Cap.06 - La paura frantumava i pensieri

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Cap.06

La paura frantumava i pensieri



Affonda il cucchiaio nel barattolo del gelato e raccoglie le gambe davanti a lui sul divano, le labbra imbronciate mentre ascolta la risposta della persona dall'altro capo del telefono.
-Avresti dovuto parlarne anche con Paolo, sai che ti serve qualcuno di vicino che possa consigliarti, io nemmeno l'ho mai visto questo tipo.-
Claudio geme frustrato nella cornetta. - Rosi te l'ho già detto: Paolo prende queste cose troppo sul personale, non farebbe più vivere quel ragazzo.-
-Oh non esagerare Claudio, avrebbe solo indagato approfonditamente, e se il tipo lì fosse davvero omofobo magari avrebbe anche bisogno di un discorsetto dalla persona giusta.-
Afferra un altro cucchiaio di gelato e di nuovo lo mangia tutto in un boccone e poi si stende sul divano, portando le gambe sullo schienale ed appoggiando i piedi sul muro.
Inizia a farli scorrere sulla parete leggermente irregolare, gli piace la sensazione che provoca, lo rilassa.
Quando ha chiamato Rosita quella mattina, spiegandole a grandi linee la situazione, l'amica gli ha fatto promettere (giurare su ciò che di più caro ha al mondo, in realtà) di richiamarla quella sera per un dialogo più approfondito, magari fuori dalle mura del lavoro. Quello che annoia Claudio è che almeno da mezzora stia cercando di convincerlo a raccontare a Paolo l'accaduto.
Claudio adora i suoi amici, li adora nel vero senso del termine, il più puro, e se gli togliessero uno di loro non sa come potrebbe continuare a vivere, ma li conosce, anche troppo bene e sa che ci sono alcune cose che potrebbero far saltare i nervi a qualcuno di loro.
Paolo in particolare è una persona particolarmente impulsiva e facile ad infiammarsi, e lo dice con tutto l'affetto fraterno di cui dispone per il ragazzo. Ed è gay.
Non pensa che raccontare la reazione di Mario quella mattina alla scoperta della sua omosessualità possa portare a niente di buono: probabilmente l'amico farebbe semplicemente partire una crociata senza nemmeno cercare di capire al meglio la situazione.
Claudio non sa spiegarsi il motivo, ma sente di voler proteggere Mario in quel momento, anche se c'è la possibilità che il ragazzo sia effettivamente omofobo, anche se potrebbe iniziare ad insultarlo o odiarlo da un momento all'altro, lui vuole cercare di tenerlo fuori dalla furia che potrebbe provocare nel suo migliore amico.
Per questo ha chiamato Rosita, la ragazza, rimasta a Verona alla ricerca di lavoro dopo essersi laureata insieme a lui, è sempre stata la persona più razionale del gruppo, non l'ha mai sentita proferire giudizi azzardati ed addirittura mentre gli altri prendono in giro Francesco ( e davvero, ogni tanto esagerano) lei cerca sempre di non ferire i sentimenti di Claudio, sebbene lui sappia che il ragazzo non va a genio nemmeno a lei.
-Rosi io ti ho chiamato perché mi serviva qualcuno con cui parlare che mi ascoltasse.-
-Ti ho ascoltato Claudio. E sinceramente non so cosa pensare, te l'ho detto non posso giudicare il mio comportamento senza conoscerlo. Oltretutto tu ti rifiuti di parlarmi dei vostri incontri.
-Non posso farlo, lo sai.-
-Dell'altro ragazzo mi parli.- la sente aprire il frigo ed iniziare a sgranocchiare qualcosa.
Sospira. - Riccardo è diverso.-
Aspetta qualche secondo mentre lei resta in silenzio.
-In cosa è diverso?-
Claudio spalanca gli occhi e lascia ricadere il cucchiaio nella scatolina del gelato.
Per qualche secondo il cervello si scollega dal resto del corpo e le sue terminazioni nervose non rispondono più.
Tutto ciò a cui può pensare è: lui non è Mario.
Perché si sta sentendo in colpa per questo pensiero? Non lo sa nemmeno lui.
-Clà?- lo richiama Rosita, preoccupata dal silenzio.
-Non lo so.- risponde quasi sussurrando mentre la vista torna poco a poco.
-Non lo so davvero Rosi.-


La mattina seguente, dopo qualche seduta tra cui una di Riccardo, in cui il ragazzo gli ha esposto tutti i pregi di Camilla (una ragazza della classe di Mario che ha da poco accettato di diventare la sua ragazza), Claudio sente il suono squillante della campanella e si alza velocemente per correre nella direzione in cui spera di trovare Mario.
La mattina precedente, dopo il triste episodio, aveva provato a cercarlo proprio in quel luogo ma il ragazzo non si era presentato e lui era rimasto seduto sull'erba per tutta la durata dell'intervallo, solo.
Supera il muro che nasconde l'angolo alla vista del giardino e morirebbe piuttosto che ammettere il lieve balzo che ha compiuto il suo cuore vedendo Mario seduto sul muretto davanti a lui: la giacca pesante drappeggiata sulle spalle ed il cappuccio della felpa calato a coprirgli anche il volto.
Riesce a scorgere qualche ciuffo di ribelli capelli neri e si avvicina piano.
-Ehi.-
Lo vede sussultare senza alzare lo sguardo e stringersi di più nel giaccone.
Si avvicina ancora, sedendosi accanto a lui ma mantenendo qualche abbondante centimetro di distanza.
-Mario?-
-Che ci fai qui?-
La sua voce lo fa tremare, durante quella notte ha immaginato di sentire nelle sue parole del rifiuto, addirittura dell'odio, ma ciò che percepisce in quel momento è più che altro paura, e dolore.
Non capisce: è lui che provoca queste emozioni?
-Mario stai bene?-
La sua domanda viene ignorata nel silenzio.
Claudio sospira, abbassando lo sguardo.
-Mario ti prego, parlami, se quello che è successo ieri è un problema possiamo chiarire, io posso spiegarti.-
Mario si muove leggermente a disagio. -Non hai nulla da spiegare.-
Claudio lo osserva e sa che effettivamente ha ragione ma in questo momento vorrebbe solo riuscire a farlo parlare.
-Beh, potremmo comunque discuterne, ieri sembravi parecchio sconvolto, io non vorrei che tu pensassi...-
-Non sono omofobo Claudio.- dice lapidario l'altro, stanco di ascoltare il tono disperato dell'uomo mentre cerca si spiegarsi. Spiegare una cosa che anche lui sa non dovrebbe aver bisogno di spiegazioni.
Claudio lo osserva ancora, stupito. -E allora ieri...?-
-Non me l'aspettavo, tutto qui.- gira la testa leggermente nella posizione opposta e Claudio, non sa per quale motivo, inizia ad irritarsi leggermente.
-Allora qual'è il problema Mario? Perché ieri non stavi bene, dopo la chiamata di Francesco eri sconvolto.-
-Non è vero Claudio, non immaginare cose che non esistono.- sussurra.
Claudio sbarra gli occhi e salta giù dal muretto, andandosi a posizionare davanti alla sua figura, il volto del ragazzo ancora in ombra grazie alla posizione.
-Non pensare che io sia stupido Mario.- sibila, ed allunga le mani per andare ad afferrare le spalle del ragazzo.
Mario, al contatto, sobbalza violentemente e si volta verso di lui, facendo calare il cappuccio che lo copriva sul collo.
Le mani di Claudio restano sospese a mezz'aria tra di loro, i suoi occhi fissi sul viso del ragazzo davanti lui, il respiro bloccato in gola.
Vedendo il suo occhio gonfio e scuro, lo zigomo livido e il piccolo taglio sopra il sopracciglio, Claudio capisce che leggere delle violenze su di un fascicolo e vederle effettivamente avvenire sono due sensazioni molto diverse tra loro.
-Mario...- sussurra ma non fa in tempo a finire la frase che il ragazzo si scosta e scende a sua volta dal muretto su cui era seduto.
-Non dire niente.- ringhia, perentorio.
Claudio lo guarda mentre inizia a camminare verso l'entrata ma non riesce a lasciarlo andare in quel modo. Gli corre dietro e lo ferma, appoggiando il più delicatamente possibile la mano su di una spalla.
Mario si gira verso di lui mentre apre la sua cartellina e ne estrae un bigliettino bianco.
-È un biglietto da visita.- spiega velocemente, facendolo scivolare nelle tasche dell'altro. -Sopra c'è il mio numero di telefono, se hai bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa Mario, ti prego chiamami.-
Il ragazzo lo osserva interdetto per qualche secondo, l'occhio colpito che lacrima leggermente sotto la luce della giornata.
Porta una mano alla tasca e stringe il biglietto rigido tra le dita, poi annuisce leggermente e senza più proferire parola si gira e comincia nuovamente a camminare, lasciando l'uomo solo in mezzo al giardino ormai vuoto.
E Claudio non si è mai sentito tanto in colpa come in quel momento

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