Capitolo 5

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Immobile in un letto che gli sembrava troppo freddo quella sera, Federico pensava. Sarebbe stato meglio dire che i pensieri si erano impossessati della sua mente, privandolo così di preziose ore di sonno. Continuava a rigirarsi tra le lenzuola, scostandole a momenti, per poi subito dopo rimettersele addosso. A quanto pareva, non gli era concesso un attimo di pace.

Era tutta colpa di uno stupido messaggio visualizzato, al quale non era stata data alcuna risposta e in realtà non capiva nemmeno cosa lo spingesse a dargli talmente tanta importanza. Non gli era mai piaciuto rimanere all'oscuro delle cose, forse era questo. Ricordava la sua infanzia: pomeriggi passati a leggere piccoli libri educativi. Cercava di apprendere, da questi, il più possibile. Era solo un bambino, ma il sapere era una delle poche cose a farlo sentire bene.

In quel momento invece l'unica cosa chiara nella sua mente, era che molti dei punti interrogativi che credeva di aver messo a tacere, necessitavano ancora di una risposta. Forse stanco di esser tormentato dalle paranoie, chiuse gli occhi cadendo così tra le braccia di Morfeo.

Aprì gli occhi lentamente cercando di sollevarsi e capire dove si trovasse...era ancora tutto molto confuso. Dopo qualche minuto si riprese e, con cautela, cercò di mettersi in piedi. Non aveva potuto beneficiare di un buon riposo, se così potevano essere definite quelle poche ore in cui era riuscito a chiudere occhio. Si diresse verso il bagno e dopo essersi spogliato, aprì il getto dell'acqua della doccia per poi infilarcisi sotto. Sperava che l'acqua potesse trascinare via con sé un po' dei suoi problemi.

Uscito dalla doccia, tornò nella sua stanza e frugò nell'armadio in cerca di qualcosa da indossare. Per quanto lo riguardava, nulla era mai perfettamente adeguato al suo corpo, ma cercava di scegliere i vestiti che, sempre secondo la sua opinione, lo penalizzassero di meno. In realtà non sapeva che agli occhi degli altri, risultava sempre stupendo. Si chiedeva come lo vedesse Benjamin. Lui, basandosi sul comportamento del moro in quel pomeriggio, aveva capito che non era un tipo da molte parole, o forse era solo una facciata. Eppure questo suo lato "misterioso" lo intrigava, non poco. Era ancora immobile davanti al guardaroba, quando sentì vibrare il suo cellulare sul comodino. Sperava con tutto il suo cuore che fosse un messaggio da parte di Benjamin, ma non voleva controllare per la paura di poter rimanere deluso e così decise che avrebbe controllato più tardi.

Infilò un paio di boxer, un jeans non troppo attillato scuro e una T-shirt semplicissima, bianca con una frase in nero: "never give up". Frase alquanto semplice, ma molto significativa per il biondo. Dato il vento freddo che c'era all'esterno, decise di indossare anche una felpa. Uscì dalla sua stanza e corse al piano inferiore, nel quale sperava di trovare sua madre che lo aspettava per la colazione. Le sue aspettative furono deluse e, al posto della donna, trovò un post-it attaccato al frigorifero: "Ho delle faccende importanti da sbrigare, torno nel pomeriggio.
Mamma<3
Ps: ti ho lasciato il pranzo nel forno ;) "

Bene, avrebbe dovuto pranzare solo. Suo padre lavorava a Los Angeles, era un pezzo grosso di un'importante casa editrice. Non si vedevano spesso, ma si tenevano in contatto, tramite il cellulare, tutti i giorni, o quasi. Sua madre invece non lavorava. Lo stipendio del padre bastava -forse avanzava- a tirare avanti. Non gli era mai mancato nulla, pensava allora.

Rinunciò all'idea di fare colazione e afferrò una mela uscendo di casa. L'avrebbe mangiucchiata durante il tragitto da casa sua al centro della città. Quel giorno non doveva prestare servizio nel locale in cui lavorava, almeno di mattina. Il suo turno sarebbe iniziato alle sei del pomeriggio e terminato, probabilmente, verso le undici di sera. Solo al pensiero era stanco. Nonostante non sembrasse un lavoro sfiancante, non voleva dire che non lo fosse. Stare ore in piedi dietro ad un bancone -o, nei casi più "fortunati", girare di tavolo in tavolo-, ricevere ordini, eseguirli alla perfezione il tutto sempre con il sorriso, era più duro di quanto si desse a vedere.

Dopo aver finito la mela, gettò la parte centrale in uno dei cestini posti lungo la strada pedonale che percorreva tutto il centro. Si pentì di non aver portato con sé anche una giacca, il freddo cominciava a penetrargli le ossa. Non voleva rinunciare alla sua passeggiata, però. Ammirava le vetrine dei vari negozi, uno affianco all'altro, ma non era tentato di entrare in nessuno di questi. Fu così per un bel po', finché non fu rapito dai capi indossati dai manichini di un negozio molto casual, a parer suo. Una volta messo piede in quel negozio, un odore dolce, confettato gli veniva da credere, gli pervase i sensi. Era davvero molto buono e il tutto era reso più bello dalla musica, a volume basso, che risuonava nell'ambiente.

Vide una ragazza- davvero molto carina, pensò- avvicinarglisi. Era bassina, grandi occhi verdi enfatizzati da ciglia voluminose e boccoli castani chiari, quasi biondi, che cadevano morbidi sulle spalle. Sorriso bianchissimo e voce melodiosa. Lesse il cartellino appeso alla polo celestina della ragazza, scoprendo così il suo nome: Lily. Aveva potuto sentire la sua voce in seguito alla domanda:
"Posso fare qualcosa per te?"
Inizialmente era rimasto stordito, sia per l'atmosfera da cui quel luogo era avvolto ma anche per la bellezza disarmante della ragazza.
"Ehm...cercavo delle felpe...delle felpe nere!"
"Certo, seguimi!"
La ragazza, dopo avergli mostrato il reparto, gli sorrise e gli disse di chiamarla per qualsiasi problema. Federico ringraziò. Per lui era alquanto imbarazzante. Poteva sembrare uno sbruffone a primo impatto, ma in realtà era molto timido, specie con le ragazze.
Osservava tutte quelle felpe che gli sembravano meravigliose. Non aveva programmato di dover fare compere, ma quella vetrina lo aveva attirato dal primo momento. Tra tutte le felpe, una aveva catturato il suo interesse.  Non era nera come pensava di volerla prendere. Era azzurrina, lacci bianchi e neri attorcigliati tra loro a formare una spirale e con una apertura a cerniera. Pensava che fosse perfetta, ma voleva esserne certo prima di acquistarla. Così andò a provarla dietro ad una delle tante tendine presenti constatando che quel colore gli donava molto.

Tornò alla cassa con ancora la felpa in mano e vi trovò
Lily. Dopo non poche difficoltà e momenti di imbarazzo, pagò uscendo dal locale.
Una volta aver messo piede fuori dal negozio si ricordò di dover leggere il messaggio ricevuto la mattina stessa. Non ne aveva il coraggio, e per questo si diede del codardo.
Con uno scatto, estrasse il cellulare dalla tasca posteriore dei suoi jeans e vide il mittente del messaggio.
Non se lo sarebbe mai aspettato.





My name is ANSIA and I was born to kill you!
La storia della mia vita riassunta in un frase.
AnyGAY, ciancio alle bande, bando alle ciance.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, anche se non succedono cose particolarmente esaltanti e, in tal caso, lasciate una stellina⭐️
Ps-> grazie delle quasi 500 visualizzazioni e di tutte le stelline e commenti che ci lasciate. Vi vogliamo bene❤️

//αurorα🐥
11/03/2017

Quello che non ti ho mai detto|| FenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora