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Allison salutò Marcus con un gesto della mano e si mordicchiò l'interno della guancia mentre la sua auto faceva retromarcia e spariva dopo averla lasciata a casa. Doveva ammettere che la cena aveva preso una piega inaspettata che però le era piaciuta; il suo avvocato le aveva dato quel calore che le mancava da un po' e che, onestamente, aveva sperato di poter provare almeno un'altra volta prima di... beh prima della fine.

Con un grosso respiro guardò il sacchetto con la torta che aveva promesso ad Hope, poi l'altra mano con la quale stava tenendo le scarpe alte. Il vestito era ripiegato sul braccio, sporco di vino. Indosso aveva la camicia di Marcus e un paio di pantaloni della tuta a cui aveva dovuto stringere tutto l'elastico per non farli cadere. Avevano un buon odore quegli indumenti, sapevano di vita e spensieratezza, entrambe cose che negli ultimi tempi le erano mancate. Marcus oltretutto sembrava capirla, sembrava rispettare le sue scelte e la sua apparente mancanza di interesse aveva una motivazione valida che era ciò che li aveva portati nella sua camera in hotel dopo la cena.


"Posso farti una domanda?"

Marcus annuì fermandosi di fronte a lei. "Certo che puoi."

"Tu conosci la mia condizione eppure non sembri per nulla sconvolto. Mentre tutti gli altri continuano a ripetermi che devo provare a fare qualcosa, tu sembri... accettarla e basta. Perchè?"

"Preferiresti che ti dicessi anche io ciò che ti dicono gli altri?" domandò lui.

"Preferirei che rispondessi alla mia domanda con una risposta piuttosto che con un'altra domanda. Pensi si possa fare?"

L'uomo sorrise e annuì, si schiarì la voce e respirò a fondo. "Quando avevo diciotto anni mio padre si ammalò di cancro. Lottò per un anno finchè un giorno i medici entrarono nella sua stanza e dissero che non c'era molto da fare oramai. C'era solo una cura sperimentale ma non credevano avrebbe portato alcun beneficio. Ci consigliarono di portarlo a casa... di goderci ogni momento, vivere alla giornata. Carpe diem!" si fermò per un istante e si guardò intorno, mise le mani nelle tasche dei pantaloni classici e poi riprese. "Mio padre disse che era tutto okay, andiamo a casa mormorò con le poche forze rimaste sono sicuro che lì starò meglio. Ma mia madre proprio non riusciva ad accettare che si stesse arrendendo. Più di vent'anni insieme hanno trascorso... per lei l'idea di perderlo era inaccettabile. Passava ogni minuto a piangere e così, per lei, mio padre accettò di entrare a far parte della cura sperimentale. Iniziò la terapia un lunedì di gennaio e il venerdì successivo era l'ombra di se stesso. O meglio, l'ombra dell'ombra di se stesso. Il medicinale era troppo forte e il suo corpo lo rigettò, le sue aspettative di vita calarono da qualche settimana a qualche giorno."

"Marcus" Allison scosse il capo. "È terribile, mi dispiace di avertelo chiesto."

Lui le riservò un sorriso e le prese il viso tra le mani. "Mio padre non riuscì a morire con la dignità di una scelta, con la dignità che meritava. Amo mia madre ma credo che una parte di me non l'abbia mai perdonata per avergli tolto quella possibilità di scelta. Sono sconvolto per il fatto che morirai? Sì, lo sono più di quanto tu creda. Ma sono fermamente convinto che se tu hai deciso di non provare più nulla allora la tua scelta va rispettata. Tu vivi con grazia e dignità Allison Marie Morgan, nessuno dovrebbe toglierti queste due cose alla fine."

La donna chiuse per un attimo gli occhi, scaldata da quel tocco delicato sul suo viso. Afferrando un lembo della sua giacca si sollevò in punta dei piedi e lo baciò. "Non voglio tornare a casa, non ancora."

"Per me va bene" replicò Marcus baciandola di nuovo.


Allison sorrise e guardò il suo orologio; segnava le otto e trenta e il cielo era limpido. Lei si sentiva bene e questo era tutto ciò che contava. Entrò in casa e poggiò le scarpe in un angolo, il vestito su uno dei bracci dell'appendiabiti. "Zia Allison è tornata!" urlò sapendo che Hope era sicuramente sveglia a quell'ora. "Chi vuole un po' di torta?"

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