11 Settembre, qualche mese prima
e molti problemi in meno
Mi chiusi la porta della sala mensa alle spalle e, a passo di marcia, mi diressi verso la mia meta.
In fondo alla stanza, obliquo e sulla destra, vi era il tavolo occupato da mio fratello Noah. La scelta, ovvio, non era stata casuale, ma dettata da quella sottile quanto preponderante vena psicopatica del mio imbarazzante consanguineo.
Il suo tavolo ideale doveva essere in fondo, lontano da saluti indesiderati, obliquo, per permettere a lui e i suoi amici depravati di vedere le ragazze, e sul lato est per godere, di riflesso, della finestra vicina. Insomma, una scelta degna di un ossessivo compulsivo.
Raggiunsi mio fratello, in compagnia di un suo amico, e sbattei lo zaino sul tavolo attirando la sua attenzione.
«Ma che fai?» Noah mi indirizzò un'occhiata di traverso e tirò fuori una merendina schiacciata da sotto lo zaino. «Era mia quella.»
Ma per favore!
«È tuo anche il pugno che sto per darti?» E tanti saluti alla calma e i confronti maturi.
Mi osservò interdetto e batté le palpebre più volte. «È forse successo qualcosa?»
«Sì, sei successo tu nella mia vita più o meno diciassette anni fa.»
Ebbene sì, perché Noah non solo in quel momento era la causa di tutti i miei mali, ma era anche mio fratello gemello: un modo come un altro che i miei genitori avevano trovato per comunicarmi che ero destinata a sopportarlo per tutta la vita, sin dai primi istanti senza via di fuga.
Tanto per essere scontati, Noah e io in realtà non avremmo potuto essere più diversi: lui alto fino a toccare i grattacieli, io che a stento riuscivo a farmi vedere dai visori delle porte automatiche. O ancora: lui con degli ordinati e liscissimi capelli, ma soprattutto dei limpidi occhi azzurri, e io... beh, ho già affrontato la questione: in me non c'è nulla di ordinato né di azzurro come il cielo.
E per finire, lui così calmo e razionale, io incasinata e rumorosa.
A onor di cronaca c'era una spiegazione per il mio comportamento, e quella volta non era la mia vena melodrammatica.
Ma per rendere chiare le mie intenzioni e quindi spiegare il mio improvviso istinto omicida nei confronti del mio – ormai non più – fratello preferito, era bene fare una piccola ma significativa premessa.
Jason Parker era tra i ragazzi più carini del suo anno, sempre presente sul podio della classifica interna ai dormitori e soprattutto molto carino – l'avevo già detto questo punto? La cosa più importante, però – e per cui noi siamo qui a parlarne – era che Jason era anche il mio primo, e di questo passo ultimo a causa di mio fratello, fidanzato.
«Ti dice niente "Jason Parker"?» chiesi e Noah impallidì. «E Audrey Dixon?»
«Ah... Hai saputo.»
«Non ci voleva certo un genio.» Afferrai una delle sedie libere e mi sedetti, incrociando solo per poco gli occhi dell'altro ragazzo. «Crystal Reed è venuta da me ieri sera, mi ha abbracciata e detto che posso confidarmi con loro quando voglio. Ah, e che posso stare tranquilla perché Audrey si farà da parte, Jason è tutto mio.»
«Questa è una grande notizia, non trovi?» Noah abbozzò un sorriso e cercò l'espressione complice dell'amico.
«Io non voglio tornare con Jason!» Mi trattenni dal saltargli al collo.
«Dai Leanne» s'intromise il suddetto amico. «Non hai di che preoccuparti, Parker è così stupido che non capirebbe neanche se gli venisse fatto un disegnino.»
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Tutta colpa di un fidanzato per finta
Teen FictionEx "Quando meno te lo aspetti". Disponibile (a breve) su Kindle Unlimited e Amazon [COMPLETA] Leanne Adams ha quindici anni, un equilibrio non invidiabile e una sorprendente tendenza al mettersi nei guai. Alta un metro e sessanta raggiunto a fatica...