Capitolo 11

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I giorni passano lenti, è passato un mese, un mese pesante come un macigno. Un macigno che si fa più pesante e più doloroso ogni giorno che passa. Papà ha comprato una nuova casa ed è andato a vivere con RoseMary, noi abbiamo visto casa sua e lui due volte, e sono state una peggio dell'altra. Mamma ha ripreso a lavorare ed uscire con gli amici e se già prima non ci sopportavamo ora sento che qualcosa si è definitivamente spezzato. Sarà colpa mia? Io pensavo che avesse il diritto di sapere quello che stava succedendo non volevo farle del male e ora sembra che mi odi. Non c'è mai e quando c'è urla peggio di prima, è come se sfogasse su di noi tutta la sua rabbia repressa. Papà ha lasciato il suo lavoro e da quando è andato via non paga più la casa e non fa più la spesa per noi. Chiama poco e niente e 6 giorni su 7 dice che ci viene a prendere e non viene. Gab passa le sue giornate ad aspettare delle ore sul balcone per poi non vedere nessuno. E io passo le mie a guardare lui e perdere ogni volta un pezzo di cuore in più quando capisce che nessuno verrà a prenderlo. È davvero così che deve andare? Eppure ci avevano detto  che l'amore per noi non sarebbe cambiato e invece non è vero. Ma perché? Quando finisce un amore tra una mamma e un papà allora chi ci pensa ai figli? Nessuno?
Io non credo che sia giusto.
Il mattino seguente andiamo a scuola contenti come non mai perché l'aria in casa è troppo pesante e persino alzarsi dal letto caldo per andare a scuola sotto il freddo polare ci sembra un idea migliore. All'uscita con nostra grande sorpresa ci aspetta papà.
<oggi siete da me> ci dice.
<oh, perfetto. E chi ti dice che io abbia voglia di stare con te dopo tutti i giorni ad aspettarti invano? > penso. Mi mordo la lingua perché gli occhi di Gab finalmente sorridono e non posso essere io a strappargli questi ormai rari momenti di felicità.
<ok> dico.
Andiamo a pranzo da lui e c'è anche RoseMary.
<ti piace la mia nuova borsa di hello kitty? Me l'ha regalata tuo papà. >
Vorrei piangere e poi tirarle un pugno. Anzi tirarle un pugno e poi piangere. Anzi no tirarlo ad entrambi. Perché lui sapeva benissimo quanto io desiderassi quella borsa e lo sapeva anche lei.
<si bella. > dico, e caccio indietro le lacrime.
<dopo pranzo puoi portarmi a casa? Ho una marea di compiti e non ho i libri che mi servono qui con me. Tu Gab puoi restare se lo vuoi. >
Dico.
Non è vero, e non voglio lasciare Gab da solo però non voglio stare un minuto di più qui con loro e so che Gab invece lo vuole.
<va bene> dicono papà e Gab.
Non voglio stare neanche a casa con mamma però almeno lì posso rinchiudermi nella mia bolla e stare in pace. Ne ho bisogno.
Non posso pensare che per papà è più importante regalare a RoseMary la borsa che io volevo piuttosto che vederci o comprarci quello che ci serve.
Ho deciso, io non voglio più vederli. Tanto a lui non importa niente di me.

L'amore É Una BugiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora