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Le prime due ore passarono abbastanza velocemente quella mattina.

E Modesty, in quell'arco di tempo, non fece altro che fissare ininterrottamente il ragazzino castano seduto al primo banco.
Percorse con lo sguardo la forma delle sue spalle, delle sue braccia esili e delle sue mani intente a stringere una standler blu, facendo attenzione ad ogni singolo particolare o almeno a quello che la sua visuale dall'ultimo banco le permetteva.
Lo notò passarsi la mano destra fra le lisce ciocche castane, cadutegli sugli occhi, portandole indietro dato il fastidio. Notò anche il tamburellio costante del piede, un gesto involontario causato molto probabilmente dall'agitazione e dal nervosismo.

Badò ad ogni singolo particolare.

Era cosi presa dalla sua accurata scannerizzazione che non si rese conto del professore che “Come mai è cosi tranquilla oggi, signorina Turner?” le disse.

“Mh?” rispose lei ridestandosi, focalizzando la sua attenzione sul professore di matematica.

Solo in quel momento notò tutti gli occhi dei presenti puntati su di lei.

“La vedo silenziosa.” riprovò.

“Non dovresti lamentarti del mio essere silenziosa Federico , perché non continui a spiegare?” rispose stafottente, incrociando le braccia al petto. Con sopracciglia sollevate e il ghigno stampato sul suo viso, sfidava l'uomo con lo sguardo.

“Non si rivolga a me con quel tono signorina. E comunque dovreste darmi del voi, non rivolgersi nei miei confronti in modo informale. Lo-” ma venne interrotto da Modesty che
“Dovrei, ma non lo faccio.” disse  allungando le gambe sotto al banco, assumendo una posizione più comoda per i suoi arti indolenziti.

“Vada dal preside signorina, per favore.” rispose alla provocazione il professore, prendendo la penna e annotando qualcosa sul registro di classe.

“Io non vado da nessuna parte.” disse, schioccando poi la lingua. Stava esagerando, ne era a conoscenza, ma non si sarebbe lasciata calpestare così facilmente.

“Ora mi ha stancato! Lei deve portarmi rispetto. Sono un suo professore, non suo fratello, le è chiaro?!” disse in tono duro, sbattendo poi una mano sulla cattedra in legno chiaro.

La ragazza chinò il capo scottata, mordendosi il labbro inferiore e “È proprio un pezzo di merda, lo sa professore?” sussurrò abbastanza forte da farsi sentire dal diretto interessato.

Questo si passò, frustato, una mano fra i capelli, rilasciando un piccolo sbuffo.

“Un lurido pezzo di merda.” sottolineò, ad alta voce questa volta.

“La smetta ora, signorina.” la rimproverò, invano.

“Io dovrei smetterla.” sbuffò una risatina e alzò il capo. “Lei fa riferimenti del cazzo e io dovrei smetterla?!” chiese con tono duro.

“La smetta di usare questo linguaggio inappropriato nella mia classe o sarò costretto a prendere dei seri provvedimenti.” quasi urlò, alzandosi poggiando entrambe le mani sulla superficie.

“Prenda cosa cazzo le pare, io me ne vado.” rispose.

Prese il suo zainetto nero della Just Do It e si alzò, andando verso la porta.

“Turner, dal preside, ora.” le ordinò , incrociando le braccia al petto.

“Te lo scordi.” disse aprendo la porta.

Uscì e poi la richiuse con un tonfo.

Andò nel solito bagno, all'ultimo piano, a fumare. Si sedette sul cornicione della finestra, con la sigaretta stretta fra le labbra, e si godette quel po' di pace che si era meritata.
Sentì delle vocine acute provenire dal basso, così guardò giù, e vide dei piccoli bambini che si rincorrevano sui marciapiedi. Urlavano e sghignazzavano correndo qua e là. La madre che gli urlava di fermarsi. Sorrise al ricordo di lei e suo fratello maggiore rincorrersi per le strade di Kilkenny alla tenera età di 6 e 9 anni.
Le mancava cosi tanto.

Spense la sigaretta scendendo poi dal cornicione, prese lo zaino ed uscì dai bagni, scontrandosi con una figuara poco più bassa di lei. Questa chiese scusa, allontanandosi subito dopo, quel tanto che bastava per non invadere il suo spazio personale. La mise a fuoco dopo pochi secondi rendendosi conto che fosse il ragazzino del corridoio.

“Hey, finalmente ti ho trovata. Come stai?” le chiese preoccupato. Modesty sorrise, vedendo la preoccupazione incisa sul viso del minore, e con tono dolce rispose

“Sto bene Honey, tranquillo. Perché me lo chiedi?” disse, fingendosi confusa.

“Eri su di giri prima, volevo accertarmi che stessi bene.” sussurrò imbarazzato, le sue guance si tinsero di rosso. “Va tutto bene piccolo, grazie di esserti preoccupato per me.”

Lui sorrise in risposta.  Si morse il labbro inferiore e “Cosa è successo esattamente?” le chiese, poco dopo.

“Niente che ti riguardi.” rispose sbuffando.

Tutta la dolcezza di poco prima sparita in un battito di ciglia. “Scusami, non volevo intromettermi.” disse dispiaciuto il più piccolo. Modesty si trattenne dal sorridere al suo essere cosi tenero in qualunque contensto e s'incamminò per il lungo corridoio. Riuscì a compiere pochi passi, dato che poi delle dita sottili avvolsero il suo polso magro, trattenendola.

“Mi stavo solo chiedendo, perché?! Ceh, nel senso, perché non andare semplicemente dal preside? Perché continuare una discussione che non avrebbe portato a nulla se non a gravare la tua condotta?!” chiese.

“Come ho già detto, non è niente che possa minimamente riguardarti.” disse senza voltarsi, liberando poi il suo polso dalla debole stretta. Si aggiustò la bretella dello zaino e continuò il suo percorso.
Lasciando lì, da solo, il piccolo castano.

Prima di scendere le scale, però, si fermò. Voleva girarsi e vedere l'espressione da cane bastonato che, era sicura, aleggiasse sul viso del castano, godersi l'effetto che aveva su di lui. Ma non lo fece.
Scese le scale e si diresse nell'ufficio del preside.
E mentre pensava al perché stesse andando proprio lì, si rese conto che ad avere il coltello dalla parte del manico, fra i due, non fosse lei.

API (Adesso Parlo Io)

Ehm...hey.
Non so come scusarmi per la lunga assenza, ma ho avuto vari problemi. Ero in crisi riguardo le altre storie, ho avuto degli spettacoli (dato che faccio danza) e altre cose che non sto qui ad elencarvi.
Scusatemi tanto, cercherò di riprendere in mano la storia e di aggiornare il più presto possibile.

Ah e, anche se non sono nelle condizioni migliori per permettermi, vorrei chiedervi un piccolo favore. Su Instagram c'è una pagina dedicata al piccolo Marco che si chiama @marco.is. my.joy. È una page che merita gestita da una persona stupenda, la quale mi motiva un casino. E grazie a lei se la storia è ancora online.

Detto questo vi lascio.

Ci leggiamo al prossimo capitolo, bye.

PS: Fra you're My babe.

Honey  ||Marco Cellucci|| Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora