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Come fa a saperlo?
È così strano questo ragazzo.
《Jack, rispondimi!》 Provo a ordinargli ma ovviamente fallisco.
Il silenzio nella stanza viene interrotto da un botto.
Salto giù dal letto e mi guardo attorno impaurita.
La porta si spalanca, jack è in piedi adesso, scruta con espressione curiosa la sagoma che irrompe la nostra cella.
《336b12, andiamo.》la voce di un uomo pronuncia il mio marchio, è piuttosto inquietante.
《D..dove?》la mia voce trema, è notte e io dovrei andare via con un uomo ? Magari il mio sogno era premonitorio.
Scuoto la testa velocemente come per levarmi dalla testa quel orribile pensiero.
《Dove dovete andare?》la voce sicura di Jackob rifolmula la domanda, ha quasi un tono autoritario.
L'uomo gira la testa verso Jack con un movimento lento e inquietante.
《Qualcuno ti ha interpellato?》
Gli chiede.
Jack non muove un muscolo, continua a mantenere la sua posizione rigida.
L'uomo mi afferra il braccio e io sussulto.
Jack fa un movimento brusco verso di me ma si ferma improvvisamente.
Avrà cambiato idea, evitando così un altra punizione.
Mi guarda preoccupato ma poi ci dà le spalle.
L'uomo mi porta via dalla stanza, il corridoio è molto buio.
Ho il cuore in gola e il silenzio è imbarazzante.
Mi riporta nella stanza del giorno prima ma non c'è nessuno.
Mi lascia lì e se ne va.
Adesso noto una cattedra, è marrone e sopra ci sono delle carpette e un computer.
Le sedie in pelle sembrano comode.
《Siediti.》il dottore pazzo entra nella camera richiudendo alle sue spalle la porta in ferro con un rumore assordante.
Sento la serratura azionarsi al giro della chiave.
Il cuore mi galoppa nel petto.
Mi siedo, le gambe mi tremano.
Ho la netta impressione che non faremmo niente di buono qui dentro.
《Allora..》 pronuncia mentre si siede sulla sedia dall'altra parte della cattedra.
《Dimmi, come va?》 Si sistema il camice.
Ma che domande sono ?!
Vorrei chiedergli, ma mi mordo la lingua.
Sarebbe la mia cartolina d'addio.
《Ehm..》
《Va bene, capito.》 Mi anticipa senza lasciarmi pronunciare nessun tipo di parola concreta.
Dev'essere veramente psicopatico.
《Non avevo sonno sai, avevo voglia di parlare con qualcuno, e la tua cartella mi sembra veramente interessante.》
Appoggia i gomiti alla cattedra e inizia a giocherellare con una pena.
《Dimmi, perché lo hai fatto?》
《Io non ho fatto niente capito ?!!》 Scatto arrabbiata, il mio tono di voce è molto alto.
《È un tasto sensibile questo, vedo.》
《Cristo, i miei genitori sono morti e tutti mi accusano di averli uccisi, come dovrebbe essere?》
《Hai coraggio da vendere ragazzina.》
No, non ho coraggio da vendere, ma le cose che amo nessuno le deve toccare, che loro siano morti oppure no.
Lo guardo storto inghiottendo le mie stesse parole, non vorrei esagerare.
《OK, riformulo la domando.. perché hai usciso i tuoi genitori?》
《Io non ho ucciso i miei genitori.》 Rispondo a denti stretti.
Lo guardo dal basso verso l'alto.
《Eppure dicono che li amavi, ma nel ultimo periodo avevate litigato spesso e tu avevi subbito numerose punizioni, ma non per questo si possono uccidere i propri genitori.》
Abbasso la testa, è palesemente ovvio che non vuole smettere di fare domande.
《Cosa ti ha spinto a fare ciò?》
《Io non li ho uccisi.》
Rispondo il più calma possibile, ma il mio timbro e comunque marchiato da qualche nota di rabbia e tristezza.
《Stai mentendo a te stessa, oppure sta mentendo sola a me, fammi capire.》
《Io non sto mentendo a nessuno.》 Stringo i denti e i muscoli della mia mascella adesso sono visibili.
《Ti ricordi questo?》Dice uscendo dalla cartella delle foto, me ne mostra una.
Sono io ricoperta di sangue nel mio salotto.
《Questo era il loro sangue.》 Quella parole mi stordiscono.
È un ricordo doloroso.
Tolgo lo sguardo dalla foto e lo poggio a terra, gli occhi iniziano a bruciarmi.
《E questo è l'arma del delitto.》
Conclude posando il suo dito sulla foto.
Mi indica il coltello da cucina che si trovava a pochi centimetri da me.
《C'erano le tue impronte.》
Le lacrime iniziano ad incorniciarmi il viso.
Io non ho ucciso i miei genitori.
Non credo.
《Mi vuoi rispondere perché lo hai fatto?!》 Si alza di scatto e mi grida in faccia bagnandomi con qualche goccia di saliva.
Mi pulisco la faccia con la manica della maglietta esibendo la mia più disgustosa espressione.
《Senta, io. non. Ho. Ucciso. I. Miei. Genitori.!》
Sottolineo parola per parola con rabbia.
《È chi è stato?》
《Qualcuno che voleva incastrarmi.》
Rispondo immediatamente senza pensarci.
《Avevi assunto droghe.》Afferma il pazzo.
Si era vero, avevano trovato della droga nel mio corpo, ma io non mi drogavo.
Quello sera ero uscita di nascosto e mi  ero intrufolata alla festa di un ragazzo con delle mie amiche.
Avevo bevuto qualche drink, ma non avevo assunto droghe.
Nessuno mi credeva.
《Non di proposito, io non mi drogavo.》
《E chi  ti ha drogato, ti ha pure obligato a bere ?》
Sbuffo spazientita, era una domanda ironica ovviamente, e io odio le domande ironiche.
《Avevo bevuto un Pò, ma non mi ero drogata.. non avrei mai ucciso i miei genitori.》
Abbasso la testa e mi guardo le scarpe consumate.
Più entravamo nei dettagli e più io soffrivo.
《E invece lo hai fatto.》 Mi sta torturando, lo fa con piacere si nota.
《Non capisco, perché devo dare spiegazione a te ?》
《Prego?》 Ovviamente perplesso dal modo in cui ho formulato la domanda , lo stronzo mi guarda storto.
《Adesso ci divertiremo》 conclude esibendomi il sorriso più malefico che io abbia mai visto.
Ho paura.










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