Parte 1

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Roshelle's POV

Prendo la crema solare e ne spruzzo una dose generosa sul palmo della mano.

Il sole è ormai piuttosto basso, ma picchia ancora abbastanza da riscaldare la pelle, allentare i nervi.

Abbraccio lo spazio attorno a me con lunghe occhiate, seduta sul bordo della sdraio. L'acqua della piscina è ferma, attraversata da pagliuzze di luce. E' inizio giugno e questo è il primo bagno della stagione. Ha qualcosa di catartico spogliarsi dopo mesi in cui il corpo è stato avvolto da vestiti, come un manichino sui cui appendere ogni giorno strati delle nostre identità. Avanzo sulla superficie del mio corpo con ampi movimenti delle mani e ogni tocco e un attestato di esistenza: sono qua, ho questa forma, questa consistenza, le spalle che spuntano in questo modo, le braccia di questa lunghezza, ci sono. Mi accarezzo lentamente le gambe, mentre la crema sparisce veloce sotto la pelle, rannicchiandomi sempre di più su me stessa, fino ad unire le braccia appena dietro i polpacci, la testa piegata di lato, poggiata sulle ginocchia.

Sento il rumore delle ciabatte sulle piastrelle del bordo piscina in lontananza farsi sempre più vicino, fino a che un paio di gambe non fa capolino nella mia visuale. Alzo lentamente la testa, facendo scivolare i capelli di lato per liberare lo sguardo. Poco più in alto, due occhi azzurri ricambiano l'occhiata. Mi sorride. Le sorrido, continuando a fissarli, ferma nella stessa posizione accovacciata. Sparisce dalla mia visuale, la sento sfilarsi le ciabatte e subito dopo scivolare dietro di me, sedendosi a gambe divaricate, e con molta delicatezza appoggiare la testa alla mia, unendo le sue braccia attorno alla mia vita. Mi stringe a sé, facendomi irrigidire per un attimo; nonostante non ci vediamo da quasi due mesi, la facilità con cui avvicina i nostri corpi non è cambiata, mentre io mi sento a tratti una creatura estranea. Ma più il suo calore si diffonde sulla mia pelle, più mi rilasso, cullata nella sua famigliarità. Sento il suo odore farsi sempre più acuto e penso come nel riconoscimento tra corpi ci sia qualcosa di animalesco.

Mi protendo all'indietro, verso di lei, per rispondere alla sua ricerca di vicinanza. Mi faccio ancora più piccola e chiudo gli occhi, immaginando di rimpicciolire sempre di più, ancora e ancora, sono minuscola. Mi lascia un bacio fresco sulla schiena calda, tenendo le sue labbra premute sulla mia pelle per diversi secondi.

"Mi sei mancata" dice con una vocina, facendo scorrere i palmi delle mani lungo le braccia, fino a far combaciare le mie alle sue.

Vorrei risponderle semplicemente "anche tu", ma è un periodo in cui mi sembra che mi siano venute meno le parole, come dovessi imparare da zero a scandire ogni pensiero in sillabe esatte. Sento un'urgenza diversa nei suoi gesti, una tensione non ben decifrabile nei suoi toni e questo non fa che aumentare la difficoltà nell'elaborare risposte precise. Non trovo la convinzione per tirare fuori parole, per cui mi affido al tacito linguaggio del corpo, cercando il suo viso dietro di me con gli occhi della mente e premendo la mia guancia contro la sua, come due cuccioli, vulnerabili. Tengo gli occhi chiusi, immaginando il corpo che mi sta vicino, concentrandomi su tutte le parti di noi in contatto tra di loro. Anche se non la vedo, la sento prendere forma al mio fianco, nella sua concretezza di corpo caldo. Immersa nella sua presenza, mi rendo definitivamente conto di quanto mi fosse mancata.

Nell'ultimo periodo, ho vissuto piuttosto isolata, impegnata nella scrittura dell'album. Non è stato tanto un isolamento pratico, quanto emotivo. Non mi aspettavo sarei tornata a muovermi in questo tipo di solitudine, ma mi ha agganciata a lei, non appena ho fatto un po' di silenzio attorno a me. Mi preservo, nel mio guscio: a volte più morbido, a volte velato, a volte scorza dura. C'è bisogno anche della distanza per misurare la realtà e capirla, ma ultimamente è successo che questa distanza ha preso il sopravvento e alle cose troppo lontane non sai più dare un nome. Dopo un inizio di promettente e fertile entusiasmo, mi sembra di aver perso la misura della distanza da ciò che mi circonda, per cui spesso sto, in silenzio. Le persone che ho attorno le sento troppe lontane o troppo vicine, così di tutti mi sfuggono i contorni.

Quando Gaia ha proposto una rimpatriata da lei, mi è sembrato che un campanello di realtà avesse suonato fortissimo. Rivedere tutte quelle persone, bellissimo e spaventoso allo stesso tempo. Mi ha chiesto di venire una sera prima o forse sono stata quasi io a chiederglielo, tra le righe, in cui ha saputo leggere. Ritorno al suo corpo, stretto al mio, e la facilità del suo gesto che prima mi aveva spiazzata ora mi sembra la più dolce e necessaria dimostrazione di affetto.

Si alza in piedi e avanza verso l'acqua.

"Vieni?" dice, allungandomi il braccio.

Non posso fare altro che seguirla.

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