02. Risvolti inaspettati

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«Ma è forse la ragazza più carina della scuola quella che vedo?»

Con un sorriso mi voltai verso i migliori amici di mio fratello James e mi avvicinai a loro, già in punta di piedi per raggiungere la loro altezza e stringerli in un abbraccio.

«Ciao, David.» Gli diedi un veloce bacio sulla guancia, prima che una mano lo colpisse dietro la nuca.

«È piccola, idiota» esclamò l'altro mentre la sua risata si diffondeva per tutto il corridoio. Passò un braccio intorno alle spalle dell'amico e mi scombinò i capelli con una mano.

«Non più così piccola, Ryan» scherzai.

Certo, ormai gli amici di mio fratello James erano di casa, a tal punto da considerarli membri effettivi della famiglia, ma niente mi avrebbe fatto dimenticare la cotta – abissale, imbarazzante, paralizzante – che avevo avuto per Ryan tra gli undici e i tredici anni.

A mia discolpa potevo dire che all'epoca gli unici ragazzi che frequentavo in maniera assidua erano miei consanguinei e invece Ryan non solo era grande e carino, ma anche sempre molto gentile e simpatico con me.

E, soprattutto, si era risparmiato le foto del mio primo bagnetto che la mamma mostrava sempre a tutti.

Per cui rimaneva a tutti gli effetti la mia prima e segreta cotta. Fatto che, per inciso, mi sarei portata con me nella tomba piuttosto che ammetterlo ad alta voce.

«Cosa ti porta al piano di noi grandi?»

«Una cugina e un fratello» risposi. «Più il fratello in realtà. È già uscito?»

David scosse la testa e indicò un punto alle sue spalle. «È dentro, credo stia cercando di copiare i compiti di Rebecca.»

Annuii e, con ultimo sorriso, mi avviai verso l'aula. Presi un respiro profondo – perché ero pur sempre una diciassettenne che entrava in una classe di studenti dell'ultimo anno... Tra cui il mio ex – ed entrai.

Rebecca e James, rispettivamente mia cugina e mio fratello, erano proprio lì intenti a discutere con le espressioni spazientite e una ragazza al loro fianco.


Innanzitutto, bisogna tenere a mente delle regole: semplici, insindacabili e che da piccoli ognuno di noi aveva firmato con un po' di saliva – il giuramento di ogni bambino, insomma.

- regola numero uno: presenziare sempre ai numerosi pranzi di famiglia. Di quelli in cui sei costretto a sedere al tavolo dei piccoli, e chi se ne frega se hai passato da tempo ormai l'età delle bambole e dei seggiolini.

- regola numero due: i film si scelgono insieme, senza sé e senza ma, anche se questo debba sottintendere un intero pomeriggio passato a discutere.

- regola numero tre: se si decide di fare un gioco, lo si deve fare tutti insieme. Non importa se sei vittima di un infarto fulminante, sarai sempre ricordato come colui che ha disertato.

- regola numero quattro: se uno dei tuoi cugini più piccoli ti passa una tazzina, tu ringrazi e fingi di bere il tè.

- regola numero cinque: le colpe si condividono, le punizioni sono di tutti e chi fa la spia non merita la torta della nonna.

- regola numero sei: abbandonare in modo definitivo qualsiasi speranza di avere un segreto. La privacy, in famiglia, non esiste.

Quest'ultimo punto mi era abbastanza caro, giacché a cinque anni avevo scoperto James e Noah intenti a leggere il mio diario segreto e avevo sin da subito capito come il rispetto degli spazi altrui non appartenesse al corredo genetico della mia famiglia: e vorrei ben vedere con due genitori apprensivi, due fratelli che più ficcanaso non si può e una sorellina troppo abituata ad avere ragione.

Tutta colpa di un fidanzato per fintaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora