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Il mattino seguente la piccola Charlotte se n'era già andata.

Ashley era sveglia da qualche ora e stava aiutando il signor Miles a portare varie scatole di medicinali dentro l'infermeria.

«Allora, ti stai ambientando bene? Ancora mi sembri un pochino spaesata.»

«No, no. Mi piace stare qui! Devo solo abituarmi alla vita super impegnata. Sono qui nemmeno da una settimana e già mi sono successe tante cose.»

«So come ci si sente, all'inizio era così anche per me. Ora guarda, sono il capo di questo posto!»

Ashley ridacchiò appena, mettendo l'ultima scatola sopra un'altra.
Robert era una persona molto simpatica ad essere sinceri.
Di solito nei manicomi si incontra gente antipatica e per niente disponibile, lì era tutto il contrario.

«Prima di diventare un superiore, che lavoro facevi?»

«Ero, e sono tutt'ora, uno psichiatra. Il capo di dieci anni fa, il mio, era particolarmente uno stronzo. Per fortuna non lavora più.»

«Che ha combinato?»

«Si erano stufati tutti del suo comportamento ed è andato via. A votazione abbiamo deciso chi avrebbe preso il suo posto, ed eccomi qua.»

«Meglio così, penso che lei sia perfetto per questo posto.»

Dopo quella frase, i due chiaccherarono per altri dieci minuti circa del più e del meno.
Dopo di che Ashley si dileguò alla ricerca del suo compagno, trovandolo a parlare con una delle ragazze che lavoravano lì.
Quando la notò bene, si trattava di Ellen, la ragazza che li aveva accomoagnati alle loro camere il primo giorno.

«Ashley!»
La salutò Jack tutto felice, mentre Ellen le rivolse un sorriso timido.

«Ciao a entrambi! Che si dice da queste parti?»

«Niente di particolare, Jack ed io stavamo spettegolando un po'.» Rispose la ragazza dai capelli neri divertita, mentre Jack la guardava ridendo.

«Infatti, spettegolavamo riguardo una possibile cena tra amici stasera, per conoscerci meglio con gli altri, sai.»

«Che cosa carina, ci sto!»

«Perfetto!»

-

Ashley era più che pronta.
Erano le sette e tra mezz'ora si sarebbe incontrata con gli altri all'entrata dell'edificio, così che insieme si sarebbero diretti al ristorante.

Mentre si pettinava i capelli, con la coda dell'occhio notò un biglietto scivolare sotto la sua porta.

Con uno sguardo confuso lo prese fra le mani e lo aprì, trovandoci dentro un messaggio abbastanza minaccioso.

'Ti conviene non andarci.'

La bionda ci rimase abbastanza male.
Ma perché capitava tutto a lei? Insomma, quelle erano cose che capitavano nei film. I soliti cliché.
Ma no, la sfiga era dalla sua parte, e quel lavoro si stava dimostrando meno emozionante di quanto pensava.

Dopo essersi tolta il vestito che aveva scelto per uscire e essersi messa il suo pigiama, si diresse dagli altri per dare loro la notizia.

«Ashley, eccoti!» La accolse Jack, notando dopo che non era pronta.
«Non vieni?»

«No ragazzi, mi dispiace molto ma non mi sento per niente bene.»
Rispose lei, fingendo un po' di tosse.

Le dispiaceva, ma non voleva far arrabbiare la persona che le aveva scritto quel messaggio.
Dopo un paio di tentativi da parte del gruppo nel cercare di convincerla, Ashley rimase all'entrata per pochi secondi, pensando al fatto di non voler tornare per nessun motivo in camera sua.
Sarebbe rimasta sola e isolata, quindi decise di andare alla ricerca di qualcuno che potesse farle compagnia.

Ma l'edificio era completamente vuoto, e diamine se metteva paura.

Mentre la bionda camminava, si sentiva osservata.
Ma nonostante si voltasse ogni cinque secondi per controllare se ci fosse qualcuno, non c'era nemmeno l'ombra di una persona.
Ma lei poteva giurare di sentire una presenza alle sue spalle.
Dei respiri.
Dei passi.
Che si facevano sempre più vicini.

E si mise a correre, più veloce che poteva.

Quel posto era enorme, quindi si sarebbe sicuramente persa.
Ma l'ansia la stava massacrando dentro e poco le importava di perdersi.
Svoltò un angolo e andò a sbattere contro qualcosa, o meglio, contro qualcuno.

Esatto, si era appena scontrata contro la guardia pelata. Quella antipatica e aggressiva.

Dato l'impatto, Ashley indietreggiò di poco e cadde a terra di sedere.
Quando alzò lo sguardo e notò chi aveva urtato, perse un battito.
E dopo aver notato la presenza di altri due omoni, ne perse un altro.
E solo dopo aver notato anche la presenza dell'uomo misterioso, morì del tutto.
Egli se ne stava seduto, con una camicia di forza e le catene che lo tenevano legato alla sedia. Era davvero così pericoloso?

Tutti stavano fissando la poveretta senza dire niente.
Anzi, a dirla tutta, dai loro sorrisetti si stavano divertendo.

«Oh, come mai non mi sorprende sapere che sei stata tu?»
Le disse il pelato con uno sguardo malvagio, ridendo insieme ai suo amici.
Si divertiva a sfotterla, e nemmeno l'aveva aiutata a rialzarsi.

Invece, a vedere la faccia incazzata dell'uomo misterioso, si poteva dedurre che se fosse stato libero, non l'avrebbe fatta passare liscia a quei cafoni.
Anche se, quella era la sua faccia abituale, quindi era un mistero.
Ecco perché il soprannome.

Intanto la poveretta se ne stava col sedere dolorante a terra, provando ad alzarsi invano.
La botta era stata brutta.
Per grazia di Dio, Robert era un capo onnipresente.
Notando la ragazza in difficoltà, corse da lei e la aiutò a tirarsi su.

«La ringrazio..»

«Ashley, ma che è successo?»

«Nulla di importante, sono una persona molto sbadata e sono inciampata sui miei stessi piedi.»

«Mi sembri scossa.»

«Non si preoccupi, sto bene!»

«Ora vada in infermeria. Dopo la voglio nel mio ufficio.
E Bruce, avresti potuto aiutarla invece di stare lì a fare il palo.»
Disse arrabbiato rivolgendosi al pelato.

«Signore, come può vedere sono impegnato a controllare il pazzo qui presente, non si sa mai.»

Ashley si arrabbiò per come lo aveva chiamato. Poteva anche essere pazzo, ma si doveva avere una certa discrezione e anche un minimo di rispetto nei confronti di una persona.
E stavolta non sarebbe rimasta zitta.

«Hey Bruce, vedi di chiudere la bocca se ci riesci.
Perché mi sembra che ogni volta che la apri, spari solo cazzate sprecando aria utile a molte persone.»
E dopo averlo detto, ricevendo un sorrisetto divertito da parte di tutti i presenti, si voltò verso il punto in cui doveva dirigersi, cominciando a zoppicare verso l'infermeria, rifiutando i vari aiuti da parte di Robert.

Ma Bruce non era per niente divertito. E a dire dal suo sguardo, dalla sua mascella contratta e i denti stretti, non sarebbe finita qua la cosa.

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