Capitolo 10

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Una volta saliti in macchina, calò il silenzio, ma non uno di quelli imbarazzanti. Solo silenzio. I due non si sentivano a disagio e non poterono fare a meno di lanciarsi sguardi intensi e dedicarsi sorrisi sinceri.

Federico aveva gli occhi fissi sulla strada, ma Benjamin su di lui. Non perdeva occasione per osservarlo celatamente. Era un'opera d'arte: ciuffo scompigliato, mascella serrata, espressione seria -anche se c'era una parvenza di sorriso sulle sue labbra- e guance impercettibilmente arrossate. Bello come niente al mondo poteva essere.

Il viaggio durò poco più di venti minuti, -ventidue minuti e trentasette secondi, non che Benjamin li avessi contati, sia chiaro- quando finalmente il biondino fermò la macchina segnalando così l'arrivo a destinazione.
Scesero dall'auto e Benjamin si guardò attorno.
Erano sempre nella loro città, ma quel quartiere, a lui completamente sconosciuto, era diverso, quasi magico. Forse poteva essere un bel paragone quello tra Benjamin e Federico e quella parte di città.

Le strade erano piene di case colorate e balconi gremiti di fiori ad adornarli, palme che costeggiavano il marciapiede e alla fine della strada principale, uno snodo di vicoli secondari, si poteva intravedere il mare. Al moro brillavano gli occhi e tutto grazie a Federico. Si girò verso di lui e "grazie". Quanti significati poteva racchiudere una parola di sole sei lettere? Troppi, ma Benjamin, sentendosi particolarmente coraggioso, affidò ad ogni lettera che componeva la parola, un ringraziamento.

"Grazie per avermi appoggiato la mano sulla spalla quel giorno al parco. Grazie per aver ballato con me. Grazie di non esserti arrabbiato dopo la mia fuga. Grazie per avermi scritto quel messaggio il giorno dopo perché, credimi, io non ne avrei avuto il coraggio. Grazie di avermi portato qui. Ma sopra ogni cosa" stava per chiudere il discorso "grazie di accettarmi nonostante io sia, beh" rise amaramente "nonostante io sia io". Le guance gli andavano a fuoco e dopo aver detto tutto iniziò a sentirsi tremendamente sciocco. Ma come gli era passato per la mente?

Il minore, da parte sua, non credeva che tutto ciò fosse possibile. Per quanto aveva capito Benjamin non era un tipo di molte parole, né tantomeno un temerario, per cui non riusciva a spiegarsi come avesse potuto dedicargli tutti quei 'grazie'.

Vedendo l'espressione d'imbarazzo sul volto del più basso, Federico capì di dover quantomeno dargli una risposta. Il problema era che neanche lui sapeva cosa dire. Così gli si avvicinò lentamente e lo coinvolse in un caldo abbraccio.

Benjamin non perse tempo e circondandogli i fianchi con entrambe le braccia, lo strinse più forte.

Il biondino si sentiva a casa tra quelle braccia, ma sapeva che il tutto fosse strano e forse sbagliato. No, si schiaffeggiò mentalmente per aver anche solo pensato una cosa del genere.

Si staccarono l'uno dall'altro mettendo fine così alla fusione dei loro calori corporei e sentendo immediatamente una fitta allo stomaco. Benjamin poteva essere legittimato a sentirla, ma Federico?
"Dai andiamo, ti porto a prendere un gelato"
"Andiamo" confermò Benjamin.

Il tragitto dal posto in cui si erano scambiati l'abbraccio alla gelateria non era molto lungo, ma di certo non mancarono le chiacchiere.
"Allora Fè...ci conosciamo da poco -pochissimo in realtà- ma sono un tipo curioso, anche se timido. Frequenti l'università o..." Lasciò la domanda in sospeso.

"Beh...ho frequentato le scuole superiori in un'altra città, stavo da mio padre. Sono stati gli anni migliore della mia vita: le prime sbronze, gli amici veri, le prime cotte. Preso il diploma sono tornato qui da mia madre, ma ancora non avevo le idee chiare su cosa fare della mia vita. In realtà neanche ora" sorrise "ma...beh ecco..."
Il moro notò l'agitazione nella voce di Federico e disse "Tranquillo biondino, puoi dirmelo". Gli sorrise dolcemente e Federico riprese il suo discorso: "A me piacerebbe diventare un chirurgo. Sì lo so, è un'ambizione molto grande e bisogna studiare tanto, ma...è il mio sogno". Benjamin ammirava Federico per avere un sogno tanto nobile. Lui invece...
"Ora voglio sapere io di te invece!" Federico fece un sorrisetto sghembo.

"Io non ho una vita interessante...ho frequentato le superiori nella mia città, ho fatto l'artistico. L'arte è sempre stata una delle mie più grandi passioni. E so che dovrei frequentare un'università, i miei amici sono quasi tutti già laureati. Ma io...io vorrei fare l'Accademia delle belle Arti. Non è una grande ambizione...lo so. Ma l'arte è l'unico modo che ho per dire ciò che sono". Il moro abbassò il capo.

"Ehi, Ben. Non dire così. Non è vero che non è una grande ambizione, è il tuo sogno e devi inseguirlo".

Erano ormai arrivati alla gelateria ed una volta entrati ad accoglierli al bancone, c'era un ragazzo. Lessero il cartellino scoprendo il suo nome: Raphael. Capelli ramati ricci e occhi verdi. C'era un accenno di barba sulle mandibole e da sotto la maglietta arancione, che dava risalto al colore dei capelli del ragazzo, si poteva intravedere la muscolatura. Un bel tipo, si poteva dire.

Federico chiese a Benjamin se volesse il cono o se invece avesse preferito la coppetta e il moro decise di prendere un bel cono gelato da due gusti: cioccolato, classico intramontabile, e biscotto, il suo gusto preferito. Federico anche prese un cono, ma con vaniglia, praticamente l'opposto del cioccolato, e stracciatella.
Il biondo non poteva fare a meno di notare le strane occhiate che il gelataio lanciava a Benjamin, cosa che gli recava un po' di disturbo all'altezza dello stomaco. Ma cosa gli prendeva?

Il maggiore, ovviamente, era ignaro di tutto, sia delle occhiatine da parte di Raphael, sia del fastidio che comportavano in Federico.

Non gli restava che pagare, ma Benjamin non avrebbe permesso a Federico di farlo. Insomma, era già tanto che lo avesse portato lì. Il biondo, però, si era già avvicinato alla cassa, per cui al moro non restava altro che distrarlo prima che avesse cacciato i soldi dal portafoglio.

"Federico!" Lo chiamò. "Cosa?"
"Ti è caduta una cosa, guarda lì!" Ed indicò un punto indefinito della gelateria. Approfittando della distrazione di Federico, Benjamin estrasse i soldi dal portamonete che teneva nella tasca posteriore dei pantaloni, consegnandoli al cassiere, nonché lo stesso ad avergli fatto il cono gelato, Raphael.
"Ben ma qui non c'è propr..." Sospese la frase ed indicò il ragazzo "Tu! Come ti sei permesso! Mi hai raggirato in modo tale da pagare tutto! Dimmi quanto hai sborsato, ti ridarò tutto. Non ammetto repliche."

Quella scena provocò solo una fragorosa risata al maggiore, che cingendogli la vita con una mano e continuando a mangiare il suo gelato con l'altra, lo condusse fuori dalla gelateria.
"Fè,ma ti senti quando parli? Sborsato? Sono solo due cono gelato...tu mi hai portato qui ed è già tanto, lasciami pagare almeno un misero gelato!" Gli sorrise ma l'altro mise il broncio. Era adorabile.
"Ma io volevo fare le cose per bene! Ti ho portato io lì, dovevo pagare io!" Accentuò il broncio.

Benjamin sorrise ancora più. "Sei proprio un bimbo"
"Ehi! Io non sono un bimbo!" Leccò il gelato, ma si sporcò leggermente il naso con la vaniglia. Questo non fece altro che confermare la tesi del ragazzo più grande. "Vedi che lo sei?" Rise portando un dito sul naso del biondino spazzandogli via quel velo di gelato.





Here I am muggles!
Ammettete che un po' vi sono mancata...
Basta, la smetto di illudermi. Btw, sono stata assente per molto, lo so, ma spero che con questo capitolo pieno di parti Fenji dolciose, io mi sia fatta perdonare. Alla prossima :)

Ps-> grazie delle 1.500 visual e di tutte le stelline😘❤️ lasciateci un commentino per farci sapere se il capitolo è stato di vostro gradimento.
/Aurora💫
~24/04/2017~

Quello che non ti ho mai detto|| FenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora