe volentieri riso con lui, se la situazione non fosse stata così tragica.
Derek riprese il controllo, lanciandogli un'occhiata divertita.
-Tranquillo, principino, non ti ho sfiorato nemmeno con un dito.
Hai solo fatto un brutto sogno, e l'unico modo per tranquillizzarti è stato quello di restarti accanto tutta la notte.
- Ah ..
- Non sembri molto felice nel sapere di essere ancora vergine.
- Come? - Stiles distolse lo sguardo, nuovamente paonazzo.
- Si vede lontano un chilometro che sei vergine.
Il ragazzino non ribattè, rimase in silenzio per i minuti successivi.
Derek osservava quel visino leggermente imbronciato e corrucciato, e quegli occhi quasi spenti. Non doveva essere stato un semplice "brutto sogno ".
Qualcosa di più.
Il moro preferì non indagare, e si sollevò dal materasso, raccattando una camicia dall'armadio e infilandosela, annodando pochi bottoni.
- Aspetta, per favore !
Derek lo guardò di sbieco.
- Per quel " per favore ", potrei anche restare.
Stiles si morse il labbro.
- Ecco, mi spiace averti disturbato stanotte, cioè, voglio dire, non erano affari tuoi e ...
- Ahhhh, ma sta' un po' zitto ragazzino.
Stiles osservò la sua espressione esasperata e sorrise, mentre il moro usciva dalla stanza, sbattendo la porta.

Nel pomeriggio Stiles si sentiva più ristorato, la febbre era scesa notevolmente: il killer aveva scelto i farmaci giusti a quanto pare.
Cora era uscita, e la mancanza della ragazza si avvertiva notevolmente nella casa.
Stiles, per passare il tempo, aveva preso a disegnare e a scarabocchiare su un blocco da disegno, rinvenuto da lui stesso, per caso, in cucina.
Derek sedeva accanto al giovane, intento a studiare e appuntare la biografia dell'ennesima vittima.
Stiles gli lanciava occhiate di sfuggita, distogliendo di tanto in tanto la sua attenzione dal blocco.
- Sai, anche se mi devi uccidere, non vuol dire che non possiamo conoscerci meglio ...
Cosaa? Ma che cazzo spari, Stiles?
Derek sollevò lo sguardo dalle varie scartoffie.
- Ci stai provando con me, moccioso ?
Stiles boccheggiò.
- NO! Era solo per parlare un po', ecco ...
- Non mi piace parlare di me.
- Ah, beh, neanche a me fa impazzire ...
- E allora taci.
Stiles sgranò gli occhi, e si imbronciò, leggermente offeso.
-Sono nato a New York. I miei erano in vacanza, alloggiavano in un albergo a Manhattan, io sono nato prematuramente, per cui mia madre ha dovuto farsi ricoverare urgentemente in ospedale.. Sono cresciuto con mia madre e mia nonna, odio mio padre. Era un'artista, sai? Mia nonna intendo..
Derek lo fissò, vagamente seccato.
- E' stata proprio lei a volere che mi chiamassi Stiles, sai, come il mio bis-nonno, artista anche lui. Frequento un istituto d'arte e sono abbastanza bravo, ma non ho mai saputo cosa fare una volta finiti gli studi. Mi sarebbe piaciuto cambiare completamente campo. Chissà, magari psicologia? Sono sempre stato timido e riservato, i pochi veri amici che avevo li ho persi del tutto dopo la morte di mia madre. Solo dopo sono arrivati Scott ed Isaac. Mia madre è stata uccisa brutalmente, non ho mai saputo da chi. Da allora mi sono chiuso in me stesso, poco dopo è morta la nonna...
Il moro stranamente non lo interrompeva, prestandogli anche attenzione, mentre il ragazzino si sfogava liberamente.
Già, era questo il motivo per cui Stiles aveva preso a parlare come una macchinetta della sua vita, per di più con un perfetto sconosciuto.
In quel momento doveva parlare, doveva parlare con qualcuno, di qualunque cosa.
Derek si era accorto che il giovane, dopo essersi ricordato dell'incubo, avuto la notte precedente, aveva cominciato a sentirsi e a mostrarsi confuso, nervoso, spossato, vulnerabile.
Per una volta l'uomo mise da parte il suo orgoglio, il suo lato stronzo, e ascoltò, rimase in silenzio ed ascoltò.
-Della scuola non m'importa nulla, già, la frequento solo per avere un'istruzione. E, hai presente quella cosa del primo giorno di scuola? Che dicono non si scordi mai?
Bè, è una stronzata. Io non mi ricordo assolutamente niente del mio primo giorno di scuola.
Però mi ricordo nitidamente la morte di mia madre, cazzo, e questa notte l'ho sognata ancora, per la milionesima volta, e c'erano anche loro, Scott ed Isaac, sai? e mi guardavano con rabbia, e con tono di accusa mi urlavano, ora so cosa mi urlavano!, "Perchè ci hai abbandonati? Dove sono i nostri corpi? Ti sei scordato di noi?" e poi ancora  "Noi ti aspetteremo Stiles, ti aspetteremo" e io ho paura! Tutti muoiono, ma ho paura, ho paura perchè non ho mai conosciuto il vero amore, la vera felicità, solo dolore, dolore, dolore e non voglio morire così.. E non so neanche perchè ne sto parlando proprio con te, io davvero non lo so!
Derek si sporse e, con uno scatto, spinse la testa del giovane contro il proprio petto.
Stiles ammutolì, e calò il silenzio. Il ragazzino si imponeva di essere forte, ancora una volta, e di non piangere, di mantenere la calma.
E non ce l'avrebbe fatta senza l'aiuto del moro, che non commentò, non disse una parola, riprendendo a sfogliare le scartoffie.
Il fruscio dei fogli girati, il battito del killer ed il ticchettio dell'orologio cullarono Stiles, che ben presto si tranquillizzò.
-Sono nato a Corona, in California.
Stiles sgranò gli occhi, un po' stupito.
-I miei gestivano un piccolo ristorante nel centro della città, un lavoro certamente impegnativo. Facevano i turni, mia madre la mattina, mio padre la sera.
Poi lei morì, e gli affari precipitarono. Mio padre non riusciva a gestire il ristorante, poichè doveva, in contemporanea, badare a noi. Io davo una mano, per quanto possibile, ma avevo solo otto anni, Cora due. Mia sorella richiedeva molte attenzioni, com'è normale per una bimba della sua età, ma non potevamo permetterci una baby-sitter e tutti i nostri parenti abitavano troppo distanti per darci una mano. Capitava che mio nonno spedisse un po' di denaro in busta ogni tanto, ma non era poi così ricco e mio padre lo rifiutò diverse volte, vergognandosi di portar via, in parte, la pensione ad un anziano.
Così, dovette chiudere il ristorante. Ma, al contrario di quello che mi sarei aspettato, le cose migliorarono. Mio padre trovò velocemente un altro posto di lavoro, dove era ben retribuito, e noi potemmo riprendere una vita regolare. Un elettricista, così egli si dichiarava.
Stiles incontrò gli occhi ironici del moro.
-Era un killer di professione. E anche piuttosto bravo. A causa della situazione così disperata, aveva cominciato ad uccidere gente a pagamento. Sei ben pagato, sai? E' il minimo, visto che rischi la vita tutto il giorno.
-E visto lo squallore del lavoro, che immagino nessuno voglia fare. - aggiunse Stiles fra sè e sè.
Derek non ribattè, riconoscendo, in fondo, la veridicità di quell'affermazione.
- Comunque sia, la nostra vita trascorse serena per un po'. Finchè non scoprii il vero lavoro di mio padre. Avevo sedici anni, ormai. Era un giovedì, il giorno che più odio di tutta la settimana. Mio padre, quella notte, rincasò molto tardi, con una ferita incurabile allo stomaco. Sarebbe morto lentamente, con lo stomaco bucato, dopo qualche ora. Mi svegliò, mentre lasciò dormire Cora. E mi raccontò tutto. Si era profondamente pentito di esser diventato un assassino, e non voleva assolutamente che io seguissi la stessa strada, ma dovevo farlo. Dovevo proteggere Cora. Inoltre mio padre aveva lasciato un lavoro in sospeso, ci avrebbero trovati e uccisi per non lasciare testimoni: insomma, un bel casino.
-"Io non voglio che tu lo faccia, non voglio, non voglio, perché? perché?".-
Mio padre era come impazzito. Io non lo biasimo, si è sacrificato per noi, è diventato un mostro per salvarci, si è messo da parte, si è trascurato.
- Anche tu lo stai facendo, ma per chi? Ormai Cora è grande e responsabile! Puoi smettere, puoi chiamarti fuori da tutto questo ...
-Non è così semplice. L'organizzazione non ti lascia andare così facilmente. E ormai fa parte del mio DNA. E non ti negherò che questa vita mi piace. Non mento mai a me stesso: mi piace essere un killer. Sei costantemente sul filo del rasoio, tra la vita e la morte. Mi sento.. vivo.
-Quindi, questo lavoro ti fa sentire vivo? Perchè provi l'ebbrezza, l'adrenalina di trovarti costantemente di fronte alla morte? - Stiles si sollevò. - Questo non è essere vivi! Si vive sempre per qualcosa, per un sogno, una persona, un ideale! Tuo padre viveva per voi, uccideva per voi, moriva per voi.
E tu? Tu lo fai per puro divertimento, niente di più. Questo non è vivere, Derek. Se vivi in questo modo, allora sei già morto.
-Cosa ne sai, tu?! Che puoi saperne tu? Non tutti desiderano vivere come te, ragazzino!
Stiles non si scompose: per la prima volta rimase impassibile di fronte alla furia del moro.
-Con questa affermazione, hai confermato ciò che ho detto. Tu non vuoi vivere, e non vivi. Stai bruciando la tua vita. Non dovresti sprecare un'occasione del genere! Molti ti invidiano per quello che hai, moltissimi! Io compreso! Io, fra qualche giorno, sarò morto, capisci? Morto. E non tollero vederti vivere in questo modo.
Devi rinascere, e anche in fretta. Trova qualcosa per cui vivere. Altrimenti resterai morto dentro per sempre.
Fu un attimo, e il moro si gettò sul ragazzino.
Stiles per un istante temette per la propria vita, cercando di trarsi indietro, ma Derek lo aveva saldamente afferrato per un braccio, sollevandolo quasi di peso, ovviamente ignorando le lamentele del povero giovane, e spingendolo sul divano con una certa forza.
Stiles cercò a tentoni di risollevarsi, visibilmente confuso, ma i suoi tentativi di fuga furono impediti dal corpo del killer, che schiacciava quello del giovane contro i cuscini del divano.

O h m i o D i o .

Questo ebbe il tempo di pensare il ragazzino prima che Derek lo baciasse violentemente, afferrandogli alcune ciocche di capelli per tenerlo fermo, prima con presa rude, poi via via attenuando la stretta..
Stiles mugolò sorpreso, chiudendo gli occhi, vinto dal piacere e dal desiderio, la forza e al tempo stesso la dolcezza di quelle labbra lo conquistarono.
Le lingue si muovevano, danzavano a ritmo alterno: violento, poi lento, delicato, sinuoso, ancora violento.
Le labbra schioccavano, i respiri affannati erano accompagnati dal fruscio degli indumenti che le mani sfilavano, rapide quelle del killer, un po' più imbarazzate quelle del giovane.
Il tessuto dei jeans del moro accarezzava ora la stoffa del sofà, ora i jeans più scuri del ragazzino.

Nessuno mi si è mai rivolto in questo modo.

Le mani correvano sulla pelle liscia, candida e giovane del ragazzino, sfiorando il collo, il petto, lo stomaco, scivolando inesorabilmente verso il basso.
Lo desiderava.
Quel ragazzino così arrogante, petulante, fastidioso, insicuro, superbo, suo.
Derek osservò quel corpo snello e flessuoso, il petto delineato da pochi muscoli accennati, il ventre delicato e liscissimo al tatto, il collo piegato e attraente, invitante.
Toccò quel sedere sodo, le gambe eleganti e slanciate.
Quel ragazzino era perfetto, l'armonia e la bellezza fatte persona.

Perché? Perché tutto questo?

Stiles gemette, le labbra del killer che lo ricoprivano di baci, dietro il collo, sul mento, sulle palpebre, sul petto.
Ardeva, ardeva in tutti i sensi, non riusciva a resistere a quelle carezze decise e delicate.
E si lasciò andare, inarcando lievemente la schiena e socchiudendo gli occhi quando Derek sfiorò con le labbra i boxer, che avvolgevano il membro teso.
Perché?
La risposta giunse un secondo dopo, scortese quasi, senza bussare, e senza che il giovane lo volesse, quando le mani del killer sul suo petto sembrarono attraversare, bucare la pelle per giungere dritte al cuore, e avvolgerlo, tenerlo stretto, procurandogli quasi una piacevole fitta, un colpo.
Come un urlo di allarme.
E così in fretta, così improvviso.
Mi sto innamorando di lui .


Un telefono squillò.
L'uomo posò il sigaro nel posacenere, sporgendosi di poco per afferrare la cornetta.
-Stefan ?
-Brian, siamo pronti.
Brian fece aderire le spalle allo schienale della poltrona, riprendendo distrattamente il sigaro nella mano destra, e sorrise languidamente.
-Ottimo.

Love Is All We Need - Sterek AU [Remake]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora