Capitolo 29

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Dopo circa due ore di volo, atterro finalmente al JFK di New York.

Non è stato un volo molto lungo devo dire, ma è stato davvero duro per me, aggiungendo il fatto che sono incinta non mi ha aiutato con le nausee.

Vado per prendermi le valigie e mi squilla il telefono. È Hank.

"Ehi papà" rispondo al telefono, cercando di mascherare il fatto che non sto molto bene e che da un momento all'altro potrei vomitare l'anima.

"Com'è andato il volo?" domanda lui, con la voce di Erin di fondo.

"Bene dai, anche se non sono riuscita a chiudere occhio perché c'erano due bambini che non facevano altro che urlare e dare calci al sedile mio e del mio vicino" dico seccata.

"Dovrai abituarti alle urla snervanti dei bambini" dice mio padre, sdrammatizzando la situazione.

"Spiritoso" dico ironica, poi aggiungo: "ora vado a prendere le valigie. Quando arrivo al distretto ti mando un messaggio. Salutami tutti" dico io, riagganciando.

Vado e aspetto che arrivi il mio bagaglio sul nastro trasportatore.

Vicino a me c'è una ragazza, più o meno della mia età, con la divisa dell'esercito, che sta aspettando anche lei il bagaglio. Probabilmente è qui per lo stesso addestramento che deve fare Justin. Magari sono della stessa squadra.

"Sei qui per venire a trovare il padre?" domanda lei, guardando la mia pancia.

"Oh no!" dico facendo una risata nervosa.
"Sono qui per lavoro" dico io, porgendole la mano.
"Io sono Valerie"

"Piacere, io sono Annalise. Che lavoro fai, se posso sapere?" domanda lei, guardando il nastro.

"Sono un'agente dell'Unità Vittime Speciali di New York" dico, facendo un sorriso.

"Ho sentito parlare di quell'Unità. Stimo molto il loro lavoro".

"Sei qui per l'addestramento, giusto? Anche mio fratello dovrebbe venire qui nei prossimi giorni" domando io, cercando di non essere troppo invadente.

"Certo, sono venuta prima per visitare anche la città prima di andare alla Caserma di addestramento. Di che Caserma è tuo fratello?" domanda la ragazza, prendendo in mano la sua valigia.

"Alla Fort Nilson" dico io e la faccia di Annalise si illumina.

"È per caso Justin Voight?" domanda lei, diventando rossa.

"Sì, proprio lui" dico io, intuendo che lei ha una cotta per mio fratello.

"Ci si vede in giro" dice lei, salutandomi.

Aspetto per circa dieci minuti e finalmente vedo la mia valigia. La prendo e mi dirigo verso l'uscita.

All'uscita, vedo un uomo alto, moro e ben vestito che ha un cartello in mano con scritto: Valerie Hopkins.

Mi avvicino a quel tale, che mi fa alquanto paura, e dico che sono Valerie Hopkins.

"Salve Agente Hopkins. Io sono il Sergente Micheal Dodds, sono venuto a prenderti per portarti in Centrale" dice lui, aiutandomi con le valigie.

"Salve Sergente. Sarà un piacere lavorare con lei" dico, cercando di allentare la tensione che mi pervade da quando l'ho visto. Mi mette in soggezione.

"Anche per me. Olivia ha insistito molto con il Capo per farti prendere qui. Non ti conosco, ma se lei dice così, mi posso fidare" dice lui, arrivando alla macchina, un SUV nero con i vetri oscurati.

Il tragitto è stato abbastanza silenzioso. Non appena arriviamo in Centrale, incomincia a salirci tanta di quell'ansia che incomincio a sudare.

"Stai tranquilla. Non ti morde nessuno, almeno il primo giorno" dice, scendendo dalla macchina facendo una risata quasi forzata.

Già non mi piace. Cerca di fare il simpaticone ma, per sua sfortuna, la cosa non gli è riuscita bene.

Prendiamo le valigie dal bagagliaio ed entriamo in Centrale. Prendiamo l'ascensore e arriviamo nel piano dove opera l'unità vittime speciali.

Ad accoglierci ci sono il Detective Carisi e Fin, che vengono subito da me e mi abbracciano.

"Siamo felici che tu abbia accettato il posto" dice Carisi, prendendo le valigie e mettendole nella stanza del caffè.

"Grazie a voi per avermi offerto il posto" dico io, ricambiando l'abbraccio a Fin.

"Benvenuta a New York Agente Hopkins. Spero il volo sia andato bene" dice Olivia Benson, con il suo tono deciso, da vera leader. Un giorno vorrei proprio essere come lei.

"Salve Tenente. Il volo è andato bene".

"Mettiamoci al lavoro" ordina Benson, andando verso il tabellone con la foto di una donna con il viso tumefatto.

"Esponi il caso Rollins" ordina Olivia.

"Kerry Merrington, venticinque anni, di Brooklyn. Ieri notte è stata aggredita e violentata da un gruppo di ragazzi all'uscita da un locale di Manhattan" dice Rollins, indicando la foto della ragazza appena arrivata in ospedale.

"Valerie, va a prendere tutti i documenti che riguarda 'la Banda degli Stupri' che sta terrorizzando New York. Il modus operandi è lo stesso" dice Benson. Mi dirigo verso le scale e scendo nel seminterrato dove ci sono i fascicoli dei vecchi casi.
Sono tantissimi! Ne vedo come minimo una ventina.

Esco dal seminterrato e, per sbaglio, vado contro un agente e tutti i fascicoli cadono a terra.
Fantastico! Venti casi tutti sparsi per terra!

"Mi dispiace Agente" dico io, scusandomi e abbassandomi per raccogliere tutti i fascicoli.

"Ti aiuto. È colpa mia" dice lui, abbassandosi per darmi una mano.

Alzo lo sguardo e, quando i nostri sguardi si incrociano, scatta qualcosa dentro di me che non capitava da molto tempo, da quel primo anno di liceo, nel cortile, quando incontrai per la prima volta un ragazzo, il mio primo vero amore, ma ancora prima che potesse succedere qualcosa si trasferì.

Oggi, dopo molti anni, rivedo quel ragazzo che, nel cortile del liceo, mi rivolse per primo la parola e di cui mi innamorai all'istante.

Carter Yorkers.

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