Mors tua vita mea

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Mors tua, vita mea.
Un motto indelebile che lega la nostra famiglia da generazioni e generazioni. Un inno nefasto, che porta dolore e gioie, fatto quasi come un augurio a chi ti ha preceduto, per lasciarti il posto. Un posto che tu magari nemmeno vuoi, ma che sei obbligato a prendere.

Morte tua, vita mia.
Ma che vita è quando sei obbligato a cambiare tutta la tua esistenza per volere di qualcun altro? Quando devi sempre dire addio a te stessa e alle persone che ami, per il bene superiore. Mentre guardavo il panorama di Londra allontanarsi sempre di più dalla mia vista, iniziai a pensare che forse il motto dei miei antenati sarebbe dovuto cambiare. Direi che morte tua, schiavitù mia, rendeva meglio il concetto. Alla fine eravamo questo: schiave della nostra linea di sangue; schiave di ogni Cacciatore che pretendeva che fossimo meglio di chi ci aveva preceduto; schiave dei Sette che volevano manovrare la nostra vita come fossimo marionette.

La morte di un'Altezza, sarà la nascita di quella successiva e così via. Forse a questo punto capirete perché l'umore grigio di Londra, continuò a seguirmi fino all'arrivo a Roma. Mancavano poche ore alla mia incoronazione e io non riuscivo ne a rattristarmi della mia perdita, ne a rallegrarmi del mio guadagno. Era così che avevo vissuto per cinque anni della mia vita, sospesa in un eterno grigio sbiadito che non accennava a diradarsi. Avevo provato ad andare avanti, ma sembrava una lotta contro tutto e tutti ed io ero stanca di lottare. Così quando dovetti fare le valigie seppi di non star lasciando niente di immancabile alle mie spalle. Solo tre persone vennero con me, affiancandomi in quella nuova sfida che la vita mi stava dando:mia Zia Wendy, il mio allenatore e cocchiere Brian e la mia cameriera di fiducia Emilinne.

Erano rimasti gli unici punti fermi di una vita che girava troppo velocemente ormai. Tutto il resto lo avevo perso per strada, in primis i pezzi di me stessa. Abbandonare Maximilian era stato come lasciare un pezzo di me fra quelle montagne, un pezzo che mai più sarebbe tornato al suo posto.
Era stato difficile tornare a casa da sola ed inscenare una morte fisica mai avvenuta, anche se sapevo di non mentire fino in fondo: mio marito, Maximilian Julio Salvatore, non esisteva più come lo conoscevo io, di lui era rimasto un corpo ed una vita vissuta prima di me.

Sposata da pochi mesi e già vedova, in lutto, rinchiusa in casa e costretta in abiti neri come il mio umore. Per un pò, guardandomi allo specchio, mi ricordai mia madre, quando morì mio padre, solo che quella donna si riprese fin troppo bene e troppo presto, io no. Forse era per la sua volontà, o forse era molto brava a nascondere i sentimenti pure a se stessa, sta di fatto che lei non capì mai il mio lutto forzato di un anno. Non mi lasciò lo spazio per affrontare la cosa e superarla con i miei tempi. Lei pretendeva che io fossi insensibile e calcolatrice come lei.

Una sola volta, dopo due anni da vedova, osò parlar male del mio ex marito, in mia presenza, al tavolo da pranzo. Mia zia Wendy si infuriò così tanto da alzarsi in piedi nel bel mezzo del pasto e urlandole di uscire da quella casa e non farsi più viva. Non vedevo mia madre da tre anni e la sua assenza di certo non mi pesava, fore era quasi un sollievo aver eliminato l'unico filo conduttore fra me e l'aristocrazia londinese. Era l'unica cosa, che per ventuno anni della mia vita, mi aveva incatenato a quella città e quando me ne andai, non ebbi nemmeno il rimorso per non averle dato l'ultimo saluto.

Cosa mi aveva trattenuto in quella città fantasma negli ultimi tre anni, dove uscivo solo per cacciare e nient'altro, io proprio non lo sapevo. Forse i ricordi di una vita passata felice, con persone che esistevano solo nella mia mente ormai. Niente più passeggiate con William, mentre lui flirtava con me e le nostre madri ci guardavano ammirate; niente più tè del pomeriggio in casa Nolan con la mia migliore amica, a parlottare di tutti e a farmi raccontare del suo nuovo marito; niente più improvvisate da parte di mia madre con le sue tre amiche; niente più balli nella quale avrei indossato abiti stupendi e quasi principeschi; niente più serate si caccia con Maximilian; niente più baci nascosti, o esposti; niente più sentimenti.
Tutto ciò che possedevo ormai, lo portavo con me, in un baule vecchio, niente di più. 

La Cacciatrice: i sette sigilliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora