LXX. Sessanta giorni di inferno

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2 mesi dopo

Sono passati circa 60 giorni da quando Eduard mi chiese di incontrarci in quel bagno, in quella baita sulla neve sotto lo stesso tetto di sua moglie.

Non so quante volte, in questi due mesi, le sue mani si sono adagiate sul mio corpo.

Circa un mese fa mi sono ritrovata con un cassetto del bagno aperto, ma non era un cassetto come gli altri, esso conteneva un oggetto che mi aveva sempre aiutata.

La lametta. L'ho presa tra le mani ma proprio quando stavo per incidere un piccolo taglio, il mio iPhone ha iniziato a vibrare.

Sullo schermo ho visto lampeggiare il nome di James così, come se la lametta fosse diventata incandescente, l'ho lanciata dall'altra parte del bagno.

Ma adesso ritorniamo al presente.
L'idea di dire tutto a James mi è balenata per la testa molteplici volte.

Però poi mi salgono sempre mille dubbi e tante domande: e se non mi credesse? E se poi Eduard facesse del male a mia madre? Cazzo.

Io non ce la faccio più a vivere così, ho un dannato bisogno di dirlo a James.
Prendo il mio iPhone e apro la chat di WhatsApp con James.

A My King:
James, devo parlarti, ti prego vieni da me tanto ho casa libera

La risposta mi arriva dopo soli due minuti in cui non faccio altro che mordicchiare il mio labbro inferiore.

Da My King:
Venti minuti e sono da te piccola

Poso il telefono e me ne frego di indossare un pantalone della tuta dell'adidas e una maglia piena di arcobaleni.

Affogo l'ansia mangiando una barretta di Milka poi vado a lavare i denti e sento il campanello suonare.

«hey piccola» mi saluta James entrando in casa.

Mi butto fra le sue braccia e lui porta le mani sui miei glutei sollevandomi per poi farmi circondare il suo bacino con le gambe.

«cosa devi dirmi di tanto urgente?» mi chiede dirigendosi verso il divano.

«io...non so da dove cominciare» sospiro sedendomi sul suo bacino.

«prima cosa, calmati e respira piccola» dice levandomi una ciocca di capelli che mi ostacolava la vista.

«okay...riguarda tuo padre» dico e lui assume una faccia confusa.

«cosa? Aspetta spiegati meglio» dice e io annuisco ingoiando il groppo che ho in gola.

Passano quasi trenta secondi nei quali lui non fa altro che regalarmi carezze e dolci baci.

«ti ricordi quando quel giorno mi hai visto uscire da casa tua ma non ero venuta per te e ti dissi che mi aveva chiamato tua madre per badare a Chiara?» chiedo e lui annuisce poggiando le sue grandi mani sui miei fianchi.

«non era vero, non mi ha chiamato tua madre...» dico con gli occhi che iniziano a pizzicare.

Lo vedo sempre più confuso ma mi fa segno di continuare a parlare.

«...ma tuo padre» dico tirando su col naso.

«cosa voleva da te quello stronzo? Se ti ha chiamato per dirti qualche cazzata su di me-» inizia a parlare con fare alterato ma si interrompe da solo quando scuoto la testa con due lacrime che scivolano sul mio viso.

Innamorata del mio infernoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora