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Allison scese di corsa giù per le scale; l'orologio al suo polso sembrava urlare sei in ritardo, non hai tempo per niente ma il suo stomaco che brontolava sembrava suggerire che almeno il tempo per la colazione avrebbe dovuto trovarlo. "Sono in ritardissimo!" esclamò mentre si metteva un orecchino, poi una scarpa e con la mano libera apriva il frigorifero per prendere del latte.

"Chissà perché ma la cosa non mi sorprende."

Lei lanciò un'occhiata di fuoco a suo fratello, poi sorrise a sua madre. "Grazie per avermi fatto dormire qui stanotte mamma, dopo la cena ero talmente stanca che non sarei proprio riuscita a tornare a casa. E l'idea di tenere qualche vestito e qualche accessorio qui per ogni evenienza è davvero geniale. Ne porterò degli altri."

Sua madre le sorrise e si voltò facendo ondulare i capelli di quel bel colore caldo a metà tra il rosso ed il castano chiaro. Le mise un pancake in un piatto e glielo porse. "Puoi rimanere quando vuoi. Io e tuo padre adoriamo averti qui a casa, da quando sei andata a vivere da sola non ti vediamo quasi mai."

"Papà mi vede tutti i giorni al lavoro mamma, quando lo seguo nei giri di visita e cerco di stare al suo passo."

"Non è la stessa cosa tesoro," le disse sua madre accarezzandole una guancia. "In ospedale è il tuo capo e come tale deve comportarsi. Lui però adora essere tuo padre."

Allison deglutì un morso di pancake, poi annuì. "Capito, verrò a trovarvi più spesso" disse, poi si rivolse al fratello. "Tu invece prova a venire meno spesso, sarebbe ora."

"Ah ah, divertente."

Lei gli fece un sorriso ed una linguaccia mentre usciva di casa cercando le chiavi dell'auto. Pensò che era soddisfacente andare al lavoro ogni giorno, aver seguito le orme paterne. Poteva vedere l'orgoglio negli occhi di suo padre ogni volta che la sentiva dire qualcosa di corretto, fare la diagnosi giusta. L'ospedale le piaceva, le piaceva salvare le vite. Le piaceva tantissimo.

Tu hai il complesso dell'eroe le diceva scherzando il suo fidanzato. Da quale pulpito rispondeva lei ricordandogli che anche lui era un dottore innamorato del suo lavoro. Sorridendo uscì dal vialetto guardando il cielo chiaro e bello sopra Los Angeles.

La cacciatrice aprì pian piano gli occhi, sentì un forte fischio alle orecchie che pian piano scemò fino a sparire. Si sentiva... bene. Una sensazione che le era mancata tanto. Molte delle persone che aveva incontrato nella sua vita sostenevano che ogni male passasse una volta morti, c'è solo pace. Lei poteva affermare che era vero. Era morta e si sentiva bene.

Perché il suo paradiso però fosse uguale alla camera a casa di Hayley non lo sapeva. Forse la sua anima si trovava, ancora, in una specie di limbo? Lo sperava, perché per quanto le piacesse quella casa non era quella la sua idea di pace. Voleva rivedere i suoi genitori, come in quella specie di sogno che aveva appena fatto.

"Sogno?" mormorò. "I morti non sognano."

"Allison?" la voce di Elijah arrivò chiara come mai prima, era un sussurro appena ma era carico di tutto. Poi vide il suo volto. "Sei sveglia."

Lei lo guardò intontita per un attimo, infine rimise insieme i pezzi.

Non voglio salutarti le aveva detto Hope prima di poggiarle una mano sulla guancia. C'era stata una ondata di energia e poi...

"Oh mio Dio" si mise dritta sul letto. "Non sono morta."

****

"Amore, adesso devi dirmi esattamente cosa hai fatto quando sei andata a salutare la zia Allison. Hai usato la tua magia?"

Hope guardò dentro gli occhi di sua madre, poi dentro quelli di suo padre e abbassò lo sguardo. Sapeva che le era vietato usare i suoi poteri senza una qualche supervisione ma lei aveva dovuto farlo per forza, altrimenti avrebbe perso la zia Allison. L'aveva lasciata addormentata nella stanza e da allora nessuno le aveva detto più niente. "La zia Allison sta bene?" domandò guardando i suoi genitori.

Hayley sospirò. "Non lo sappiamo ancora ma tu non hai risposto alla mia domanda. Hai usato la tua magia?"

"Sì, l'ho fatto. Non so cosa ho fatto di preciso ma sentivo che era la cosa giusta. Dovevo farlo mamma, o la zia Allison sarebbe morta. Dovevo provare ad aiutarla, io non voglio che muoia."

Gli occhi le si riempirono di lacrime mentre Freya avanzava e le prendeva le mani tra le sue. "Hai pronunciato un incantesimo o qualcosa del genere? Te lo ricordi?"

Hope scosse il capo. "Le ho poggiato la mano sulla guancia e poi è successo qualcosa e poi lei ha chiuso gli occhi e voi mi avete fatto uscire dalla stanza. Voglio sapere come sta, per favore zia Freya."

"Sto bene" confermò Allison sulla soglia della porta. E gli occhi di tutti si puntarono su di lei; aveva un aspetto sano, gli occhi pieni di vita, il viso rilassato, un colorito normale. "Non so come, ma sto bene."

Hope balzò giù dalla sedia e le corse incontro. Le due si strinsero in un abbraccio pieno di amore.

****

Elijah le andò incontro non appena la vide uscire dalla stanza delle visite. Andare in ospedale era sembrato il modo più facile per capire se fosse davvero guarita oppure se la magia di Hope la avesse solo dato un po' di tempo. "Allora?" le chiese con voce piena di attesa.

Allison si strinse nelle spalle "Il dottore ha detto che sto bene. Che le mie analisi sono perfette e mi ha chiesto se sono sicura di essere stata ammalata."

L'Originale respirò a fondo, di sollievo. "È una buona notizia, ma tu non sembri... felice."

Lei sorrise. "Lo sono, davvero. È solo che... mi ero rassegnata all'idea di morire e facendolo avevo smesso di vivere. Voglio dire, cosa faccio adesso? Ho mollato la caccia, ho allontanato gli amici perché non volevo che soffrissero e..."

Elijah bloccò il flusso di quelle parole con un bacio. Le prese il viso tra le mani e approfondì il contatto quando lei dischiuse le labbra. "Adesso" le disse staccandosi poco da lei, cercando il suo sguardo. "Adesso ricominci a vivere. Con me."

Allison lo baciò di nuovo, piena di vita.

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FINE

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