Ashley era ancora abbastanza scandalizzata per quanto accaduto tre ore prima.
Mentre le gocce di acqua calda scivolavano lungo il suo corpo, lei era immersa nei suoi pensieri.
Le immagini di quell'uomo le martellavano la testa continuatemente.
I suo occhi, il suo sguardo da pazzo, i suoi sorrisi malvagi ma allo stesso tempo così malinconici, l'essere trascinato in giro per l'istituto come se fosse un oggetto, quelle catene che stringevano la sua pelle.
La bionda non poteva non pensarci, ma come le aveva ribadito il pelato, lascia fare agli altri il loro lavoro, e lei doveva fare il suo.Finalmente era riuscita a fare una doccia.
Aveva appurato che l'acqua calda era disponibile dalle nove del mattino alle otto di sera, ecco perché alle cinque non era riuscita a fare nulla.In poco tempo fu pronta.
Aveva una semplice maglia bianca, dei jeans, i suoi stivaletti bordò e i capelli legati in una coda.
Era tempo di lavorare, era andata in quel posto per un motivo, e ancora non si era messa a fare nulla.
Si mise in spalla una borsa con dentro lo stretto necessario, poi uscì dalla sua camera, ritrovandosi in cinque secondi davanti la porta di Jack, su cui bussò per chiamarlo.«Ashley!» Esclamò lui aprendo la porta e sorridendo alla ragazza, mentre usciva e se la richiudeva alle spalle.
Anche lui aveva portato lo stretto necessario.«Buongiorno Jack, come hai dormito?»
Le chiese, mentre entrambi, uno accanto all'altro cominciarono a dirigersi nell'edificio di fronte al loro, conversando tranquillamente.«Io molto bene, ho dormito come un ghiro.»
«Anche io, non ho avuto alcun problema.»
Arrivarono nel posto in cui Ashley si trovava ore prima e notò che il sangue perso da quel paziente era stato ripulito.
Ora i pazienti che si erano svegliati, passeggiavano lì tranquillamente.
Ovviamente questo era un privilegio che avevano i più "normali".La struttura era divisa in diversi spazi infatti.
Il secondo piano aveva delle stanze in cui i pazienti meno malati potevano sfogarsi e divertirsi con diversi elementi a disposizione per loro.
Al primo piano era situata la mensa, l'infermieria, la segreteria e un piccolo atrio in cui le i pazienti potevano ritrovarsi per passare il tempo insieme.
Poi, attorno al palazzo c'era un grande giardino per permettere ai più tranquilli di passare il tempo fuori, e chi voleva poteva anche provare a coltivare qualcosa.
Attaccato a questo edificio ce n'era un altro, al cui interno si trovavano delle stanze constantemente chiuse a chiave e controllate in cui vivevano i pazienti abbastanza gravi, che potevano uscire dopo aver fatto svariati controlli e avevano solo poco tempo.
E infine, il più terribile.
Situato sotto il piano dei pazienti malati, si trovava lo spazio di quelli molto gravi.
Abitavano in celle attaccate fra di loro, sbarrate al meglio e sempre sotto controllo.Questi pazienti non potevano fare nulla, farli uscire era una delle cose più pericolose che qualcuno potesse anche solo pensare, e per questo non succedeva mai.
Si trovavano rinchiusi là dentro ventiquattro ore su ventiquattro, il massimo che glie era concesso di fare era uscire per andare nello studio degli psichiatri a farsi controllare.Ad Ashley non sarebbe dispiaciuto parlare con uno di loro, e perché no, il pensiero di poter conversare con quell'uomo era una cosa fissa ormai, anche se le metteva una gran paura.
I due ragazzi finalmente, presero a lavorare.
Andavano in giro per il posto con le loro videocamere a riprendere com'era fatto l'edificio, dato che per essere un manicomio era davvero moderno e, come dire, felice.
E il comportamento dei vari individui.
A volte si fermavano a parlare e con essi, facendo loro poche e semplici domande.Durante le loro riprese, si divisero, e Ashley finì davanti il cancello che portava all'altra struttura in cui si trovavano quelli un po' più malati degli altri.
«Scusi signorina, cosa ci fa qua?»
Un uomo della polizia si rivolse alla bionda confuso, aspettando una sua risposta.«Ohm, io sto facendo un giro dell'edificio.. Sa, sono la psicologa in visita, Ashley White.
La ragazza venuta per documentare tutto quello che sucvese qua dentro.
Sarebbe possibile andare a vedere la parte inferiore?»L'uomo annuì, aveva capito l'identità della ragazza e le sorrise.
«Oh sì, ho capito chi è. È sicura di volerlo fare?»
«Certo, starò attenta, prometto!»
Esclamò ridacchiando, anche se stava morendo dalla paura per quello che stava per fare.Il poliziotto le sorrise appena, aprendo con la chiave il cancello e chiedendo ad una guardia di accompagnarla al piano inferiore.
Lei lo ringraziò, dopo di che seguì l'altro uomo che le fece scendere delle scale per arrivare al posto più pericoloso conosciuto.«Allora, non faccia nulla che possa farli arrabbiare, come per esempio video. Non parli, non faccia nessun rumore possa disturbarli o inizieranno a fare casino.
Cammini nel centro della stanza e eviti per qualunque motivo di avvicinarsi alle porte delle celle.
Hanno dei buchi e potrebbero prenderla dai capelli.»La bionda deglutì, annuendo alla raccomandazione della guardia, passando in fino allo stanzone contenendo le celle.
Ce n'erano più o meno quindici per tutti e due i lati, e lei camminò fino alla fine, guardando le celle ai suoi lati e morendo dalla paura che qualcuno potesse riuscire a venire fuori di lì.
Erano abbastanza silenziosi, ma talvolta si sentiva qualcuno che rasciava il muro o la porta in ferro, altri che urlavano a scatti, alcuni che dicevano cose incomprensibili e altro ancora che se ne stavano con la testa attaccata alle due sbarre sulla parte superiore della porta.Arrivata alla fine della stanza c'era un muro, così fu costretta a tornare indietro.
Ma prima di fare ciò, la sua attenzio venne catturata dall'ultima cella che si trovava a sinistra.
L'unica che aveva la luce accesa.
La curiosità stava mangiando la ragazza, e non riuscì a non avvicinarsi.
La sua mente continuava a dire no, ma le sue gambe la stavano portando automaticamente lì.
Quando arrivo, scorse all'interno un uomo.
Quell'uomo.
Esatto, lo stesso uomo con gli stessi occhi color ghiaccio che la stavano guardando.L'uomo, alla vista della bionda fece un mezzo sorrisetto, si alzò da una sedia in cui stava seduto e smise di fare quello che stava facendo, avvicinandosi alla porta.
«Ciao dolcezza.» Sussurrò egli ridacchiando, avvicinando maggiormente il viso alle sbarre.
«Cosa porta una bella come te, qua sotto?»Ashley non fece altro che deglutire, fissando l'uomo che aspettava una risposta.
«Non sai parlare piccola? Mhh perché non vieni qua dentro? Potremmo divertirci un po'. Solo io e te.»
La ragazza indietreggiò col cuore in gola, sarebbe potuta svenire da un momento all'altro, ma si mise a camminare il più veloce possibile fuori di lie, tornando come una furia da Jack, che la stava cercando.
«Eccoti finalmente!»
Lei non disse nulla e lo superò, cominciando a correre vero l'edificio in cui si trovava la sua stanza.
Si chiuse la porta alle spalle e si accasciò a terra, scivolando con la schiena attacca alla parete fino a giù, abbracciandosi in fine le gambe.
Non sapeva nemmeno lei perché era così traumatizzata, ma aveva assolutamente bisogno di una dormita, magari la avrebbe aiutata.
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Psychology.
Mystery / ThrillerQuando ti metti in testa di voler fare una cosa nessuno riuscirebbe mai a fermarti, anche se si tratta di un qualcosa di pericoloso. Ashley White si ritroverà a lavorare in un manicomio, essendo il sogno di una vita, e quello che potrebbe succedere...