Capitolo 2 - Bad Luck

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Rimasi immobile, ipnotizzata dalla capigliatura azzurro cielo della Kringle.
Non era vero.
Non poteva esserlo.

- Aprilia Walldrop? Dove sei? Sali sul palco cara!
Non sarei salita su quel palco.
Rimasi ancora qualche minuto sul posto, immobilizzata. Magari qualcuno voleva offrirsi volontario.

Mi guardai intorno cercando Cole. Col viso contratto, penso per contenere lo shock, mi fece segno con la testa di salire sulla pedana. Cominciai a separarmi dalla massa di sedicenni attorno a me, diretta verso il palchetto, fino a che due pacificatori non mi raggiunsero per scortarmi fino a Chelsea.

Salii sulla pedana, rassegnata dal fatto che nessuno mai si sarebbe offerto volontario per una sedicenne.

- Eccoti qua, che ragazzina graziosa.- Si rivolse al pubblico. -Bene, ci sono dei volontari?- Chiese con un largo sorriso, che dopo qualche minuto di silenzio si spense.

-Okay- si girò verso di me -Quanti hanni hai, tesoro?- Chelsea mi guardava con un'aria affettuosa. Doveva essere una donna parecchio ingenua.

-Sedici- le risposi, cercando di non lasciar trasparire quanto fossi sconvolta. Lei si illuminò un po', doveva aver pensato fossi più piccola.

-Perfetto! Facciamo tutti un bell'applauso al tributo femminile del distretto 7!

L'applauso fu sordo, immotivato, triste. Più che altro lo si faceva perché si era obbligati: nonostante la capitale vedesse gli Hunger Games come una specie di emozionante evento sportivo, per i distretti, che vivevano nell'odio e nella paura, erano solo un modo brutale per dimostrare la supremazia di Capitol.

-E adesso il tributo maschile!- Chelsea frugò per qualche secondo le mani nella boccia rimescolando per bene i bigliettini di carta. Guardando il pubblico, intercettai lo sguardo di Posy. Era spaventato, lo si capiva. Cercai di rassicurarlo, mimando un "va tutto bene" con le labbra. Chelsea intanto aveva estratto la strisciolina di carta. Pregai che quel foglietto non contenesse il nome di Posy o quello di Cole. Fino a quel momento la buona sorte non era stata esattamente a mio favore. La donna azzurra spiegò la strisciolina e lesse ad alta voce.

Non era il nome di un Walldrop.

Era Timber Watson.

Mi venne un tuffo al cuore. Conoscevo quel nome. Era un amico di Posy, un po' più grande di lui, che l'aveva difeso qualche volta a scuola dai ragazzi più grandi.

Lo cercai tra la folla, stava venendo avanti cercando di sembrare il meno intimorito possibile. Per avere quattordici anni era più alto di me, aveva i capelli castani e una coporatura abbastanza robusta, probabilmente dovuta al lavoro obbligatorio nei boschi.

Era una delle cose positive del distretto 7: vivere qui forniva una buona conoscenza della vegetazione e i lavori nei boschi sviluppavano forza, abilità nell'arrampicarsi, e agilità nell'uso di armi come per esempio le asce, spesso le predilette dai nostri tributi.

Timber salì sul palco accanto a me. Chelsea chiese se ci fossero volontari, dopo di che il Sindaco, sempre per obbligo, cominciò a leggere al distretto il Trattato del Tradimento, al quale seguì l'inno nazionale. Finito l'inno, un gruppo di Pacificatori ci venne incontro per scortarci all'interno del Palazzo di Giustizia, dove i nostri familiari sarebbero venuti a salutarci. Una volta dentro ci condussero in due stanze separate, così mi ritrovai sola in un grande salone lussuoso, con mobili costosi in mogano e un grande specchio con la cornice in oro sulla parete di fronte a me. Mi siedetti sul grosso divano in velluto guardando il mio riflesso e apettando i primi visitatori.

Dopo qualche minuto, la faccia paonazza di Posy fece capolino dalla grossa porta in mogano, seguito da nostro padre.

-Cole viene dopo. Hanno detto che possono entrare solo due persone alla volta.
Mio padre era un uomo alto, sulla quarantina, gli occhi nocciola e i capelli scuri.

-Non avrei dovuto permetterti di prendere tessere in più. Nè a te nè a Cole.

Lo abbracciai -Non pensare alle tessere adesso.- spostai poi lo sguardo su Posy, che tratteneva le lacrime. Mi abbassai per abbracciare anche lui.

-Va tutto bene. Forse posso farcela sai? Ti ricordo che tutti gli scoiattoli rossi che hai mangiato in vita tua li ho abbattuti io.
Sinceramente non avevo idea di cosa dirgli per rassicurarlo. Puntò i suoi occhi verdi nei miei. Era l'unico ad averli presi dalla mamma.

-Non lo ucciderai tu vero?
Immaginai si riferisse a Timber. Iniziava già a farsi difficile.

-No, tesoro. Mentre Cole viene qua da me tu potresti andare da lui per salutarlo, cosa ne dici?- Posy annuì tirando su col naso, e io lo strinsi a me. Abbracciandolo notai che mio padre dietro di lui teneva una specie di scatoletta in mano. Lo guardai con aria interrogativa e lui me la porse.
Era un piccolo cofanetto di legno, con inciso sopra il nome di mia madre, Gretel. Lo aprii. Dentro, sotto un piccolo panno di velluto, c'era un bellissimo anello d'argento, con una gemma verde incastonata.

-Era suo- Mio padre aveva gli occhi leggermente lucidi -Pensavo di dartelo ai 18 anni se avessi superato tutte le mietiture... sai, nell'arena permettono di portare qualcosa dal proprio distretto, e ho pensato ti avrebbe fatto piacere.

Trattenere le lacrime diventava sempre più difficile.

-Si lo adoro, grazie mille.- lo abbracciai di nuovo.

Qualche minuto dopo i Pacificatori vennero ad avvisarci che il tempo era scaduto, scortando così fuori mio padre e Posy.

Dopo di loro entrò Cole.
Abbracciai anche lui, mentre una lacrima mi rigava la guancia.

-Non sei così nella merda, Ap. Sai usare un'arma e procurarti da mangiare. Sei del distretto 7, conosci la foresta e gli alberi, che nelle arene ci sono praticamente sempre.

-E se c'è il deserto?

-Il deserto è noioso, lo sai. Niente posti in cui nascondersi, non piace al pubblico.

Puntai gli occhi nei suoi -Si allenano da quando sono nati. I favoriti. Non ho poi così tante possibilità contro uno di loro.

-Non c'entra. Andiamo, l'anno scorso i tributi erano il doppio e ha vinto il ragazzo del 12. 12. Senza nessuna preparazione e senza nessun tipo di vantaggio fornito dal distretto di appertenenza, che nel suo caso era tra parentesi il più povero di tutta Panem. I favoriti non vincono sempre. Aline, una dei tuoi mentori, ha vinto a 15 anni.

Annuii, sebbene poco convinta. Cole mi allungò la piccola sacca di cuoio con dentro le bacche di quella mattina, e le mangiammo in silenzio fino a che i pacificatori non vennero a prendermi. Ci salutammo con un ultimo abbraccio.

Forse quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrei visto.

Fuori dal Palazzo di Giustizia io e Timber venimmo scortati su un auto per arrivare fino alla stazione.
Viaggiare da un distretto all'altro era vietato, e i treni erano utilizzati solo per il trasporto merci, in questo caso legno e carta, per cui non ero mai salita su un treno.

La stazione era piena di giornalisti e telecamere, per cui in macchina mi ero ben assicurata che dalla mia faccia non trasparisse il fatto che avevo pianto. Cercai di mantenere un'espressione dura o per lo meno indifferente, poiché quelle telecamere stavano trasmettendo in diretta il nostro arrivo, e non avevo intenzione di sembrare la debole frignona, cosa che in fondo in fondo forse un po' ero.

Dopo essere stati inquadrati per bene dalle telecamere ci permisero di salire sul treno, che cominciò a muoversi non appena gli sportelli delle porte si chiusero dietro di me.

The 51st Hunger GamesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora