Dominic
Molti direbbero che io sia danneggiato.
Altri ancora credono che sia un sopravvissuto.
Io ho poche certezze nella vita ed una di queste è che sono una fottuta rockstar.
Presuntuoso dite?
Forse, o semplicemente ero nel posto giusto al momento giusto.
Ironico se si considera il fatto che il posto giusto fosse un ospedale e il momento giusto fosse la mia morte imminente.
All'età di dodici anni, infatti, mi diagnosticarono una malattia incurabile. Sono morto? Ovviamente no! Come dicevo sono una fottuta rockstar.
Non sono abituato a riavvolgere il nastro, specie perché i miei ricordi di allora sono piuttosto frammentari.
Quella che racconterò è una storia che non parla di me, ma è comunque la mia storia.
Charles Blackwell era un marito, un padre ed uno scienziato.
Non era un uomo qualunque, nel suo campo egli era un'assoluta leggenda.
Proveniva da una minuscola cittadina del Massachusetts, una di quelle dalle quali durante le belle giornate era possibile scorgere il nitido New Hampshire ed eccezionalmente intravedere il brumoso profilo delle White Mountains un centinaio di chilometri a nord.
Una di quelle in cui le strade cominciavano a salire prima di inabissarsi ancora una volta tra foreste di pini e poderi.
La stessa dalla quale scappò dopo aver incassato i soldi della borsa di studio per frequentare la facoltà di medicina ad Harvard.
Fece i bagagli, partì per Boston e non tornò mai più indietro.
Si lasciò alle spalle la sua casa vittoriana dalla forma incerta, di un grigio malconcio, l'alta siepe tutta intorno, gli alberi immensi e frondosi che quasi ne oscuravano la facciata, l'amaca appesa sulla vecchia veranda, il cortile in disordine con il garage e il fienile e un annoso dondolo in legno.
Scelse di lasciare ciò che era nel passato dell'America senza speranze, opzioni ed ambizioni per poter avere la possibilità di soddisfare le proprie.
Tra i banchi di scuola conobbe Catherine, non fu esattamente amore a prima vista, ma nonostante tutto riuscì a trascinarla all'altare e farsi sposare.
Raccontava di averla vista in una sera d'aprile pervasa da tenui profumi.
Passeggiava malinconica sotto alberi dalle chiome umide e roride, imbronciata aspra e solitaria, con i pugni stretti in fondo alle tasche del suo cappotto marroncino, lì a ponderare l'orrida leggenda della vita rimuginandoci sopra mentre tornava lenta verso casa.
Era la donna più intelligente che avesse mai visto, diceva sempre, il fatto che avesse anche un aspetto niente male la rese solo più affascinante ai suoi occhi.
Qualche tempo dopo costruì il suo impero farmaceutico dal nulla, i mattoni che usò furono delle piccole molecole da lui stesso scoperte tra i laboratori del CDC presso i quali cominciò a lavorare una volta finita la specializzazione.
Inutile dire che quelle sequenze minuscole gli fruttarono la stima e il rispetto dell'intera comunità scientifica prima ancora che egli desse vita ad una delle multinazionali milionarie più quotate in borsa degli ultimi decenni.
Alla soglia dei quarant'anni poteva vantarsi di aver lavorato per varie agenzie governative costruendosi un nome ed una posizione, poteva dire di aver avuto colloqui con segretari della difesa, presidenti, uomini d'affari.
Ma tutta la fama di questo mondo, tutti i successi ottenuti e i traguardi raggiunti non furono in grado di restituirgli suo figlio, quel figlio che egli aveva perso a causa di una malattia esattamente identica alla mia.
Egli cercò disperatamente una cura per anni da quando ricevette l'infausta diagnosi, ma uno dei nemici più acerrimi della scienza è il tempo, e quello con lui non fu clemente.
Per uno scherzo del destino arrivò a sintetizzare il farmaco esattamente trent'anni dopo aver sepolto il suo unico figlio.
Cosa c'entra questo con me?
Parecchio, in realtà. Io ero uno delle migliaia di bambini che egli riuscì a salvare.
Una coincidenza fortuita, oserei dire.
E fu così che le nostre strade si incrociarono.
In ospedale mi avevano dato per spacciato, i miei tutori rinunciarono alla custodia temporanea perché l'assegno di mantenimento che ricevevano dallo stato per tenermi in casa loro, sarebbe ritornato al mittente tramite spese sanitarie di ogni tipo: ricoveri, farmaci, test diagnostici e via dicendo.
Qualche mese dopo fui trasferito a Boston in una delle strutture ospedaliere migliori dello stato.
Proprio io, un ragazzino qualunque privo di una qualsiasi risorsa.
Ma non era necessario che fossi qualcuno, perché la mia morte imminente costituiva un requisito necessario e sufficiente affinché venissi considerato un candidato idoneo a testare il nuovo farmaco che un'azienda leader nel settore aveva appena sintetizzato.
Ero sbigottito come tutti i bambini sconvolti dopo essere stati catapultati fuori nel mondo dal grembo materno proprio perché, mentre giacevo su un letto arido, capivo che la solitudine fosse il mio unico lascito.
Charles Blackwell, quindi, non mi restituì soltanto la vita, ma mi diede qualcosa che non pensavo potesse più esistere per me: una famiglia.
Ero un prodotto del complesso meccanismo delle case famiglia d'America: un ragazzino arrabbiato col mondo che aveva assistito al suicidio di sua madre e che non aveva mai conosciuto il suo vero padre.
Sballottato da una famiglia affidataria all'altra, figlio delle mie stesse radici sbiadite, ero solo.
E poi non lo fui più.
Egli mi prese con sé e fu in quel momento che cambiò tutto.
Non mi diede soltanto il suo cognome, mi rese un uomo diverso, una persona migliore.
A lui devo ogni cosa.
E mentre apprendo la notizia della sua morte, tutto ciò a cui riesco a pensare sono gli occhi di Eva.
La mia Eva.
Questo è il secondo capitolo/ prologo. Come avete già intuito questa storia ha tre protagonisti: Alexander, Dominic ed Eva. Le prime tre parti mostreranno un minimo del loro passato, per capire chi sono, da dove vengono e quali sono i legami li uniscono. Vi anticipo che si tratta di tre persone con radici diverse, ma che si trovano a condividere parte degli aspetti della loro vita. Sufficientemente vago, no? XD Spero abbiate avuto una piacevole lettura.
A presto,
Giulia
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Ashes of us
Romance"Erano un uragano che non avevo previsto, un inaspettato colpo al cuore sulla cima di un pericoloso precipizio." La vita di Eva cambiò nell'arco di qualche minuto. Un'orfana alla disperata ricerca di un senso di appartenenza che le era stato portato...