Responsabilità parte 2

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Fiducia.
Non è una cosa che si da al primo che passa, ed è nell'animo umano, intrinseco nella sua natura, non fidarsi di nessuno, o di pochi.
Come potrebbe una Cacciatrice fidarsi della parola di un vampiro? Forse non potrebbe, ma dovrebbe comunque cercare di dare un peso alle parole da lui pronunciate, non potendo ignorarle. Se il vampiro mentiva, sarei stata trascinata in una trappola probabilmente mortale, se il vampiro diceva la verità e io lo avessi ignorato, avrei rischiato le ire di Lucifero e non avrei mai saputo cosa stesse accadendo di così grave da spingerlo ad abbassare il capo in quel modo.

Dopo poche ora dalla creazione del nuovo Consiglio, già c'era in atto la prima riunione e non era quello che si suol dire unanime. Gaylord, Barrius e Faust, erano contro alla mia partenza, mentre il restante gruppo l'appoggiava e io, dalla mia parte, non sapevo più cosa pensare.
<E se mandassimo un altro Cacciatore al vostro posto? Se fosse una trappola, almeno non rischieremo di perdervi.>
<Assolutamente fuori discussione: in primis Lucifero non accetta tramiti, in secundis non farei rischiare a nessuno la sua vita al posto mio. È compito di ogni Altezza proteggere il suo Ordine e così farò. Al calar del sole prenderò il vampiro con me e andremo verso i Balcani. È l'unico modo per sapere cosa vuole da me il Re degli Inferi.> Mi alzai in piedi decisa, mettendo a tacere ogni parola in opposizione.
<Lasciate almeno che qualcuno vi accompagni. Non è saggio andare da soli. Portatemi con voi!> Jarrett mi fermò, afferrandomi delicatamente il polso. Lo guardai un attimo negli occhi, cercando di farlo desistere dalla sua scelta, ma sembrava fin troppo risoluto, così non mi rimase che accettare la cosa.

La sera stessa indossai un paio di pantaloni morbidi neri, una camicia color panna di un paio di taglie più grandi della mia e una giacca scura. Il tutto coperto da uno spesso mantello scuro, senza stemmi o abbellimenti, un pò vecchio. Raccolsi i capelli capelli in una traccia e calai il cappuccio sulla fronte. Fuori mi aspettavano già Jarrett, con la mia stessa tenuta, e il vampiretto con un espressione euforica, forse per essere stato liberato. Mi avvicinai a lui, portando il mio volto a pochi centimetri dal suo. <Qual'è il vostro nome?> <Nikolai , Altezza.> <Bene Nikolai, voglio che voi teniate a mente che io sono già stata dove ci state portando. Non fate scherzi oppure ci libereremo di voi con estrema facilità. Intesi?> Il vampiro annuì e tutti e tre salimmo sui nostri cavalli diretti a Bari.

Impiegammo quasi quattro giorni per arrivarci, essendo obbligati a fermarci poco prima dell'alba e poter ripartire al tramonto, per colpa del nostro messaggero intollerante al sole. Il ragazzino rimase calmo tutto il tempo, senza dare segni di volerci attaccare, o voler uccidere qualcuno. Era stata addestrato piuttosto bene per essere così giovane. Nonostante non ci avesse ancora dato prova della sua inaffidabilità, ci fidavamo di lui come di un ladro lasciato da solo in una stanza piena di oggetti preziosi. Io e il mio compagno facevamo i turni di veglia per controllarlo e per assicurarci che nessuno ribasso i cavalli, o le provviste. Sapevamo che non sarebbe stato un viaggio facile, soprattutto quando saremmo saliti sulla nave per Durazzo, in Albania. In mezzo al mare, con nessuna via di fuga, rinchiusi nella stiva e nascosti agli stessi marinai, se non per quel paio che ci avevano fatto salire, corrotti da qualche moneta d'oro. Era il momento perfetto per sbarazzarsi di due Cacciatori, facendo sparire le proprie tracce, così decisi di legare Nikolai ad un palo nella stiva con delle corde molto robuste. Anche con la sua forza inumana, sarebbe stato un problema slegarsi dai miei nodi.

Il tempo scorreva fin troppo lento in quel posto chiuso e dall'odore stantio, quasi nauseante, per non parlare del dondolio costante, che più che rilassarmi, mi agitava ancora di più. Passavo il tempo seduta, a guardare gli spiragli di luce venire dai piani sopra di noi, cercando di interpretare l'ora del giorno, o della notte, senza grossi risultati. Quando mi stufato, camminavo avanti e indietro, per sgranchirmi le gambe, contando infinite volte, tutte le casse e le botti presenti. Ormai sapevo che c'erano 25 botti e 51 casse a farci compagnia in quel ristretto spazio. Nessuno entrava a controllare il carico, il che rese più facile la nostra permanenza da clandestini in quella nave. Non so quanto tempo fu passato dalla nostra partenza, ma finalmente qualcuno aprì la botola sopra uns piccola rampa di scale e ci fece segno di uscire. Recuperammo le nostre cose e slegai Nikolai che fece un sospiro di sollievo. I suoi occhi erano rossicci e non provava nemmeno a nascondere la fame che aveva dopo giorni che non assaggiava del sangue. Quando fummo sul ponte, pagai con un altra moneta d'oro il marinaio e scendemmo la scalinata che ci fece poggiare finalmente i piedi a terra, nel porto di Durazzo, inattivo durante le ore notturne.

Ci incamminammo alla ricerca di un posto dove sostare e nutrirci a dovere e non con qualche pezzo di pane secco. Stavamo percorrendo alcune vie, sempre più lontani dal mare e dal nostro mezzo di trasporto. Mi fermai un attimo quando una strana e troppo forte sensazione di essere spiata mi percorse tutta la schiena, lasciando dietro di se un brivido gelido. Mi voltai cauta, non trovando nessuno di sconosciuto alle mie spalle, solo il giovane centenario che respirava rumorosamente. I canini erano estratti e luccicavano con la pallida luce lunare. Subito misi mano al paletto che tenevo sempre con me in tasca, ma non fu necessario usarlo perché una spada tagliò la testa al messaggero, riducendolo in polvere.

Era stato un fendente veloce che nemmeno io ero stata in grado di percepire, fino a che non si era imbattuto sul collo di Nikolai. Il volto e la figura dell'uomo erano ben nascosti dalle tenebre e da un cappuccio nero calato. Quel tepore che aveva accompagnato tutto il nostro viaggio, proveniente dalla croce santa, era cessato, come ogni rumore nell'aria. Jarrett stava per fare un passo avanti, verso lo sconosciuto, ma io lo fermai, aspettando che fosse lui a mostrarsi a noi.
La mia attesa venne ripagata quando l'uomo fece un passo fuori dalle ombre che lo ammantavano, facendosi colpire dai timidi raggi lunari. Rifoderò l'arma e si tolse il cappuccio. Una cascata di capelli neri, lunghi fino alle spalle, gli incorniciava il volto dai lineamenti definiti. La pelle leggermente abbronzata, era un fascio di muscoli tesi sotto gli strati dei vestiti, ma io ne ricordavo ogni forma. Ricordavo le braccia forti quando mi stringevano fra le lenzuola, le gambe toniche incastrate con le mie e gli occhi... Occhi così azzurri da sembrare appartenenti ad un angelo, anche se di angelico non avevano nulla quando il sangue li sporcava nelle sue tinte. Quegli occhi che ora erano puntati nei miei, inchiodandoli e non lasciandolgli via di fuga. Non credevo che li avrei più rivisti, eppure Maximilian Salvatore era proprio di fronte a me in quell'istante e niente sembrò più avere un senso.

Buongiorno
Oggi è lunedì e per aiutarvi ad affrontarlo meglio, vi dono un nuovo capitolo.
Il nostro millenario è tornato! Non fate troppi salti di gioia, vorrei ricordarvi come sono andate le cose l'ultima volta che si sono visti... non tutto sarà così semplice.
Direi che siamo tornati un pò all'inizio, ma vi potrei stupire.

Sono in abbiocco post pranzo nel letto, non ho voglia di rialzarmi mai più, quindi nel dubbio dormo fino a che non devo tornare al lavoro... notte ZZZ

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La Cacciatrice: i sette sigilliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora