Capitolo 9

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Durante tutto il viaggio di ritorno, non riuscivo a smettere di pensare alle parole di Susie. Sicuramente aveva ragione e, forse, il bel rapporto che aveva iniziato a instaurare con la sua corrispondente l'aveva spinta a darmi quel consiglio. Eravamo lí da poco, è vero, ma condividevo anche io l'idea che un rapporto di collaborazione e convivenza pacifica sarebbe stato sicuramente migliore di uno basato su frecciatine e insulti. Il problema era un altro: Terence era così acido e insopportabile che mi riusciva difficile tollerarne la presenza, figuriamoci essere gentili con lui. Cosa avrei potuto fare? Offrimi di giocare con lui ai videogiochi, sempre che facesse quello tutto il giorno? Penso che si sarebbe sparato piuttosto che fare qualcosa insieme a me. Dannazione, quanto era insopportabile.

Arrivai alla porta di casa che ero ancora completamente persa nei miei pensieri. Avevo un buco nero al posto dello stomaco: dubitavo che un sandwich di tacchino soltanto mi avrebbe sfamato, perciò progettavo una seconda escursione nella dispensa. Aprii la porta ed entrai in casa bella tranquilla, per lo meno finché non alzai lo sguardo davanti a me. Mi ci volle qualche istante per rendermi conto di quello che avevo davanti. Terence con un pacchetto di patatine in braccio. Terence con un sacchetto di patatine e senza maglietta. Terence con un sacchetto di patatine, senza maglietta e senza pantaloni. Aveva solo i boxer addosso!

"Oddio! Copriti!" urlai, forse con un tono più acuto di quello che avrei voluto.
Ci guardammo imbarazzati, per dei secondi che mi parvero  interminabili. Lui era lì, paralizzato davanti a me, e io...pure. Non appena mi resi conto che lo stavo fissando, mi sbattei una mano sugli occhi e lui si riscosse. Diamine, però, che begli addominali.... No Lisa, no, concentrati.
" Che c'è parassita? Non hai mai visto un ragazzo in mutande?" commentò mentre continuavo a tenermi la mano sugli occhi. Preferii non rispondere. Sentii che piano piano si allontanava, il rumore degli scalini che scricchiolavano sotto il suo peso e infine, dopo quella che mi parve un'eternità, la porta della sua stanza che si chiudeva.

Senza aspettare un secondo schizzai verso la cucina: in meno di un minuto avevo già arraffato il sandwich lasciatomi da Maura, un pacchetto di patatine e in lattina di aranciata, credo. Salii le scale ala velocità della luce e mi chiusi in camera. Solo quando chiusi la porta alle mie spalle mi concessi di tirare un lungo sospiro. Cercando di tenere il più possibile la mente libera, appoggiai il pranzo sulla scrivania e mi tolsi zaino, giacca e scarpe. Afferrai il cibo e lo portai sul divanetto vicino al davanzale. Mi sedetti e addentai con decisione il tramezzino, ma l'immagine di Terence in mutande mi continuava a comparire davanti. Avevo assolutamente bisogno di distrarmi, di portare la mente altrove. Mi alzai e mi diressi verso l'armadio, aprendo le ante. Sotto i vestiti avevo sistemato con cura la accurata selezione dei miei libri preferiti che avevo voluto portare con me per quel viaggio. Ne afferrai uno a caso, tanto uno valeva l'altro: Harry Potter e la pietra filosofale. Perfetto. Non ancora contenta afferrai anche il telefono e le cuffiette, e mentre mi sistemavo sui cuscini me le infilai nelle orecchie. Feci partire la riproduzione casuale, tanto una canzone valeva l'altra. Però, mentre le parole scorrevano sotto i miei occhi, continuavo a rivedere nella mia mente la scena di pochi minuti prima. Io che aprivo la porta, Terence che mi guardava con aria imbarazzata. Dovevo ammettere però che aveva dei begli addominali: si vede che a qualcuno piaceva andare in palestra a Londra... Mi bloccai di scatto. Da quando lo trovavo attraente? Da quando facevo apprezzamenti sul suo fisico? Da quando pensavo che fosse stato carino il fatto che fosse arrossito lievemente (e chi non lo avrebbe fatto?)quando gli ero comparsa davanti?Misi da parte quelle seghe mentali in un angolo nascosto del mio cervello. Cibo, libro e musica; in quel momento non mi serviva altro.

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