CAP.1 LA PARTENZA

1K 186 119
                                    

Megan Densak è il mio nome. Ho quasi 15 anni e fra poco arriveranno. Mi porteranno con loro, magari avrò una possibilità, però la mia famiglia pensa che non sia prudente andare. Saremmo dovuti partire due anni fa alla partenza del primo treno.
Il prestito alla banca era andato bene ed eravamo pronti a partire, ma quel giorno non era adatto a una partenza, caso mai a un arrivo. In città erano appena arrivati.
All'inizio sembravano amichevoli. Non ci avevano ancora fatto del male, ma poi iniziarono a prendere gente.
Prendere e portare via ragazzi di 15 anni appena compiuti. Sui cartelli delle vie erano stampati con inchiostro nero parole fredde che spiegavano il loro arrivo, come se quest'ultime potessero giustificarli.
Trascrivevano le seguenti parole: "I ragazzi di 15 anni sono pregati di radunarsi nel palazzo sulla ventiquattresima strada nord con porte fosforescenti, ^ beh almeno conoscevano la nostra lingua ^ dove saranno portati alla base in Russia per l'addestramento. "
"I nostri sensori hanno individuato, qui sulla terra, un ragazzo o una ragazza di 15 anni che possiede ampie potenzialità di leadership."
Molti pensavano fosse una specie di scherzo, ma era tutto vero, purtroppo. Altri dicevano che erano solo dei pazzi, venuti per spaventarci.
Altri ancora pensavano provenissero dal futuro. A me il loro giudizio non serviva, alla mia famiglia non serviva. Noi avevamo programmato di fuggire, e lo avremmo fatto ancora.
Eravamo pronti per il secondo round.

______________

-5 giorni al compleanno
Le scritte gialle e rosse che apparivano sulla schermata del mio computer erano così nitide che mi sembrava di poterle toccare veramente. Una musichetta degli anni novanta al Duran Duran apriva quelle parole. Solo 5 giorni. Mi restavano 5 giorni. Come posso dire di non provare paura. Quei ragazzi non sono più ritornati dalle loro famiglie a cui erano stati strappati via. Spariti. Scomparsi. Ecco a cosa era legata la mio terrore. Il terribile presentimento di andare e di non tornare. Cosa sarebbe successo alla mia famiglia senza di me? Era il momento di andare, di fuggire; mio papà aveva comprato i biglietti appena era stata annunciata la partenza del secondo treno .

Quel giorno era arrivato e stava andando tutto storto.
Non proprio tutto, ma quelle cose a cui non avevamo pensato ci avevano causato una serie di problemi .
Arrivammo in stazione di fretta. Papà aveva guidato talmente veloce che mi era venuta la nausea e mi veniva voglio di vomitare, ma i problemi erano già troppi e il famoso conato doveva aspettare.
Erano le 5.53 ed ero già stanca.
"Il treno delle 06:08 per Lisbona è in partenza dal binario numero 6. Tutte le persone interessate si incamminino verso la direzione loro indicata."
ripeteva l' altoparlante . Lo sapevo. Eravamo di nuovo in ritardo! Quello stupido navigatore aveva rovinato la nostra mattina.
Ci eravamo pure svegliati presto per non ripetere il disastro di due anni fa. L'altra volta eravamo diretti a Madrid, ma avevamo perso il treno e quello aveva provocato una serie di liti infinite tra mio padre e mia madre, quasi da farli divorziare.
I viaggi erano sempre stati un problema per la mia famiglia, ancor prima che arrivassero. Questa volta però volevo terribilmente che tutto andasse per il verso giusto .
Probabilmente, mi sbagliavo. "Mancano 10 minuti ! " ripeteva in modo assillante mia madre a mio padre, lei non era in grado di controllarsi in situazioni di stress e questo era sempre stato motivo di discussioni.
"Ecco cosa porta il tuo " dover risparmiare. Il navigatore è rotto da anni e tu non fai niente per aggiustarlo. Si aggiusta da solo! - un corno- se perdiamo questo treno finisci male!". Ora era arrabbiata. Sapevo che amava mio padre, ma era più forte di lei, non riusciva a controllarsi. Sembrava fosse sul punto di piangere. La faccia era rossa e gli occhi lucidi. Il lavoro l'aveva prosciugata: la faccia era piena di rughe che partivano dal basso verso l'alto, non era truccata e capelli bianchi attaccati alla nuca scendevano a ciuffi sul viso. "Mamma ora calmati, riusciremo a prendere quel treno, te lo prometto!". In realtà non sapevo se l'avremmo preso, ma le mie parole la rassicurarono.

FIGHTERDove le storie prendono vita. Scoprilo ora