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Modesty arrivò puntuale quel giorno, anche con qualche minuto d'anticipo, cosi decise di sedersi sul muretto poco più in là dell'entrata.

Attese con calma il suono della campanella, parlando del più e del meno con quei pochi amici cari che si era fatta durante gli anni, e quando questa suonò spense la sigaretta che aveva precedentemente acceso e si diresse all'interno dell'Istituto.

Entrò in classe e poggiò lo zaino sull'ultimo banco in fondo, notò che la professore non era ancora presente così andò in bagno.

Si poggiò contro la finestra, accese una sigaretta e si godette quei pochi attimi di tranquillità.

Non appena questa finì, strofinò il mozziccone contro le piastrelle e lo lanciò dalla finestra.

Rimase per un po' a fissare il vuoto con un piccolo sorriso a contornargli le labbra. Non stava pensando a niente in particolare, eppure, si sentiva in pace, leggera. Si sentiva bene. E forse era per questo che si sentiva bene, perché non stava pensando a niente..

Quando si accorse che 20 minuti erano passati dalla sua uscita, Modesty, si diresse verso la sua classe.
Stava per entrare in quest'ultima quando un ragazzino, del primo anno probabilmente, catturò la sua attenzione.

Era molto agitato.

Si guardava intorno, spaesato con un foglio tra le mani, cercando la classe, date le continue occhiate rivolte alle targhette poste accanto la porta con segnate classe e sezione.

Modesty, rilasciò una piccola risata e, si avvicinò al ragazzo.

«Ti sei perso Honey?» chiese, prendendo il foglio di carta dalle mani del più piccolo.

Questo non rispose, ma annuì solamente.

La ragazza alzò lo sguardo dal foglio notando che l'altro la stesse fissando con la bocca leggermente spalancata.

Rise e gli ridiede il foglio per poi «Vieni con me.» dire, dirigendosi dal lato opposto alla sua classe.

Dopo poco, non sentendo i passi dell'altro seguirla, si voltò verso di lui e lo notò fermo in piedi dov'era poco prima.

Si prese qualche attimo per osservarlo; indossava un semplice jeans, delle converse, una banale t-shirt bianca con la scritta nera Happines stampata sul davanti ed una felpa grigia leggera al di sopra di questa. I capelli castani sistemati in un ciuffo alto, un po' sconvolto data la probabile corsa per il ritardo, gli occhiali neri a contornargli gli occhi nocciola e le labbra carnose strette in una linea dritta.

«Vorresti rimanere in corridoio fino al suono dell'ultima campanella, Honey?» chiese sorridendogli genuinamente.

Il castano alzò lo sguardo e ricambiò il sorriso, scuotendo poi la testa in senso negativo, si aggiustò lo zaino, che fino a quel momento la ragazza non aveva notato, e la raggiunse per poi seguirla.

«Non sei italiana, giusto?» le chiese l'altro, interrompendo quel silenzio religioso che si era andato a creare.
«No.» ridacchiò «Vengo da Kilkenny, Irlanda. » disse sorridendo malinconica «Mio padre ha ottenuto un trasferimento qui a Roma, e io l'ho seguito.» continuò, girando poi a sinistra per scendere le scale e andare al piano inferiore.

«Ti manca?» chiese il castano rallentando il passo «L'Irlanda, intendo.» specificò.

«Tanto...Ho vissuto lì per 16 anni» rispose voltandosi verso l'altro «È stato abbastanza difficile ambientarsi onestamente, ci ho messo un bel po'.»
Continuò per poi ridere genuinamente «Più di un bel po' in realtà.»

Ed in quel momento anche il più piccolo rise contagiato dalla risata allegra e spensierata della ragazza.

«Io sono Marco, Marco Cellucci.» disse rivolgendole un sorriso.

«Lo so. L'ho letto lì.» rispose lei indicando il foglio stretto ancora tra le mani di Marco.

«Oh.» sussurrò solamente lui.

Rimasero in silenzio, distruggendo quella complicità che si era creata pochi secondi prima, fin quando non raggiunsero la classe. Cosa che successe non appena voltarono a destra trovandosi dinanzi la porta della classe del castano.

La ragazza l'aprì senza bussare e «Prof, guardate un po' cosa vi ho portato.» disse sorridendo falsamente alla professoressa intenta a parlare con gli alunni, per conoscerli meglio.

Routine da primo giorno, insomma.

«Turner, noto con dispiacere che non è ancora a conoscenza dell'esistenza delle buone maniere.» disse la donna rivolgendosi a Modesty, la quale sorrise divertita.

«E Cellucci, grazie per averci degnato della sua presenza. Prego, si accomodi qui al primo banco accanto a Esposito.» continuò rivolta a Marco.

Quest'ultimo stava per dirigersi al posto assegnatogli quando, la ragazza, lo afferrò per il gomito e «Modesty, Modesty Turner.» gli sussurrò all'orecchio per poi lasciarlo andare a sedersi.

Senza congedarsi o altro, Modesty, sbatté la porta della classe e si diresse al piano superiore entrando poi nella sua. Ignorò le lamentele del professore di Fisica e si sedette in fondo all'aula, pregando che quella giornata finisse al più presto.

Honey  ||Marco Cellucci|| Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora