Capitolo 2

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                                                                  Ryan

La giornata è cominciata male, il cielo è plumbeo e chiama pioggia, anche se in realtà mi è sempre piaciuta. Sono a lavoro da più di venti minuti e lei non è ancora arrivata. Mi manca. Ogni volta che la vedo il mio cuore perde un colpo e sogno di baciarla all'angolo di quella bocca perfetta, proprio sopra la sua voglia. 

Sono seduto sulla mia scrivania e sono da poco passate le 8.30. La vedo entrare all'ingresso, attraverso le doppie porte e raggiungere il suo ufficio, proprio di fronte al mio. Sono fatti di vetri, perciò ho sempre la possibilità di guardarla quando lavora. Oggi la sua chioma bionda è legata in una coda alta scoprendo il suo collo sottile. Le conferisce una curva elegante e sofisticata. Ma alla sua acconciatura perfetta è scappato un ciuffo di capelli morbidi con cui gioca quando è concentrata e io adoro guardarla, vorrei giocarci io. Dovrei alzare il culo e invitarla a uscire, ma ho paura di un rifiuto. Alza quel culo e vai da lei, femminuccia. Okay, prendo coraggio ed esco dal mio ufficio, attraverso il corridoio ed entro nel suo. Subito sento il suo profumo inconfondibile, è dolce, sa di lei. 

<<Ciao Jennifer, come va?>> Appena mi vede le si illuminano gli occhi, è un segno positivo, no? Fa un piccolo sorriso e si sistema il ciuffo ribelle. <Ehi, bene e tu?>> <<Ah, il lavoro. E' stressante non trovi?>> Stupido. <<Si, non ho quasi chiuso occhio sta notte.>> Mi dice. Strano, sembra fresca come una rosa appena colta, appena sbocciata. <<Mi chiedevo una cosa. Ti andrebbe di venire a cena con me? Per passare del tempo assieme, non so. Parlare di quel tuo nuovo progetto. Che ne dici?>>

 Osservo attentamente la sua reazione. La rendo nervosa lo so. Si sposta leggermente sulla sedia e vedo le sue mani tremare leggermente. E' così dolce. <<Certo, sarebbe bello.>> Torna quel suo piccolo sorriso. <<Facciamo sta sera? Alle 20.00? Hanno aperto quel nuovo ristorante in Houston Street, il Divider, non ci sono mai stata, dicono che sia buono.>> Oh, mio, dio. Sono uno stronzo fortunato. << Perfetto, a sta sera, passo a prenderti io.>> E con questo, esco dal suo ufficio, prendo una grossa boccata d'aria e sorrido come un povero cretino. Si prospetta proprio una bella serata e forse non si fermerà solo alla cena.

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