06: Note silenti (parte I)

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    IAN sventolò la piccola piantina davanti al viso dell'androide. La macchina inclinò la testa di lato, emettendo un sinistro scricchiolio, per via delle articolazioni metalliche. Sicuramente stava cercando di decifrare le sue azioni. Anche se i calcolatori erano equipaggiati con sofisticati algoritmi di apprendimento e di interazione con gli uomini, faticavano a reagire di fronte ad atteggiamenti insensati. Era uno dei motivi per cui preferivano che fossero gli stessi umani a occuparsi dell'addestramento comportamentale dei bambini. L'Archeologo, come ormai aveva deciso di farsi chiamare, continuò ad agitare l'arbusto di fronte alla fedele riproduzione della madre di YUNE.

    «Si sente bene?» domandò l'androide, sconcertato.

    «Certo, certo» rispose lui. «Tu piuttosto: sicuro di non vedere nulla di strano?»

    La macchina lo fissò, mimando un'espressione dubbiosa: «No, signore... qualcosa non va con il contenitore? Non rilevo danni strutturali: forse non è di suo gradimento? Se vuole, posso sintetizzarne uno nuovo, con l'autorizzazione di YUNE. Il costo in termini di risorse sarà esiguo.»

    «Ti avevo detto di non chiamarmi in quel modo» ringhiò il Programmatore, seduto alla scrivania.

    «Le chiedo scusa» rispose la macchina, con ostentato dispiacere. «Richiedo l'autorizzazione per sintetizzare un nuovo contenitore.»

    «Non c'è bisogno» intervenne IAN. «Va benissimo così: volevo testare le tue reazioni» si giustificò.

    L'androide si voltò verso di lui: «Ho superato il test?»

    «Naturalmente...» iniziò l'Archeologo.

    «Lasciaci soli» lo interruppe YUNE. «Aspetta fuori dalla porta d'ingresso. Rientrerai quando IAN se ne sarà andato.»

    In cuor suo, lo Storico sperava che la macchina si rifiutasse. Quando la vide accennare un saluto e avviarsi verso l'uscita, iniziò a sentire i nervi a fior di pelle. Usare l'aggeggio per distrarsi non era stata una buona idea: adesso chi avrebbe potuto interromperli, nel caso ci fosse stato bisogno? La tensione iniziò a scorrere nelle sue membra. Abbassò le braccia, con la piantina ancora tra le mani, e rimase in silenzio. Fissò la schiena di YUNE.

    Indossava una maglia che evidenziava la sua debolezza. Le maniche corte lasciavano scoperte le braccia, mostrando anche i diversi segni di punture. IAN contava tre fori recenti: quante volte si era bucato, durante l'ultimo arco? Possibile che le voci lo tormentassero a tal punto? Quello stupido avrebbe dovuto trovare un'alternativa, o sarebbe morto di overdose, prima o poi.

    Abbassò lo sguardo sulla piantina. Se la rigirò tra le mani, combattendo contro l'impulso di lasciarla cadere a terra o buttarla nel differenziatore. Era l'ultimo ritrovato di YUNE: non sapeva quando l'aveva recuperata, per le strade del Distretto A, ma sicuramente non c'era, l'ultima volta che era venuto a trovarlo. L'istinto gli suggeriva di allontanarsi, di scappare via da quell'abitazione, piena di ricettacoli di malattie e infezioni. Resisteva solo grazie alla logica.

    Quasi nessuno, nella Cupola, poteva vantare una volontà propria, indipendente dagli insegnamenti del Calcolatore Centrale. Era stato inculcato loro che l'esterno era pericoloso, che qualsiasi elemento organico estraneo poteva essere portatore di orrori inimmaginabili. In qualche modo, le macchine riuscivano a generare una paura tale che chiunque sarebbe scappato di fronte a una pianta. Lui, però, non poteva più lasciarsi dominare dalla superstizione. YUNE gli aveva donato la capacità di raziocinio.

    «È incredibile che non riesca ad accorgersene» disse, per spezzare il silenzio.

    «Ho installato dei programmi per filtrare la reale immagine della mia abitazione» gli rispose l'altro. «Per l'androide, quella è la mia collezione personale di contenitori. Probabilmente mi ritiene più folle di quanto non mi consideri io, ma va bene, finché non creo problemi.»

Alius - il DitticoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora