Non voglio andare a scuola ma Federica conta su di me, con gli occhi assonnati e semichiusi salgo sull'autobus.
"Nottataccia?"
Guardo Carlo con lo sguardo di chi vorrebbe solo riposare il lunedì mattina ma che é costretto ad entrare in miniera.
Mi siedo al solito posto, il penultimo attaccato al finestrino, ascolto quelle poche canzoni che riescono a tenermi sveglio.
Arrivo a scuola e vedo Federica seduta sugli scalini assieme ad Alina, resto di sasso, qualcuno sbatte sulle mie spalle e dopo uno sguardo fuggitivo rifisso le due ragazze.
Federica mi nota e dopo essersi alzata di scatto e comincia a correre, mi volto e giro il pilastro che da sul cortile, non voglio entrarci a scuola.
"Leo!!"
Mi fermo senza girarmi, per fare un po' di scena, Federica mi raggiunge e con gli occhi lucidi mi abbraccia a lungo, saranno stati più di trenta secondi, quei secondi che durano un eternità, come quando si guarda la lancetta dell'orologio.
"É stato uno stronzo" Le dico, un po' per consolarla, un po' per non dire nulla di sbagliato.
"Lo so già" mi risponde lei cercando altre parole di conforto.
"Senti Federica, mi dispiace tantissimo per Luca, ma non so davvero come consolarti, non sono molto bravo in questi casi"
Mi accorgo solo dopo un po' che abbiamo fatto un bel pezzo di strada e che siamo arrivati in una grande piazza. Ci sediamo sopra una panchina e dopo aver fissato per un po' l'erba Federica mi appoggia una mano su una spalla.
"Ci sarebbe un modo per consolarmi"
Mi giro con gli occhi socchiusi, cercando di capire qualcosa, lei mi fissa, mi si avvicina e mi bacia.
La guardo stupito, confuso. Mi avvicino a lei e la bacio.
"Va a scuola Federica"
Dopo averla congedata comincio guardo il cielo.
Mi alzo quasi barcollando, mi avvio in una strada poco trafficata ed entro nel bar del professore.
"Dammi la cosa più pesante che hai"
"Quanti anni hai?"
"Cosa cazzo ti interessa?"
"Andiamo!"
"17 tra qualche mese"
"Non posso venderti nulla, solo una birra"
Quasi frastornato sbatto un pugno sul bancone attirando l'attenzione su di me
"Te lo pago il doppio, porca troia!"
Il barista sembra pensarci un attimo, ma poi mi risponde di no.
Esco sbattendo il portone, comincio a camminare con passo svelto, abbasso lo sguardo, passo davanti casa sperando che mio padre sia già uscito e poi passo dal parco con le piste ciclabili e quelle da skateboard.
Vedo Alessio e Luca che parlano, oddio cosa sto per fare, comincio a caricare un pugno, mi avvicino e ne sferro uno a Luca.
Alessio, senza i riflessi utili per bloccarmi, si rifà con uno schiaffo in testa che mi stordisce e poi mi colpisce su uno zigomo.
La botta non si fa sentire, anzi, ma questa sensazione dura per poco, dopo essermi allontano comincio a sentire un dolore insopportabile in faccia, mi avvicino ad una fontana e mi bagno il volto. Il sollievo c'è anche se per qualche secondo mi avvicino a scuola, l'ultima campanella é suonata, escono tutti e mi si avvicina Alina.
"Cosa vuoi?!"
"Tu cosa hai combinato?!"
"Non ho combinato nulla"
"Senti quella arrabbiata sono io! Perché quel no non sarebbe stato duraturo"
"Cosa?"
"Che io avrei potuto anche starci con te, ma ti ho visto con Federica"
Io che per Federica non ho provato nulla oltre che amicizia resto con il cuore in mano, gettato alle intemperie. "Alina ma io..."
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Lucifero
RomansaSe tagli la testa ad uno scarafaggio esso continuerà a vivere per circa una settimana, poi morirà solamente di fame. Questa non é una storia su Lucifero ma il titolo é esclusivamente una metafora, non é una storia che simpatizza per il diavolo ma u...