Capitolo 6

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Mi appoggio con le mani sulle ginocchia e aspetto di prendere fiato. Sento le pulsazioni del mio cuore in gola, e il sudore gelido scendere sulle mie braccia. Caspita che scarica di adrenalina!       Mi riprendo un attimo, mi riavvio i capelli e prendo il cappello che ho sempre nello zaino. Penso proprio che i miei capelli in questo momento siamo inguardabili.

Lei invece sembra u angelo maltrattato, un cucciolo pronto però a mordere chiunque  le si avvicini. Ho timore di chiederle perchè la stavano pestando e non vorrei di certo impicciarmi di cose che non mi riguardano. Certo è che più la guardo e più la voglia e la curiosità di sapere si fanno forte in me. 

Ha il volto davvero messo male, ma non posso avvicinarmi, con il permesso di chi posso toccarla? Penso a qualcosa di veloce e la prima cosa che mi viene dico.

- Non abbiamo timbrato il biglietto... se dovesse farsi vivo un controllore...   Aspetta ma su che treno siamo? Io devo tornare  a casa mia.

Non so se dico qualcosa di sbagliato, o le si accende una lampadina, ma quella ragazza dai lunghi capelli biondi, mi guarda, mi afferra la mano e mi porta nella toilette del bagno.                     Non penso di aver mai capito nulla di ragazze e la mia faccia a punto interrogativo, penso la sproni a dire giusto qualche parola.

- Qui nessuno verrà a chiederci il biglietto.

Ci chiudiamo in uno stanzino piccolissimo e l'unica cosa a cui penso è riposarmi. Mi siedo a terra, prendo la chitarra e la adagio accanto a me.   All'improvviso la vedo agitarsi, ma non capisco perchè. Sto per rassicurarla, qui nessuno verrà a cercarla. E poi ci sono io...

Ma ho capito cosa le serve. Frugo per qualche secondo nella mia borsa e li trovo. Mi alzo di scatto e credo di farle paura, ma non lo dà a vedere. Tosta lei.

Mi avvicino piano piano a lei e al lavandino. Sento il suo fiato sulla mia giancia, ma non posso fare altrimenti. Devo bagnare il fazzoletto, il bagno è piccolo e lei si è messa giusto tra me e il lavandino. O almeno questa é la scusa che mi sto raccontando.  

Finisco di bagnare il fazzoletto, lo strizzo e prima di toccare il suo viso, le faccio cenno.

- Posso?

Annuisce senza problemi e inizio a tamponarle il sopracciglio rotto. Le scosto i capelli e tra quella  massa informe scorgo tra le sue lacrime degli occhi stupendi! Sono di un colore smeraldo, ma di quelli magnetici. Mi fermo alcuni secondi ad ammirarli ma poi riprendo perchè altrimenti sembrerò un idiota che non ha mai visto una ragazza così. E non avrebbe tutti i torti a pensarlo.

Non so cosa poi rompe questa sorta di "magia" che si è creata di noi, ma fredda mi domanda:

- Ora ti aspetti un "Grazie"? 

Nella mia vita non ho mai preteso o atteso nulla da nessuno. Penso che questo lo sappia chiunque mi conosce e debba capirlo anche lei.

- No. Non sono il tipo che sia aspetta qualcosa dagli altri.

La spiazzo. Lo sento perché la sua espressione facciale cambia e mentre le tampono la guancia, si rilassa visibilmente.

Non credo di aver raggiunto una confidenza tale, ma ci provo.

- Mike.

- Come?

- Il mio nome è Mike.

Nessuna risposta. Forse ho corso troppo. Finisco di pulirle il viso e prendo un elastico che ho in borsa per i libri e le lego i capelli.

- Non... serviva.

Mi faccio da parte, ma non penso di esserle indifferente. Certe cose si avvertono. 

- Siamo in arrivo alla stazione metropolitana...

- Scendiamo qui.

Penso che non riesca più a reggere in questa stanza. La sento, coninvolta, ma mi starò sbagliando.

Mi afferra la mano libera, mentre con l'altra tengo la chitarra.

Non ho idea di dove siamo capitati, ma vedo solo terra e quasi nessuno in giro.

- Hai un cellulare? 

- Si. Ho dei soldi nel mio zaino... Lo zaino!!! 

Ormai il treno è partito e ho perso anche tutto il lavoro fatto da Bruno. 

- No. Ho solo un cellulare. Che...

Nemmeno stessi in un film scadente in cui al protagonista capitano di tutti i colori, prendo il cellulare e si scarica la batteria!!!

- Siamo solo io e te. Tu non hai un cellulare? 

- L' ho perso mentre correvo.

- Giusto.

Non so dove siamo, sono senza cellulare e senza soldi.

- Dobbiamo trovare un modo per andarcene da qui. Tra poco farà notte e non è sicuro stare qui.

Sistemo meglio la chitarra sulla spalla e con o senza il suo permesso le afferro la mano e la trascino con me.

Il terminal é chiuso, tanto per cambiare. Fuori dalla stazione non c'è un'anima e non saprei dove prendere un misero centesimo.

- Credi di riuscire a lasciarmi la mano?

- Sto pensando a cosa potremmo fare. Pare che per stanotte saremo bloccati qui.

- Sempre meglio che tornare indietro.

Il fatto che preferisca un posto sperduto e buio che a casa sua, mi fa pensare che scappa da qualcosa di grosso. Ma ancora non è arrivata l'ora di indagare. 

- Che ne dici se giriamo un po' e troviamo un post dove stare e qualcosa da mangiare? 

- Ok.                       

Le lascio la mano, come mi aveva chiesto, ma istintivamente me la afferra di nuovo e la guardo spaesato. Forse talmente tanto che merito una spiegazione.

- Non conosco nessuno se non te. Quindi non mi giudicare.

Perfetto! Devo lasciarla, ma tenerla vicina, la conosco ma in realtà non so nemmeno come si chiama. La serata non può andare meglio di così!

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