Capitolo 7

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Troviamo in fretta un muretto, sotto la stazione, lontano dal venticello fresco delle notti di settembre a New York. O dovunque siamo. 

- Domani mattina cercheremo qualcuno che ci faccia fare una chiamata. Col cell morto, siamo messi così almeno stasera. Mi sarebbe bastata una chiamata...

Mi rendo conto che sto parlando da solo. Lei non mi ascolta, pensa a sedersi sul muretto e a coprirsi le gambe. Non mi ero accorto prima che indossava un vestitino. Un vestitino a righe rosa e grigie. Pare aver freddo, ma le ferite mi preoccupano di più.

- Come sta la tua faccia? 

Istintivamente mi avvicino e con la mano cerco di sfiorarle il volto, ma faccio una cazzata e si chiude su se stessa a riccio.  Mi rendo conto che magari pensa che anche io voglia farle del male, ma cazzo, perchè mai mi sarei messa nei casini per lei? Per maltrattarla dopo? 

Valle a capire le ragazze!!! 

Prendo il giubbotto e glielo metto sulle gambe, mentre mi guarda esterrefatta. Siamo nel buio pesto sperduto di questa città. Chissà mio padre cosa sta combinando. Si sarà sicuramente preoccupato, come minimo ha ingaggiato l'FBI per cercarmi su tutto la superficie terrestre.  Mi scappa da ridere e vedo intanto questa ragazza dai lunghi capelli biondi, guardarmi incuriosita.

"- Ricorda Mike. Nulla crea più empatia di una canzone cantata, voluta, sospirata, canticchiata in due."

Questo è quello che diceva sempre il mio maestro di musica. Mi ha insegnato a suonare la chitarra, il pianoforte e la batteria. So scrivere musica da me, ma non vado mai mostrando le mie doti a tutti, come se vendessi pesce al mercato. Le persone vanno conquistate e i propri doni svelati a poche persone. Non so perchè a lei ho voglia di mostrargliele. Non per vanto o per adulazione. Voglio trovare un modo per comunicare con lei. La notte è lunga e non voglio passarla a fissare il cielo. Stasera ci sono tantissime belle stelle, ma come faccio  a rangiungere loro, se quella che ho sotto il naso non mi parla?

Decido di prendere allora la mia Clo'. La caccio fuori dalla custodia e mi appoggio comodo al muretto non troppo vicino a lei.  Strimpello qualche nota mentre trovo una canzone che possa aprire il suo cuore e la sua bocca e intanto mi fissa come se fosse per la prima volta davanta ad una chitarra.

Inizio, incurante dei suoi occhi, incurante della sua pelle livida e dei suoi gonfiori. Quei bastardi dovrebbero avere le palle tagliate a quest'ora per quello che le hanno fatto.

" There she goes in front of me
Take my life and set me free again"

La guardo diritto negli occhi. Sento una strana alchimia...

"We'll make a memory out of it
Holy road is at my back
Don't look on, take me back again
We'll make a memory out of it

We finally fall apart and we break each other's hearts

If we wanna live young, love, we better start today

It's gotta get easier, oh easier somehow
'Cause I'm falling, I'm falling
Oh easier and easier somehow
Oh I'm calling, I'm calling
And it isn't over, unless it is over
I don't wanna wait for that
It's gotta get easier and easier somehow
But not today
Not today..."

Mi fermo. Il pletto non si muove di un centimetro. Sul suo viso cade una lacrima e mi guarda dritto negli occhi. Pochi istanti, intensi, prima di svegliarsi, come catturata dalla mia magia e si stropiccia gli occhi asciugandosi le lacrime.

Come se niente fosse il plettro riprende e...

"It's gotta get easier, oh easier somehow

'Cause I'm falling, I'm falling
Oh easier and easier somehow
Oh I'm calling, I'm calling
And it isn't over, unless it is over
I don't wanna wait for that
It's gotta get easier and easier

So come with me
You'll come with me, eh eh eh
So come with me
You'll come with me, eh eh, eh..."

- Smettila!

Mi arresto d'impatto. 

- Mi stai facendo piangere.

- Spero di gioia...

- Sei bravo... Mike.

- E tu sei troppo sensibile...

- Sono bravi. Chi sono?

- Imagine Dragons.

- Mai sentiti.

- Come ti senti?

- Abbastanza frastornata e infreddolita.

Le faccio un sorriso. Più di questo non posso offrirle. Prendo il giubbotto e glielo tiro ancora più sulle gambe. Mi giro per stendermi dall'altra parte del muretto, ma mi rialzo subito quando sento:

- Sarah.

- Come, scusa.

- Mi chiamo Sarah. E... grazie. Di tutto.

E in quell'istante capisco cosa intendesse il signor Wallace, il mio insegnante di musica quando diceva che la musica è la chiave di ogni cuore.

C'è cuore e cuore. E chiave e chiave. E mi pare che stasera c'ho azzeccato tutte e due.

- Riposa adesso. Domani dobbiamo ritornare a casa. E fare colazione.

- Buonanotte.

Io non chiudo occhio. Per forza. In mezzo alla strada, con una ragazza e con il timore che qualcuno ci possa inseguire.  Inizio a pensare a qualcosa. Tanto per cambiare alla musica. Alla mia musica. Non ho uno straccio di pezzo di carta però.

Tiro dalla tasca il pacchetto di fazzoletti che avevo in treno. E l'unica cosa che mi rimane. Non ho una penna, ma trovo un bastoncino di legno bruciacchiato a terra e inizio a segnare solo le note, mentre guardo Sarah. Vedo i suoi capelli, le sue gambe. E che gambe! 

Non avevo mai visto una ragazza in questo senso, ma Dio, quant' è sexy! Nonostante i lividi, nostante le labbra spaccate e gli zigomi rossi, la bacerei.

Sì! La bacerei, per cercare di capire cosa si provi. È stupenda. Non posso pensare a lei in questo modo. Non so da dove viene, non so la sua storia... ma la bacerei!!! 

Mi concentro sul mio testo. Sarà un testo fatto di chiavi, cuori e labbra.

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