Luna

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È appena entrata una nuvola di Gorgosprizzi nella Sala Grande, ma forse è soltanto Harry.  Potrebbe fare il Magizoologo, visto come riesce ad attrarre le crature magiche. Ma immagino che al momento preferirebbe attrarre ben altro che Nargilli.
Vedo una zucca esplodere, al tavolo dei Tassorosso. Probabilmente un incantesimo difettoso, ho sentito che quel ragazzino di Grifondoro è bravo con gli incantesimi esplosivi. La guerra ci ha cambiati tutti. Non avrei neanche ricordato il suo nome, due anni fa. Sorrido quando ci ripenso, come quando ricordiamo stupidaggini che facevamo da bambini. Mi sento tanto diversa da allora. Molti amici sono morti. Ho molte ferite in più.
Prima tutte le mie ferite, i tagli ed i lividi venivano da piante o animali. Mio padre scrisse un articolo sul Baobab Nano del Mozambico,  una pianticella che più invecchia più rimpicciolisce, e che ogni volta che si sente attaccata, colpisce con i rami, tipo il Platano Picchiatore. Solo che questa non si vede.
Dobbiamo ancora provarne l'esistenza, ma sono sicura che papà ce la può fare.
Ora se ho delle cicatrici ripenso al mio periodo a Villa Malfoy, e mi sento rabbrividire.
Comunque. Ho dei nuovi orecchini a forma di Folletto della Cornovaglia, ora, e Ginny mi ha detto che le piacciono moltissimo. Per Natale le sto preparando un altro paio con delle Puffole Pigmee. Sarà una bella sorpresa, spero.
Oh, Harry è venuto a sedersi accanto a me e Neville. Ciao Harry.
"Ciao Harry."
Lui mi sorride. Ha l'aria stanca. Ce l'abbiamo tutti, di recente.
"Ciao, Luna. Come va? Carini gli orecchini."
"Grazie, Harry. Sto bene, considerati i recenti sviluppi. "
"Che sviluppi?" Mi fa Neville, la bocca piena di pasticcio di carne.
"Ma come, non lo sai? Il Cavillo  ha trovato una nuova specie di animali magici, sono come moscerini ma hanno le ali dorate, e le loro uova producono un veleno in grado di..."
Vedo Harry che inizia a pensare ad altro, uno sguardo stranamente sereno. Mi fa piacere, il modo in cui si fa cullare dalle mie parole, quindi continuo a parlare, Neville che sembra sinceramente interessato a ciò che dico. È carino, prima d'ora solo Ginny mi stava ad ascoltare.
Mi piaceva, la nuova "politica" delle Case. Ognuno poteva sedersi dove voleva in Sala Grande, e fino alle 21 poteva stare nella Sala Comune di Case diverse. Uno dei motivi principali della guerra era il fatto che molti tra i Serpeverde si sentivano odiati ed isolati da tutti, e Voldemort aveva usato questo punto debole per arruolare più persone possibili. Non doveva più succedere. I maghi sono troppo pochi per permettersi di avere guerre interne.
Intanto, mentre continuo a parlare a nessuno in particolare (Neville sta pensando ad altro, ma non fa niente), mi sento abbracciare da dietro, e due mani mi coprono gli occhi.
"Indovina chi sono." Mi fa Ginny, alterando la voce.
"Mmmh, scommetto che sei un Nargillo."

Appena entrammo nella Sala di Corvonero, mi sentii di nuovo a casa. Amo la mia casa, e voglio molto bene a papà, ma Hogwarts mi ha sempre accolto, specialmente nel periodo dopo la morte di mia madre.
Adoro le pareti circolari con le grandi finestre, e l'aria "da biblioteca" che si respira, con tutti quei libri in ogni angolo, e la pergamena e le piume e le macchie d'inchiostro ovunque. Il soffitto dipinto con la volta celeste, e l'angolo dedicato alle pozioni, pieno di alambicchi sempre a rischio di esplosione. Era davvero... casa.
Non mi piace quando la gente pensa che i Corvonero siano solo secchioni o studiosi asociali. Il fatto che a volte preferiamo la solitudine alla compagnia deriva dal nostro modo di pensare, che ci impone di concentrarci a lungo su qualcosa, per poi passare subito ad altro.
Io direi che siamo creativi.
Voglio dire, io non ho tutte E in ogni materia. Eppure sono qua.
Mi metto a disfare la valigia. Mi accorgo subito che mancano delle cose, ma sono sicura che in settimana le riavrò tutte. Papà di solito mi invia pacchi e pacchetti per un mese, con tutto ciò che ho lasciato a casa.
Appena finisco di sistemarmi, mi metto nel letto, tirandomi la coperta fin sopra i capelli. Per quanto abituata alla fresca estate inglese, le serate scozzesi di inizio settembre sono abbastanza fredde.
Tiro la tenda del baldacchino con una mano, mentre guardo la finestra accanto al cuscino. Fuori ormai è tutto buio, e piano piano riesco ad addormentarmi anche io.

Per svegliarmi ore dopo, al grido di una delle mie compagne di stanza Amelia McCoy. È simpatica, ma onestamente mi sembra troppo razionale. Ripete da anni che non crederà nei Gorgosprizzi fino al giorno in cui non glieli farò vedere di persona.
Comunque, la sento gridare disperatamente, quindi mi alzo, perché ovviamente avere una civetta urlante accanto a te riduce drasticamente le possibilità di un sonno tranquillo. Appena arrivo accanto al suo letto, vedo che ha ancora gli occhi chiusi, ma si agita disperatamente, gridando qualcosa di incomprensibile.
Sorrido tristemente, poi la scuoto appena. Basta per svegliarla.
"Calma, va tutto bene." Dice una voce alla mia destra. Ah, allora non ero l'unica sveglia. Ma del resto, se Amelia gridava, l'avranno sentita tutti.
"Mi spiace se vi ho svegliate." Ci risponde, ancora tremante per via del sogno.
Poi mi ricordo. Ha visto i genitori morire, quest'anno.
Chiunque dopo una cosa del genere avrebbe problemi a dormire, quindi le sorrido di nuovo, e mi sento riempire dal sollievo quando vedo che anche lei cerca di tirnare in sé.
Cerchiamo tutti di essere forti, davanti agli altri.
"Posso restare qui accanto se vuoi." Le dico. "Tanto non penso di tornare a dormire ora."
Lei mi guarda riconoscente, e per un attimo al suo posto vedo Ginny, che piange dopo aver visto di nuovo Fred in sogno. Mi siedo accanto al suo letto, e la sento riappogiarsi sul cuscino.
"Raccontami dei Nargilli, Luna." Mi dice.
E in quel momento mi chiedo quanto la guerra ci abboa davvero cambiati.




Salve a tutti, sono di nuovo io. Già. Mesi dopo, sono tornato. Prima di tutto, mi devo scusare/prostrare al suolo implorando pietà. Poi, posso dire che prometto di pubblicare un altro capitolo al più presto, perché non voglio rischiare di finire senza testa. Che sarebbe abbastanza spiacevole. 
Pace e amore, I'm out.

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