Prologo

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Chiuso nella sua stanza, seduto per terra, con le braccia a contornargli le ginocchia, piangeva. Piangeva per ciò che era, ciò che non avrebbe dovuto essere. Lui era diverso da tutti in quella piccola cittadina. Tutti lo giudicavano dalle apparenze, dalla corazza che si era creato per fuggire, almeno nella sua mente, da quella realtà che non lo accettava.

Tutti in quella città erano contro di lui, solo perchè aveva un'idea diversa dell'amore, lui era gay. Quando lo aveva detto ai suoi amici, loro lo avevano cacciato dalla comitiva. Jack, il più crudele di tutti nei suoi confronti, gli aveva detto che non valeva nulla, era solo uno scarto dell'umanità,uno sbaglio. Era l'amico peggiore che potesse mai essergli capitato, dicevano i suoi "amici". Lo avevano cacciato brutalmente dalla loro vita, solo perchè era "diverso".

Benjamin, era questo il suo nome, si sentiva solo e abbandonato. Del resto, tutta la sua vita era sempre stata così: suo fratello, i suoi amici, i suoi genitori non lo avevano accettato per quello che era. Lui e tutta la città, avevano scoperto che era gay, quando aveva 17-18 anni. Fino a quell'età era sempre stato insicuro, non si era mai accettato, si chiedeva perchè proprio a lui. Perchè lui? Perchè il destino aveva deciso così per quel ragazzo?

Poi c'erano i suoi genitori, sempre se si potessero chiamare tali. Loro volevano punirlo, per quello che era diventato. Neanche loro lo accettavano, le persone che lo avevano cresciuto... anzi, lo maltrattavano. Erano ossessionati dalla sua omosessualità, erano diventati dei mostri, degli omofobi; e il loro figlio era proprio quello che loro non volevano che fosse. Lo odiavano così tanto da picchiarlo, già, ogni volta che rientrava in casa erano pugni, calci, schiaffi, persino sputi. Solo per punirlo.

Benjamin non capiva come fosse possibile tutto questo odio; come si fa ad essere così crudeli con il proprio figlio? Come possono un padre e una madre odiare la propria prole?

Ormai Benjamin ci era abituato, avrebbe sopportato per tutta la sua vita questa tortura; ormai si era rassegnato al suo destino.

Il ragazzo si alzò da terra, ancora scosso dai singhiozzi, andò verso lo specchio, per guardare i segni che i genitori gli avevano lasciato. Si tolse la felpa che lo avvolgeva, extralarge per coprire quei segni, e si guardò allo specchio. Il suo petto era pieno di lividi, il segno della grande e forte mano di suo padre era stampato sulla sua schiena, la faccia era piena di lividi. Un occhio nero per finire quell'opera raccapricciante.

Il dolore fisico, però, non era nulla rispetto al dolore che sentiva dentro, sempre più lacerante.

Ancora con le lacrime che gli rigavano le guance, le mani tremolanti e l'anima spenta, Benjamin andò a letto, si addormentò bagnando il cuscino con quelle piccole goccie salate, piene della sua vita, che era un mare in tempesta. L'unica differenza tra lui e il mare in tempesta era che, nella sua vita, il sole non sarebbe mai tornato a splendere, non avrebbe mai riscaldato i suoi giorni. Nella sua vita c'era solo tempesta, quella che nessuno voleva quando arrivava, quella tempesta era Benjamin.




Ciao a tutti, e benvenuti nel prologo della nostra prima storia, speriamo vi sia piaciuto; se è stato così supportateci con tante ☆! Al prossimo capitolo!😘
~Annarita & Aurora💕
/11•02•2017/

Quello che non ti ho mai detto|| FenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora