14. world tour

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Perth, Australia, 12:39 pm;

Cammino pensieroso per le strade, ora sì che la città vive. I ragazzi stavano uscendo da scuola, e con le loro grida felici rallegravano anche l'aria. Mi fermo a guardarli, una bambina in particolare, aveva tra le mani un peluche a forma di orsetto. Era bianco e pallido, con qualche pezza qua e là.
Anche io avevo un orsetto simile da bambino, penso, per poi continuare sulla mia strada. Forse si chiamava Washington, o Wellington, insomma una roba del genere. E chi sa dove era finito per tutto questo tempo!

Mi gratto il mento e sbuffo, lasciando cadere le braccia sui fianchi. Che cosa avevo fatto. Non aveva senso distrarmi con orsacchiotti che mai e poi mai rivedrò nella vita. Troye, perché sei così stupido, perché perché. Avrei forse dovuto rispondere diversamente? O era la cosa giusta da fare? Magari avrei dovuto fermarlo.
Passo le mani sulla faccia, in qualche modo avevo fatto un passo avanti però.

Il mio tour era stato annunciato questa mattina. E inutile dire che i fans stavano impazzendo. Per ora, avevo annunciato solo le date europee anche perché oltre a quelle avevo intenzione di farne poche sparse per il mondo. E poi, la cosa oltre il tour, ancora più importante, era la data d'uscita del mio vero e proprio album, stabilita per domani. Blue Neighborhood uscirà per davvero domani.

«Ehi mente solitaria, altri problemi di cuore che non puoi risolvere con del te?» Una voce alle mie spalle mi domanda. Mi giro sorpreso, non me lo aspettavo di certo li.
«Jacob, che ci fai qui?» Domando con un sorriso che mi dipingeva il volto.
«Ti seguo.» Proclamo serio, nemmeno un'emozione traspariva dalla sua voce. Ma non faccio nemmeno in tempo a replicare che una bambina dai capelli folti, ricci e neri abbraccia sulla vita Jacob.
«Fratellone; non hai idea di cosa ci ha fatto fare oggi la maestra!» La piccola bambina dalla pelle color caffè saltava dalla gioia. Osservo ancora Jacob, e poi di nuovo la bambina, beh c'era una fondamentale differenza  di carnagione oserei dire. Lui era più bianco del latte, lei aveva la pelle color cappuccino.
«Adesso me lo racconti! Ma dopo perché dobbiamo andare da Kylie, va bene?» La bambina annuisce, forse un po' triste, ma allo stesso tempo ancora euforica.
«Andiamo Alvah.» Aggiunge poi, prendendo la mano alla dolce ragazzina.
«Ah, Troye, comunque stavo scherzando.» Sentenzia prima di farmi un cenno con la mano libera e allontanarsi dalla mia vista.

somewhere above the Indian Ocean, 11pm;

«Assurdo, davvero assurdo.» Borbotto tra me e me. Quando ho proposto a Troye di sposarmi non mi ero proprio aspetto questo. Anzi.
Mi strofino gli occhi rossi dal pianto, mentre stringo a me quello che necessito per il viaggio.

Ora che sono stato rifiutato, apertamente, avevo lasciato la mia casa, non avevo più praticamente dove stare se non la mia vecchia città, nella casa dei miei genitori. Che cosa avrei fatto non lo so, ero appena atterrato e già ero di ritorno negli Stati Uniti. Mi mancava la mia casa, che visitavo solo durante il periodo del ringraziamento, ad essere sincero. Ad ogni modo, ora che qualsiasi legame con l'Australia si era spezzato non avevo più motivo di rimanere qui, ed era questo l'unico e principale motivo per cui mi ritrovavo su un volo transatlantico.
«Tutto bene?» Mi chiede l'hostess che con non troppa nonchalance mi passa accanto.
«Si si, è tutto okay.» Balbetto come risposta, riportando di nuovo l'attenzione ai miei pensieri quando la donna prosegue la sua camminata per il corridoio. Sposto lo sguardo al monitor che pendeva sopra la mia testa, appena qualche ora e avrei dovuto fare lo scalo a Parigi, per poi prendere l'areo definitivo.
Era tutto così improvvisato che non avevo nemmeno tempo di organizzare tutto al meglio.
Al solo pensiero di quello accaduto poche ore prima le lacrime affiorano ai miei occhi; le asciugo con il palmo della mano e continuo
ad editare il video per il mio canale.

«Io dovrei parlarti.» Comincio a parlare di punto in bianco nel silenzio della macchina.
«È una conclusione che mai avrei pensato di prendere.» Continuo per poi fare un altra pausa, prendere un grande respiro e di nuovo continuare: «Beh in realtà si, ma non così. Forse non è nemmeno il momento giusto, ma io non ce la faccio Troye, ti voglio solo per me.» Sbotto con enfasi. Non potevo crederci che tutto quello che finalmente pensavo fosse uscito direttamente dalle mie labbra senza alcun tipo di filtro.  Avevo passato notti in bianco a pensare come chiedere, parlare o solo discutere riguardo a questo con Troye.
«C-che vuoi dire?» Riesce a blaterare, preso dalla forte paura ed emozione. Tentenno leggermente, realizzando che questa è la mia occasione.
«Intendo dire che ... uh.» Borbotto qualcosa sotto i baffi, per poi passare una mano sulla fronte.
«Che ne dici se ci sposiamo?» Fisso il ragazzo davanti a me senza avere il coraggio di proferire altre parole.
«Cosa?» Mi richiede con stupore dipinto in faccia. «Abbiamo poco più di 20 anni, ora non fraintendermi Connor, io ti amo, ma non ti sembra un po' troppo presto?» Riporto lo sguardo alla strada, un po' per evitare di fare un incidente, un po' anche perché non era quella la risposta che mi aspettavo.
Io lo amavo, non potevo comprendere come lui, che evidentemente non mi ama abbastanza, non volesse passare il resto della sua vita con me.
«Io sono sicuro Troye, voglio passare tutto il tempo che ho a disposizione con te, e poi, se non ora quando? I programmi e impegni per il canale ci divorano ogni giorno di più!» Sbotto lasciando in un impeto il volante e rischiando una sbandata.
«Vedi Connor lo dici pure tu, non possiamo sposarci.» Annuisco fissando con attenzione la corsia davanti alla macchina e mi mordo il labbro in segno di frustrazione.
«Non mi sento pronto ecco.» Prendo un grande profondo respiro, per cercare di trattenere quelle lacrime che già minacciavano di cadere.
«Sai cosa Troye? Tu non sarai mai pronto, e sai perché? Mh? Perché non mi ami, cazzo, tu non mi ami, e lo sai bene. Ti ho dato tutto, tutto, ho lasciato casa mia, la mia famiglia, persino Los Angeles, e il mio amato appartamento per vivere in questa cazzo di terra desolata. E sai cosa ho ricevuto in cambio? Nulla Troye, nulla, ti ho amato ti amo e ti amerò sempre, ma non posso aspettarti ancora, o ora o mai, è una tua scelta.» Mi giro ancora a guardare il ragazzo vicino a me, le lacrime oramai gli bagnavano le guance, e i singhiozzi gli scuotevano il petto, così come dolci tremolii muovevano le sue mani.
«Hai ragione, io non ti amo. Amavo quello che credevo essere te, ma ora che davvero so come sei, posso dire sinceramente grazie, avrei rischiato di sposare l'uomo che credevo tu fossi.» Preso dalla rabbia sterzo, in una piazzola accanto alla tangenziale. E purtroppo, la mano alzata in aria finisce sulla guancia del ragazzo seduto accanto a me.
Il silenzio cala, non un silenzio imbarazzante ma di stupore. Io non potevo credere di averlo fatto così come lui era incredulo dell'accaduto.
Reo abbasso la mano, faccio in tempo appena ad aprire bocca che il rumore della portiera mi precede. Se ne era andato, e questa volta per davvero.

Ho la testa appoggiata allo schienale e ora ogni qualsiasi tentativo di trattenere il pianto sembra vano. Nella mi testa scorrono inevitabili le immagini, che si ripetono in continuazione.
Voglio solo tornare a casa.

Spazio autrice 🚀

Non mi uccidete vi pregoooo, dovevo aggiungere un po' di drama 🤷🏻‍♀️.

E poi, volevo solo avvisarvi che mancano pochissimi capitoli alla fine, più il prologo. Un po' mi dispiace finire questa storia ma purtroppo devo rispettare lo schema che mi sono fatta quando ho iniziato a scrivere.


Baci, E

Jealousy [Troye Sivan]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora