Un altro guaio
Il signor Rinh era a capo della fila.
Facendoci strada a bordo della sua sedia, ci guidò attraverso le grandi
sale rimbombanti del museo, davanti a statue di marmo e a vetrine piene di vecchissimi vasi neri e arancione.
Non riuscivo a credere che quella roba fosse sopravvissuta per due o tremila anni.
Rinh ci riunì attorno a una colonna alta quattro metri, con una grossa
sfinge in cima, e cominciò a spiegare che si trattava della lapide, o meglio
della stele, di una ragazza all'incirca della nostra età. Ci raccontò qualcosa anche delle incisioni sui lati. Io cercavo di ascoltare, perché era più o meno interessante, ma i miei compagni non facevano che chiacchierare e ogni volta che provavo a dir loro di piantarla, la professoressa Oddis mi fulminava ⚡️con lo sguardo 👀.
La Oddis era una donnina della Georgia che insegnava arte e indossava sempre un giubbotto di pelle nera, nonostante i 60 anni, passati.
Aveva l'aria di una capace di piombare a scuola in moto solo per sfondarti l'armadietto. Era arrivata alla Diffy a metà anno, quando il nostro ultimo professore di arte si era beccato l'esaurimento nervoso.
Dal primissimo giorno, la Oddis aveva amato Sebastiano alla follia e inquadrato me come la figlia del demonio. Mi puntava contro il suo dito 👆 e diceva: - Ora, cara... - in tono molto dolce, e io capivo che sarei finita in punizione per un mese.
Una volta, dopo che mi aveva tenuta fino a mezzanotte a colorare tante volte delle mele🍎 poi delle pere 🍐 e infine dei limoni🍋 senza neanche uno spazietto.Mi ricordo che avevo detto ad Alberta che pensavo che la Oddis non fosse umana. Lei mi aveva guardato, serissima, e aveva replicato: - Hai assolutamente ragione.
Il signor Rinh continuava a parlare dell'arte funeraria.
Sebastiano Gritto fece una battuta sul tizio nudo della stele e io alla fine esplosi: - Vuoi chiudere quella boccaccia?
Mi uscì più forte di quanto avessi voluto.
Tutto il gruppo si mise a ridere. Rinh interruppe la sua storia.
- Yancy - disse. - Vuoi fare qualche commento? Diventai viola. - No, signore.
Lui indicò una delle figure sulla stele. - Forse vuoi dirci cosa rappresenta questa immagine?
Guardai la scultura avvertendo un'ondata di sollievo, perché la riconoscevo. - È Crono che divora i suoi figli, giusto?
- Sì - confermò, poco soddisfatto. - E lo fa perché...
- Be' - mi sforzai di ricordare. - Crono era il dio sovrano e...
- Dio? - ripeté Rinh.
- Titano - mi corressi. - E... non si fidava dei suoi figli, che erano dei. Perciò, ecco, li ha divorati, giusto? Ma sua moglie ha nascosto il piccolo Zeus e al suo posto ha fatto mangiare al marito una pietra. Poi, quando Zeus è cresciuto, con l'inganno ha costretto Crono a vomitare i suoi fratelli e le sue sorelle...
- Bleah! - commentò una delle ragazze alle mie spalle.
- ... e così c'è stata una grande battaglia fra gli dei e i Titani -
continuai - e gli dei hanno vinto.
Risatine sparse.
Dietro di me, Sebastiano Gritto borbottò a un amico: - Come se questa roba servisse a qualcosa nella vita vera. Come se nelle domande di assunzione ci fosse scritto: "Spieghi perché Crono ha divorato i suoi figli."