Voci

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Le voci. Avete presente quel concerto informe di suoni che si manifesta quotidianamente?

Voci.
Voci che esplodono dalle bocche delle persone.
Voci che escono dalle cuffie di iPod o mp3.

Voci che si disperdono nell'aria senza controllo.
Poi tutto si spegne. Il mondo esterno si tramuta in un oceano silenzioso di sguardi, gesti, odori.
Non la mia mente. L'intrico di neuroni pulsa gioioso, creando immagini e storie che nessun altro essere umano possa immaginare.
Nel silenzio la mia mente diventa un circo. Ogni pensiero prende la forma di una persona diversa.
Volti che mi scrutano, che alzano la loro voce per cercare di raggiungermi e uscire al di fuori di quella piccola scatola cranica che ci contraddistingue dall'alba dei tempi.
Stanno tutti lì, si picchiano, si abbracciano, si amano.
Anche io mi trovo lì con loro. Posso sfiorare la loro pelle con le dita, fredda o calda al contatto.
Ogni volta che mi avvicino, percepisco la sensazione che incarnano. Il loro sguardo è penetrante. Visi pallidi, zigomi pronunciati. Molti non sono neanche umani.

Ma ce n'è uno in particolare che mi scruta da lontano. Porta un cappello da cowboy a coprire la faccia. Ogni tanto riesco ad intravedere un barlume luminoso in quel buio opprimente.
Ma è questione di attimi.
Mi squadra da lontano, seduto su un cubo bianco fosforescente. Non parla a differenza degli altri, non si muove. Respira lentamente, riesco a percepire un debole ondeggiare dei vestiti.

Porta un bavero alla bocca, impedendo ogni ricerca di dettaglio sul suo volto.
È un estraneo nella mia mente.

Sicuramente è stato creato dalla mia fantasia, non ho ricordi di lui. Bene o male, ogni rappresentazione dei miei pensieri è legato ad un qualche fatto della mia vita ma lui no. Lui è totalmente diverso dagli altri. Tante volte ho cercato di contattarlo. Per farlo, ho iniziato a meditare. Percorrere la piazza della mia mente e corrergli incontro. Ma ad ogni passo, lo spazio tra me e lui si distorce, si dilata. Non riesco mai a raggiungerlo.

Quando provo ad allungare una mano per toccarlo, i suoi occhi brillano nel buio, silenziosi nel mare di voci. Lui è l'unico che non parla. Perché?
Devo capirlo. Devo capire che parte di me rappresenta. È la mia ossessione.

Sono arrivato al punto di svegliarmi di notte, in preda al terrore. Ho paura di non sapere più che persona sia diventato. Spesso mi graffio senza rendermene conto.
Spesso auguro il male ad ogni persona che mi capiti a tiro.
La curiosità è stata rimpiazzata dal dolore, un dolore atroce che nasce dal cuore e si estende in tutti gli arti. Qualcosa che non riesco più a sopportare.

Qualcosa che mi sta uccidendo piano piano. E lui è sempre lì, ad osservarmi con calma.

Come fa a stare così calmo? Perché non si alza mai?
Perché non parla? Maledizione, la mia vita è scandita dai suoni e tu non parli!
Fuori dalla mia testa allora!
Ho perso l'appetito piano piano.

Ho smesso di uscire di casa.
Cerco di chiudermi nel mio mondo il più possibile, mi lascio divorare dal buio. Io devo sapere, darei qualunque cosa per poter capire.

Chi sei? Parlami, maledetto!
Sono sul letto, occhi chiusi, cercando di entrare nella trance della concentrazione. Non c'è altro a cui io riesca a pensare. Nient'altro che non sia quel figuro con il cappello.
La piazza si materializza dinanzi a me. C'è solo un lampione, è notte. La luna sembra non esistere in questo meandro della mia testa. La luminaria proietta una sinistra luce sulla superficie di marmo.

Sembra non esserci nessuno.

Cammino in quella finta oscurità alla ricerca della mia ossessione.
Sembra che ogni mio pensiero si sia andato a nascondere, dove sono tutti? I minuti scorrono, il battito del mio cuore scuote la dimensione onirica. Il cielo si rompe di tanto in tanto in mille caleidoscopi brulicanti di colore scuro.

Non c'è nessuno.
Il lampione inizia a spegnersi ad intervalli regolari. Un ronzio si solleva sommesso, accompagnando il silenzio per mano. Per la prima volta nella mia vita non sento voci.
Una sensazione di quiete mi pervade.

Non sento nulla. Non sento nulla!

Corro in cerchio per la gioia, salto, urlo. Non riesco a contenere questa meravigliosa emozione! Mi rotolo in terra, afferro il lampione e mi abbandono sul corpo metallico. Scoppio in una risata fragorosa, sguaiata. 

La gola si secca immediatamente.

Davanti a me si staglia l'uomo con il cappello. Il luccichio degli occhi mi riporta con i piedi per terra, nel silenzio della notte.

Si avvicina lentamente, un passo alla volta. Il busto si alza e abbassa a ritmo, mima un respiro. Una sua mano si avvicina al lampione. La struttura metallica trema lievemente. Un filo di fumo sottile si solleva dal punto di contatto, la realtà inizia a sfrigolare.

Il cielo si incrina. Il lampione si piega per colpa del calore. Subito scatto in piedi, mettendomi sulla difensiva. Se solo non avessi un cappello a coprirmi la vista...

Cosa?

Tasto con le dita l'indumento. È polveroso, sembra uscito da un film western. Faccio per starnutire, la bocca è bloccata da qualcosa.

Un foulard. Come quello dell'uomo che mi osserva. La gioia svanisce rapidamente, lasciando posto soltanto alla paura. Le crepe nel cielo si estendono sempre di più. La figura si avvicina, lo sguardo fisso sui miei occhi.

Gli occhi sono completamente neri, le iridi bianche come la luna. La pelle sotto il cappello è pallida, sembra quella di un morto. Le mani scheletriche escono dai vestiti, mi accarezzano il volto.

"Ti sei affannato tanto, a quanto vedo. Sono felice che alla fine te abbia ucciso tutti gli altri per arrivare a me."
Il pavimento si illumina. Milioni di corpi giacciono riversi in terra, senza vita. Scorgo tutti i visi, li riconosco uno ad uno. Tutti i miei pensieri sono morti. Sono tutti morti, non si muovono.

Non parlano più!
Non li sentirò mai più parlare! Li ho odiati tutti, dal primo all'ultimo, ho odiato il caos.
Volevo solo un po' di silenzio, anche solo qualche minuto al giorno. Crollo sulle ginocchia.

Inizio a piangere sommessamente.
Non ho più nulla dentro? Che cosa ho combinato!

"Ora sarai felice. Hai nutrito la tua ossessione a tal punto da soppiantare tutto il resto. Adesso guardati, sei uguale a me".

Le mie mani sono scheletriche, la mia pelle è pallida. Non sono più io, sono diventato l'uomo con il cappello.
Sono diventato io stesso la mia ossessione.

L'uomo si conficca le unghie nello sterno. Senza sibilare una parola inizia ad aprirsi il corpo a metà, senza sforzo, senza accennare alcun segno di dolore.
Fili di fumo nero fuoriescono dalla ferita, strisciano verso di me. Le crepe nel cielo iniziano a scricchiolare pericolosamente. Frammenti di vetro cadono dall'alto, si trasformano in meteore incandescenti.

Dal petto dell'uomo si apre un occhio, un enorme occhio. L'iride scarlatta mi penetra la testa.

Non riesco a distogliere lo sguardo da quella visione terribile. Il fumo acquisisce consistenza solida. Il contatto è gelido. Le mie mani perdono forma, abbracciano l'oscurità che fuoriesce abbondante dall'uomo dinanzi a me.
I sensi vengono meno, così come il corpo. Le gambe, le ginocchia, l'addome.
Il mio corpo si disintegra in una coltre finissima, assorbita da quei tentacoli neri che mi abbracciano. Il mondo si spegne, il cielo di cristallo esplode in mille pezzi.

L'uomo con il cappello rimane da solo nel buio, si bea degli ultimi battiti di un cuore malato e distrutto dall'ossessione.

Ed infine il tanto agognato silenzio.

Ed infine il tanto agognato silenzio

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