9. Psychiatric hospital

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Chapter 9

2 settimane dopo

Delle volte rifletto sulla vita. Rifletto quando mi accorgo che questa mi si sta consumando sulla pelle. Rifletto quando penso che è come quella goccia che è intenta a scendere dal rubinetto ancora sgocciolante della doccia. Scende con una lentezza assurda e poi, si posa adagio adagio consumandosi e uniformandosi a tutta l'acqua circostante. Quando vedo ogni gocciolina depositarsi sul fondo della vasca qualcosa in me si scatena. Una voglia matta di scappare, scappare da questa prigione, scappare da questo luogo opprimente e buio. È come se fossi claustrofobica e non sentissi l'aria arrivarmi, come se non riuscissi a respirare.

Questo luogo privo di parole, privo di vita, privo d'amore ma pieno di dolore, urla e follia. Non sono pazza, non sono pazza, non sono pazza. No facevo altro che ripetere a me stessa nient'altro che questa frase. Non lo ero, è solo che il tempo me lo faceva credere. Ero stufa, occhi rossi e capelli arruffati. Non sapevo se il cielo brillava di stelle o il sole era in alto limpido ad illuminare la giornata.
Non sapevo, ed era proprio questo non sapere che mi faceva esplodere e mi faceva auto convincere d'essere folle.
Che giorno era? Avevo perso la cognizione del tempo. Era passato molto da quando Gigi permise a quegli uomini di mettermi le mani addosso.
Ricordo tutto ciò come fosse ieri: ferma nel buio, aprii gli occhi e la cosa che apparve nella mia visuale fu una stanza, delle sbarre ed una porta. Un lettino bianco; all'inizio pensavo d'essere in ospedale, ma allungando la vista i miei pensieri si rivoltarono e intuii d'essere in prigione. Non avevo indovinato (non è molto differente il luogo da quello in cui sono adesso) ma non mi sarei mai aspettata d'essere qui. Fin quando mi vennero a parlare un uomo ed una donna. Da lì, dal loro sguardo e dalla loro condiscendenza capii d'essere in un centro psichiatrico. Eppure non ero pazza, c'erano volte in cui lo volevo essere per sentirmi normale in quel posto del tutto sconosciuto e pauroso.
Ero circanda da persone strane: chi parlava fra sé e sé credendo di parlare ad un essere umano, chi sbatteva la testa contro un muro o cercava d'infliggersi dolore in un modo o nell'altro, chi urlava senza motivo a causa di forze innate che dicevano di minacciare.
Queste sì, queste erano le persone pazze. Non io. Non ho fatto nulla di male se non avere una piccola discussione con la rovina di tutto: la mia sorellastra. M'ha rovinato, le mie speranze, i miei sogni frantumati come un qualcosa in vetro buttato per terra. Lei aveva fatto lo stesso con la mia vita.

Nutrivo una forte speranza nell'andare a quella famigerata festa. Le mie amiche? James? Mi ero davvero convinta e ci tenevo.
Tenevo anche nel vedere un volto familiare fra gli innumerevoli oscuri. Ma, nessuno mi è venuto a cercare. Nessuno si è preoccupato di sapere dove fossi, come stessi. Niente di niente.
Vincent, quanto mi mancavano i suoi occhi. Quanto mi mancavano le sue mani, quanto mi mancava lui. Mi mancavano i suoi sguardi ricchi d'un qualcosa impossibile da captare: come un enigma. Lui era il mio enigma misterioso, dovevo e volevo risolverlo e mi serviva solamente riguardare i suoi occhi per scavare sino in fondo. Gli sguardi che mi lanciava quel giorno, gli sguardi che mi lanciava durante quel pomeriggio. Pensare a lui era l'unica cosa che mi faceva sorridere. Lui era il mio sorriso e giorno dopo giorno questo amore si riempiva a dismisura.

Una luce, fosca e accecante subentra nella mia stanza. Era da un bel po' che non vedevo questa luminosità folgorante, infatti mi venne istintivo coprirmi in viso. Avevo rifiutato tante volte d'uscire a prendere qualcosa da mangiare e non mi meraviglio delle mie forze scarseggianti.
Una signora abbastanza anziana con un carrello fra le mani apre la mia porta, mi sorride debolmente facendomi un cenno con la testa. Una cuffia raccoglie i suoi capelli bianchi, indossa uno di quei lunghi vestiti rosa accesso e va in giro, corridoio per corridoio con il presupposto di comuncare qualcosa affidatolesi dalle cariche più alte.

Your hands on me [SOSPESA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora